16 Giugno 2021 - 9.05

In viaggio con Tviweb Extremadura: la grande sconosciuta della Spagna

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L’estate che inizia fra qualche giorno dovrebbe essere quella della ripresa del turismo internazionale, dopo la crisi del 2020, anche se al momento, io sono in una località marina del nostro litorale veneto, devo dire che di stranieri se ne vedono assai pochi.
Ma diamo per scontato che nei prossimi mesi si possa, pur con tutte le precauzioni e muniti del pass europeo, prendere un volo per recarsi a passare le agognate ferie in una meta turistica fuori dai nostri confini.
E vista la mia passione per la Spagna, soprattutto delle Regioni fuori dai consueti itinerari turistici, dopo avervi parlato della Cantabria e della Galizia, oggi vi racconto qualcosa sull’Extremadura.
Immagino che per buona parte di voi sia un territorio del tutto sconosciuto, e lo capisco perchè so bene che spesso quando si parla di visitare la Spagna ci si concentra su Madrid, Barcellona, Siviglia, la costa del Sol e poco altro.
Ma vi ho già detto che la Spagna offre “molto di più”, soprattutto per chi ama località splendide, ma al di fuori della dimensione affollata, caotica e rumorosa delle mete più conosciute.
E l’Extremadura è sicuramente una di queste.
Ma dov’è l’ Extremadura?
Schiacciata tra la Castilla e Léon, la regione di Madrid, e l’Andalusia, confinante con il Portogallo e quindi con lo sguardo rivolto verso quell’oceano a cui non riesce ad arrivare, l’Extremadura è una meta per anime romantiche in cerca di quiete e suggestione.
Desolata, arida e povera, l’Extremadura è tutta descritta nel suo nome (dal latino “terra extrema et dura”): una terra di spazi deserti e campi sterminati, quasi sempre incolti, che per secoli ha dovuto lottare con dominatori e siccità. Cenerentola dell’economia e del turismo spagnolo, è una regione che riserva magnifiche sorprese a chi abbandona gli itinerari battuti dal turismo di massa per avvicinarsi a una realtà più autentica.
In estrema sintesi mi sentirei di dire che si tratta di una regione intrigante, sicuramente non facile, ma senz’altro incantevole.
Non fidatevi delle dimensioni che potete rilevare dalla cartina, perchè la Spagna è molto più grande dell’Italia, e tanto per capirci l’Extremadura si estende per 41.634 Kmq, e conta poco più di un milione di abitanti (densità 25 abitanti per kmq).
Tanto per avere un confronto, il nostro Veneto ha 18.345 Kmq e 4,8 milioni di abitanti (264 abitanti per kmq).
Quindi più di due volte il Veneto, e con un quinto degli abitanti.
Quasi un contenitore vuoto per noi “padani”!
Capite bene che con questi numeri l’Extremadura rappresenta il volto selvaggio dell’entroterra spagnolo. Una terra aspra, un luogo che colpisce per il suo fascino rurale, per la sua natura ancora piuttosto incontaminata.
Un paradiso per gli amanti del birdwatching, che possono ammirare e fotografare ben 337 specie di uccelli, fra cui rapaci, la cicogna nera, l’avvoltoio nero, l’aquila fasciata, il grifone, il falco grillaio, il gufo reale.
E vi prego di credere che ad esempio i rapaci sono costantemente presenti nei cieli, mentre ormai da noi rappresentano veramente una rarità.
L’incontro con l’Extremadura è innanzi tutto un incontro con il suo paesaggio.
E come a nord di Madrid il territorio è caratterizzato dall’altopiano della “meseta”, che occupa circa un terzo del territorio della Spagna, con i suoi colori accesi fra il giallo e l’ocra, a mano a mano che si scende verso sud, ed il confine portoghese, si passa ad un ecosistema diverso, denominato “dehesa”.
La dehesa è spettacolare, una distesa a perdita d’occhio di querce, interrotta solo da muretti a secco, dove enormi branchi di maiali possono muoversi in assoluta libertà, dato che il rapporto con il territorio è molto basso; quasi due ettari a capo (sic!).
Non pensiate che stia esagerando.
Percorrendo in auto le strade dell’Extremadura si ha l’impressione di muoversi in mezzo al nulla.
Centinaia di chilometri dove a destra e a sinistra vedete solo querce da sughero e maiali.
In qualche modo si percepisce che si tratta di un sistema di allevamento allo stato brado, ma non pensiate di vedere allevatori sul campo.
In questo panorama sicuramente insolito per le nostre abitudini, le case sono veramente pochissime, e si tratta principalmente di fattorie. Tanto che dopo qualche ora di guida uno spera di trovare qualche segno di presenza umana.
Se vi state chiedendo a cosa servano tutti quei maiali, che sono di taglia piccola, di manto scuro, tanto che di primo acchito io pensavo si trattasse di cinghiali, la risposta è molto semplice: a fare il Patanegra, il prosciutto più famoso e più apprezzato al mondo.
Il cui nome specifico è “Jamon iberico de Bellota”, ma ormai universalmente noto fra i buongustai appunto come Patanegra (a titolo di curiosità il nome deriva dal fatto che i contadini lo chiamavano così per il colore scuro delle unghie delle zampe dei suini).
Non vedrete mai un Patanegra sull’affettatrice. Il taglio va fatto a mano con un coltello particolare: non escono le fette sottili del nostro Parma, ma piccoli ritagli di diversa lunghezza e spessore, ognuno diverso dall’altro.
Oltre a tutto il fatto che derivi da maiali allo stato libero, che si nutrono principalmente di ghiande, fa si che il grasso di questo prosciutto sia molto sano. Infatti, dei grassi totali contenuti nel prosciutto Patanegra di ghianda, oltre il 70% sono insaturi, ricchi di oleina, che aiutano ad aumentare il colesterolo buono (HDL), e a ridurre quello cattivo (LDL).
Ma non vorrei darvi l’impressione che l’Extremadura sia solamente una meta per ghiottoni.
L’Extremadura è unica anche per il suo ricco patrimonio storico e culturale.
Il capoluogo Mèrida è una città che racconta quanto la storia sia un qualcosa di importante per questa regione della Spagna, e si può dire che si inserisce appieno nella cosiddetta “Spagna romana”.
Lo testimoniano lo splendido teatro romano, perfettamente conservato.
Ma anche il ponte romano sulla Guadiana (il fiume che attraversa Merida): costruito sotto il dominio di Augusto, si tratta del ponte romano più lungo mai sopravvissuto fino ai giorni nostri.
Ma c’è anche Badajoz, dove, contrariamente alla credenza che le città murate arabe siano principalmente in Andalusia, si trova la più grande fortezza araba di tutta la Spagna.
Ma, fuori sacco, vi segnalo che un altro bellissimo palazzo fortificato arabo è sicuramente l’Aljaferìa di Saragozza.
Altra città dell’Extremadura da visitare è senz’altro Càceres, con la sua “ciudad monumental”, in cui perdersi passeggiando fra i suoi vicoli tortuosi.
Altra tappa Trujillo, che deve la sua fama alle epiche imprese dei conquistadores. Non a caso nella Plaza Major domina la statua di Francisco Pizarro, conquistatore dell’impero Inca.
Ma non è certamente un caso se da questa terra povera ed arida siano partiti la maggior parte dei “conquistadores” spagnoli, da Hernan Cortès (conquistatore del Messico) a Gonzalo de Sandoval, da Pedro de Valdivia a Nunez de Balboa, e molti altri avventurieri che lasciarono i loro villaggi per tentare le sorte nel Nuovo Mondo, riuscendo ad edificare uno dei più vasti imperi coloniali.
Dopo una visita a Plasencia, graziosa e suggestiva città fortificata su una collina, cinta da una duplice cerchia di mura con 6 porte e 68 torri, non può mancare una puntata al Real Monasterio de Nuestra Senora de Guadalupe.
Ricordo in particolare che per arrivare in questo paesino di 2.300 anime che ospita il santuario ho percorso circa un centinaio di chilometri di strade ordinarie senza incrociare una macchina od un camion, tanto che mi chiedevo a chi mi sarei potuto rivolgere in caso di un guasto alla mia auto.
Consiglio la visita a questo santuario consacrato alla “Reina de la Hispanidad” per la grande suggestione di questo luogo di culto.
Tanto per dire fu in Extremadura che Cristoforo Colombo fece il suo primo pellegrinaggio dopo la scoperta delle Americhe nel 1942, e fu a Guadalupe che per la prima volta ringraziò il cielo per la scoperta
Si conclude qui questa mia breve carrellata sull’Extremadura.
Una terra difficile ma coinvolgente, la meno turistica della Spagna, la più povera, ma ricca di emozioni e di ospitalità, di cicogne, lavanda, miele e Patanegra.
Mi auguro che qualcuno di voi, leggendo queste righe, decida di visitarla prima o poi.
Sono certo che finirebbe per portarla nel cuore, come è capitato a me, perchè a differenza di altri spazi, l’Extremadura è una terra “vera”.

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