27 Settembre 2018 - 15.04

VICENZA – I “segni” dei notai vicentini negli antichi documenti della Bertoliana

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La Biblioteca Bertoliana propone ai suoi utenti, nella sede di Palazzo San Giacomo in contra’ Riale 5, una piccola ma significativa vetrina espositiva con documenti notarili antichi che presentano curiosi e originalissimi signa tabellionum, cioè i segni che i notai (che nell’Alto Medioevo erano chiamati tabellioni) vicentini apponevano prima della loro sottoscrizione, a garanzia di autenticità del documento.

La Bertoliana, a motivo dell’abbondante presenza di atti notarili, sia pubblici, sia privati, conservati nei propri fondi archivistici, può testimoniare la variegata e curiosa pratica di questi signa tabellionum: uno diverso dall’altro, erano il marchio distintivo di ogni singolo notaio. Importante accessorio della sottoscrizione, veniva di solito collocato a margine della parte finale del documento, accompagnando il nome del notaio. Egli assumeva questo segno nell’iniziare la professione, senza poterlo modificare durante la sua attività. Si tracciavano inizialmente a mano libera, usando lo stesso inchiostro con il quale veniva redatto l’atto. Questo simbolo distintivo venne usato fino agli inizi del XIX secolo, per poi scomparire definitivamente.

A Vicenza il collegio dei notai era una delle corporazioni più importanti, di cui si ha notizia già nel 1264 quando viene citato negli statuti del Comune. Secondo lo storico Domenico Bortolan la fraglia aveva sede in una casa nella stradella dei nodari dove era conservato lo scrigno con gli atti del Collegio e gli Statuti; oggi questi statuti sono esposti nella bacheca di Palazzo San Giacomo.

Con gli statuti è esposto anche il Liber approbationume ac reprobationum notariorum Vincentini Districtus ovvero il Registro degli esaminatori del collegio e dei verbali di esami per l’idoneità al notariato (1429-1614). Il manoscritto in pergamena, che raccoglie preziose indicazioni su quale fosse la prassi per accedere al notariato (bisognava essere residente in città, preferibilmente essere figlio di notaio e avere vent’anni), è stato restaurato nel 2014 grazie alla sponsorizzazione del Consiglio notarile di Vicenza.. Danneggiato nella legatura e nei fascicoli, il prezioso codice oggi si può ammirare nella sua importanza storica ed estetica.

«Il nostro Ordine – sottolinea il Presidente del Consiglio Notarile di Vicenza e Bassano del Grappa, notaio Anna Maria Fiengo – non è nuovo alla collaborazione con la Bertoliana e con entusiasmo ha aderito anche a questa interessante iniziativa promossa per far conoscere i “segni” dei notai riportati negli antichi e preziosi documenti in possesso della Biblioteca. Mi piace evidenziare che ancora oggi gli atti notarili vengono chiusi con l’apposizione della sottoscrizione delle parti e del notaio e con l’impronta del sigillo, termine che deriva dal latino “sigillum”, diminutivo di “signum”, e che è l’elemento che più di tutti contraddistingue i notai, anche in riferimento alla qualifica di pubblici ufficiali che essi rivestono e al potere che lo Stato affida loro di attribuire pubblica fede agli atti che stipulano. Per diventare notaio oggi non è richiesto, come una volta, essere residente in città e preferibilmente essere figlio di notaio, in quanto l’accesso alla professione è garantito a tutti coloro che superano il concorso per la nomina a notaio, a prescindere dalla loro residenza e dall’essere figlio di un notaio».

Spesso i documenti notarili presentano, oltre al segno di autenticazione del notaio, anche altri segni particolari quali, ad esempio, il chrismon, il monogramma del nome di Cristo che, nel Medioevo, era posto all’inizio del testo. Accanto a questi segni istituzionali non è raro trovare ulteriori tracce manoscritte, soprattutto quando si ha a che fare con registri dove sono trascritti molti documenti diversi, ciascuno con il proprio signum tabellionis. È il caso della manina o manicula, segno grafico che rappresenta una mano con l’indice teso per richiamare l’attenzione del lettore su un particolare punto del testo. Nota di colore è la singolare prassi di sottolineatura verticale, posta su uno o entrambi i margini del testo, interrotta da profili umani dai lunghi nasi, quasi si trattasse di una maschera ripetuta più volte, che creano movimento e attirano l’attenzione del lettore.

 

 

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