3 Gennaio 2019 - 9.33

VICENZA- UN 2018 TRA RUCCO, BIANCO(ROSSO) ED URAGANO

Che cosa è successo nel 2018? Il momento più importante per la vita politica e sociale del Paese e della città accade sicuramente nel mese di marzo, precisamente il 4 di quel mese. Si tengono le elezioni politiche nazionali e dalle urne esce un quadro tutto sommato prevedibile: gli italiani si scoprono divisi in tre fazioni. Il Partito Democratico, dopo aver avuto responsabilità di governo, non va oltre un terzo dei suffragi, gli altri due terzi vengono spartiti fra la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio. Fino a qui niente di strano, molto strano, solo per chi non aveva fatto attenzione ad alcune importanti dichiarazioni arrivate nel corso della campagna elettorale, si rivela invece la decisione di Salvini e Di Maio di stringere un accordo di governo sulla base di un Contratto di Governo. A voler tutto considerare non c’è un evento più significativo di questo fra quelli accaduti lo scorso anno. In primo luogo, dopo moltissimi anni, ecco una vicentina entrare nel Governo. Lei è Erika Stefani, leghista di lungo corso, già senatrice, avvocato. Le viene affidato il Ministero per le Autonomie Regionali e le si chiede di dare attuazione a quella autonomia differenziata per la quale Veneto e Lombardia hanno tenuto dei referendum, mentre è l’Emilia Romagna ad aver avviato una trattativa diretta con lo Stato. Ci si arriverà? E’ un dubbio che si proietta sul 2019 e che potrebbe, se non realizzato, costituire il “casus belli” per sciogliere il governo e consentire a Lega e Pentastallati di affrontare la campagna elettorale per le Europee con le mani libere.
Nel frattempo Matteo Salvini è riuscito ad intervenire pesantemente sulla politica dell’immigrazione, Danilo Toninelli ha messo sotto esame tutte le principali infrastrutture del Paese con una commissione incaricata di bilanciarne i costi e i benefici, mentre Luigi di Maio non molla sull’ipotesi di reddito di cittadinanza. Questo è il Governo che gli Italiani si sono dati, questo è il Governo uscito dal “contratto”. Questo è il fatto del 2018, tutto il resto è contorno.
Alla fine è contorno anche quello che è accaduto a giugno, con le elezioni amministrative che finiscono per incoronare Francesco Rucco a sindaco di Vicenza. Che si elegga un sindaco alla scadenza naturale del sindaco precedente, di per sé, non è un fatto e non è nemmeno così degno di nota. Eppure Francesco Rucco – che aveva presentato la sua candidatura addirittura l’anno precedente – che si poneva come campione di un gruppo di volenterose liste civiche di centro-destra destinate a soccombere – si riteneva – di fronte al peso dei partiti tradizionali, ha avuto il merito di far convergere sul suo progetto un vasto arco di forze politiche. Alla fine ha vinto, persino al primo turno, e sul risultato ha pesato e non poco la decisione del Movimento 5 Stelle di non concedere al candidato Francesco Di Bartolo di correre per quella elezione. Il candidato Otello Dalla Rosa non è arrivato lontano dal traguardo, ma questo, come è noto, non basta.
Se questi sono i primi due eventi del 2018, quelli destinati ad avere peso e riflesso sulle vite di tutti noi, almeno un terzo si è sviluppato nell’arco di tutto l’anno: è la vicenda che ha riguardato le sorti della società che ha gestito la squadra di calcio della città. Nel febbraio il tribunale non ha alternative alla dichiarazione di fallimento di quella società che per mesi ha cercato freneticamente un compratore. La concessione dell’esercizio provvisorio garantisce al Vicenza di restare in campo fino alla fine del campionato, di conquistare sul campo una salvezza quasi beffarda e di abbandonarsi nell’abbraccio salvifico di Renzo Rosso, che compra un pezzo di società, non il titolo sportivo, fonde insieme Vicenza e Bassano e fa nascere una fenice dalle ceneri.
Ci sono stati, nel 2018, altri eventi gravi e gravissimi: ci sono stati ben quattro episodi di femminicidio, innumerevoli incidenti stradali, quasi una strage di motociclisti. E’ il solito, continuo, racconto della cronaca. Eppure in questo fiume di accadimenti mai abbastanza diversi da un anno all’altro, c’è un fatto che non potremo dimenticare facilmente. E’ quello che accade nel pieno dell’estate, un 14 di agosto. Il ponte che attraversa Genova si spezza, crolla, porta con sé 43 persone e fra loro un camionista vicentino. Non si può credere, all’inizio, che un fatto di tanta assurda gravità sia accaduto, non si riesce a farsene una ragione. Si tratta di un disastro che ha imposto di guardare dritto negli occhi tutti coloro che, in nome di una volontà di conservazione del territorio e dell’ambiente, hanno impedito di costruire altre e più moderne infrastrutture. Come sempre accade in Italia, si corre ai ripari dopo la tragedia, si impongono controlli su tutti i ponti d’Italia, solo per scoprire che servirebbero finanziamenti da “mille e una notte” per mettere tutto in sicurezza. E allora continuiamo a viaggiare su ponti che potrebbero crollare, sotto viadotti che potrebbero schiacciarci.
Un mese prima del crollo del ponte Morandi a Genova, c’era stata anche l’esplosione di Bologna, quella palla di fuoco uscita da un cisterna della ditta Loro di Vicenza, dopo un tamponamento sull’autostrada: scene terribili, fuoco, incendio.
Bisogna arrivare agli ultimi giorni di ottobre per dover prendere nota di un avvenimento disastroso. Per giorni meteorologi e previsori regionali e nazionali mettono in guardia circa l’arrivo di una perturbazione di vaste proporzioni sulla nostra Regione. Si pensa a quanto la situazione sia simile a quella accaduta, negli stessi giorni, otto anni fa, nel 2010, con l’alluvione della città e di buona parte della Regione. E così ci si dimentica che il clima quasi mai si ripresenta nello stesso modo e tutti rimangono con gli occhi fissi ai fiumi che, pur ingrossati da grandi forti piogge, non portano alcun pericolo. Intanto un vento mai avvertito prima spazza le montagne del Veneto, l’Altopiano di Asiago e il Bellunese, provocando disastri. Milioni di alberi vengono rasi al suolo, la devastazione è enorme.
Cosa rimane da dire? Rimane da attendere l’inizio vero del processo a carico degli ex-vertici della Banca Popolare di Vicenza. Se riusciremo a veder finire nel 2019 il procedimento che si è incardinato nel 2018, forse potremo sperare di poter evitare che questa vicenda, tanto pesante per i risparmiatori, gli azionisti e le imprese del Vicentino, si chiuda con una prescrizione dei reati. Sarebbe una beffa, certo, ma il rischio è sempre più reale.

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