30 Settembre 2021 - 10.40

Buongiorno Vicenza: PNRR, 80 miliardi da investire sul territorio

Si chiama PNRR l’oggetto – relativamente – misterioso che sta alimentando aspettative a tutte le latitudini del Veneto e di Vicenza. Anche nell’Assemblea di Confindustria di ieri, nei corridoi e sul palco, l’acronimo magico, viene evocato e sussurrato come la formula della vera ripartenza, come la parola che lancia scenari di sviluppo e di realizzazione di progetti fermi nei cassetti da anni. Ma attenzione, bisogna stare accorti sui ruoli, le risorse, la governance. È questo il messaggio che arriva dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con il dossier sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) reso pubblico il 28 settembre: 87 pagine sull’Agenda del Recovery Plan: all’interno focus su quadro d’insieme, governance, scadenze, target-obiettivi, procedure finanziarie e contabili e soprattutto ruolo degli Enti locali e delle Regioni. Cruciale e che, fino a qualche giorno fa, non era stato illustrato del tutto.

Il ruolo di Regioni ed Enti locali

Saranno loro – le amministrazioni locali e regionali – che riceveranno un quantità di risorse rilevante del Piano: 80 miliardi di euro con una “ricaduta diretta sul territorio” si legge. La ratio del rapporto con gli enti territoriali affonda in quella che il Mef definisce “una fondamentale antenna per le esigenze del territorio, essenziale per garantire il successo della strategia del Piano e il raccordo con le altre politiche locali di sviluppo, a partire da quelle di coesione”. Un ruolo che si declinerà anche partecipando al Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale e con la partecipazione delle Amministrazioni locali, singolarmente o attraverso il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, alla Cabina di Regia del Pnrr, ma solo nei casi in cui sono esaminate questioni che coinvolgono i territori.

Il ruolo di Regioni ed Enti locali? “Concorrono” a realizzare il Pnrr in qualità di “beneficiari e soggetti attuatori” su “specifiche progettualità” e la loro concreta realizzazione. Fa degli esempi il Mef: asili nido, progetti di rigenerazione urbana, edilizia scolastica e ospedaliera, interventi per il sociale. Saranno invece i destinatari per quanto riguarda progetti di portata nazionale come quell’ampio spettro di interventi che ricade sotto la voce “digitalizzazione”. E infine la co-progettazione. In sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni avranno voce in capitolo del mettere, prima per iscritto e poi a terra, riforme in materia di di disabilità, servizi pubblici locali, turismo lavorando in stretta sinergia con le Amministrazioni centrali.

Come funzionerà? La filiera del Recovery italiano da 230 miliardi fra prestiti, risorse a fondo perduto e fondo complementare prevede Regioni e gli Enti Locali assumano la responsabilità della gestione dei singoli progetti, sulla base di specifici criteri e modalità stabiliti nei provvedimenti di assegnazione delle risorse, come il primo già rilasciato ad agosto per la prima tranche da 25 miliardi di euro. Criteri conformi alle normative locali con le Regioni in questo caso a fare la parte del leone grazie alle competenze che il Titolo V attribuisce loro. A livello di accesso ai finanziamenti dovranno partecipare ai Bandi/Avvisi emanati dai Ministeri per la selezione dei progetti.

Il Mef indica un caso “benchmark” a cui rifarsi: il progetto di migrazione al cloud pubblico realizzato attraverso il Polo Strategico Nazionale (PSN). Il titolare del progetto è il Ministero dell’Innovazione Tecnologica e della Transizione digitale, ma possono aderire anche Regioni ed Enti Locali che decideranno di migrare i propri data Center sul PSN. In tal caso, riceveranno dal MITD un apposito finanziamento secondo le condizioni che saranno stabilite nel bando/avviso pubblico.

Sarà quindi il Mef a distribuire e inviare le risorse necessarie attraverso versamenti nelle tesoreria di Comuni e Regioni. Il criterio fondamentale per l’Italia rimane uno: più ancora dell’ovvia conformità alle leggi vigenti degli interventi – eccezion fatta per alcune deroghe già in vigore nell’ordinamento (es: Grandi Opere, Olimpiadi) – la regola cardine del Pnrr è una sola: i soldi vanno spesi entro agosto 2026. Accanto alla capacità di spesa, vanno rispettati gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo che possono avere anche conseguenze pesanti: eventuali difformità portano alla restituzione delle risorse.

Il documento rilasciato dal Ministero chiarisce, in modo schematico ed esemplificativo, una serie di iniziative rappresentative per gli enti locali. Per sanità, sociale, ambiente il riferimento è a “Salute, componente 2: innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale”. In palio 4.05 miliardi di euro, Ministero della Salute come amministrazione titolare dell’intervento. L’investimento punta al “miglioramento della digitalizzazione delle strutture sanitarie, contribuendo ad aumentare la produttività del personale, attraverso un miglioramento delle operazioni ospedaliere, della qualità dei processi, grazie anche all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia (es. sistemi informativi intelligenti, controllo delle strutture e sistemi di trasporto automatici)”. 

Enti locali coinvolti? Regioni come soggetto attuatore, Asl e Aziende ospedaliere come destinatari finali. Il modello di attuazione prevede che il Ministero della Salute e le Regioni/Asl concludano un Contratto istituzionale di sviluppo tra in cui saranno elencati i siti ospedalieri idonei, gli obblighi assunti dalla Regione per garantire il raggiungimento del risultato atteso, i criteri di valutazione e di monitoraggio e le sanzioni in caso di mancata realizzazione degli obiettivi concordati.

Altri due esempi che potrebbero interessare Vicenza. Il Ministero dell’Interno è titolare di 3,3 miliardi per ‘Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale’’. Queste risorse arriveranno ai Comuni e Città Metropolitane sotto forma di contributi per investimenti di rigenerazione urbana. L’Obiettivo è di ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale, migliorare la qualità del decoro urbano, del contesto sociale e ambientale nel pieno rispetto del principio DNSH sviluppato dalla Commissione europea: significa “Do No Significant Harm”, una modalità pragmatica e operativa per evitare che un’attività promossa per i suoi effetti benefici su uno specifico tema ambientale possa produrre dei danni indesiderati ad altri aspetti ambientali rilevanti.

Come avverrà? “L’accesso al finanziamento da parte di Comuni (con oltre a 15.000 abitanti) avviene tramite presentazione di progetti a bandi promossi dal Ministero dell’Interno”. Da ultimo: “Missione 4 – Istruzione e Ricerca – potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido all’università”. Il Dipartimento famiglia della Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Istruzione potranno godere di 4,6 miliardi. Il “Piano Asili Nido”prevede la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili e delle scuole dell’infanzia, per garantire un incremento dell’offerta formativa e degli spazi disponibili per la fascia 0-6 anni. Di nuovo i Comuni come soggetto attuatore. Per accedere ai fondi gli enti locali proprietari degli edifici adibiti ad asili nido e scuole dell’infanzia, previa presentazione di apposita domanda di accesso al finanziamento.

Le schede del Mef sono a titolo di esempio su progettazioni evidentemente già in fase più avanzata a settembre 2021. Ma è questo il modello di riferimento che Regioni ed Enti locali devono tenere presente.

In sostanza un’occasione storica per la città di Vicenza e per l’Amministrazione Rucco che potrebbe avere gli strumenti, e soprattutto le risorse, per realizzare la città del futuro. Progetti e idee ai blocchi di partenza.

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