25 Luglio 2022 - 12.36

Orrori dell’estate: l’abbigliamento

di Alessandro Cammarano

Fa caldo, molto caldo, caldissimo. L’anticiclone africano Apocalisse 4800 impazza felice con i suoi picchi di quaranta gradi rendendoci tutti più “disinvolti” nelle nostre scelte, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento.

Per fortuna i vari Studio Aperto, Tele Pannocchia e l’Eco di Cappucciate Inferiore non hanno infierito con i soliti appelli sul bere molta acqua – che tra parentesi scarseggia –, non uscire nelle ore più calde e vestirsi leggeri, lasciando a ciascuno la più assoluta libertà di comportamento

Esaurito il preambolino urge sottolineare che quanto seguirà sarà, ancora una volta assai politicamente scorretto: a voi decidere se proseguire nella lettura o condannare chi scrive alle fiamme eterne dell’inferno, che a dire il vero al momento appaiono un refrigerio rispetto alle vampate di calore che si subiscono semplicemente mettendo il naso fuori della porta di casa.

Per quanto concerne il guardaroba l’inverno è decisamente la più democratica delle stagioni: volete mettere quando un bel piumino o una felpona oversize siano d’aiuto a silhouette non esattamente da modello?

L’estate no! La stagione calda – nella temperie attuale incandescente – fa sì che tutto diventi perfettamente visibile grazie a scelte scellerate, di quelle che fanno piangere disperata la divina Carla Gozzi e costringono Jonathan Kashanian ad ululati di dolore, capaci di ridurre chiunque a livello di un clown di uno di quei circhi tristi che battono i paesini.

Se la signora vera opta per elegantissimi camicioni stile Positano – colori audaci ma sempre ben miscelati – con sandali dal tacco parco e collana etnica, il gentiluomo sceglie pantaloni e camicia di lino con mocassini leggerissimi in pelle di bruco o di rospo rigorosamente senza calzini.

Qui però siamo nell’empireo dell’eleganza riservata a pochi rappresentanti del buon gusto e del saper vivere, perché la maggioranza invece si abbandona ad outfit – come dicono quelli che sanno di moda – agghiaccianti e capaci di richiamare, anche in città, echi di spiagge nazional-popolari degli anni che furono.

Un sempreverde, senza distinzione di sesso e di età, è incarnato dai “pinocchietti”, ovvero dal più orrendo tra gli indumenti mai concepito da mente umana, e dalle molteplici declinazioni.

Lunghezza – o cortezza, a seconda dei punti di vista – al polpaccio in modo da tagliare inesorabilmente la linea della gamba, tessuto a piacere, dalla tela di ragno al jeans, taglio comodo.

Gli uomini li portano generalmente abbinati a terrificanti canottiere – meglio se acquistate in formula “dieci per cinque euro” – in una gamma di nuances che vanno dal rosa “vomito di pesce” al giallo “mi sa che la maionese era scaduta”. Non c’è bisogno di dire che il sandalo tipo Birkenstock – che per inciso adesso è oggetto di culto – viene indossato su pedalino bianco in filo di Scozia o spugnona “sport”.

Le signore invece preferiscono modelli più “femminili”, con finti Swarovski a bordare il filo delle tasche, o “aggressivi” illeggiadriti da strappi e bruciature qua e là o elegantissimi inserti di borchie. La scelta delle calzature cade solitamente su degli zatteroni rigorosamente in finta pelle, possibilmente fluorescenti, e di altezza non inferiore ai venti centimetri.

Gli anziani prediligono bermuda ascellari, cintura lisa e camicia ovviamente a maniche corte – giallina, azzurretta o a piccola fantasia – e scarpe traforate o “a crostata” preferibilmente marrone chiaro.

Le loro consorti optano quasi sempre per vestitini sbracciati, di tessuto di preferenza derivato da combustibili fossili e con fantasie floreali che spesso ricordano nei colori la frittata con i fiori di zucca o l’insalata russa.

Naturalmente non si salvano neppure i bambini: per loro magliettine con i personaggi dei cartoni animati, braghette corte e scarpe da ginnastica in pura plastica spesso imitanti quelle di marchi prestigiosi.

Questo per quanto riguarda il giorno, perché la sera è un altro paio di maniche.

L’estate porta a uscire di più e quest’anno – complice la caduta di tutte le restrizioni pandemiche – i locali, in città e nelle località di villeggiatura rigurgitano di persone festanti e vogliose di divertimento.

Ecco dunque palesarsi, ancora una volta, il trionfo del sintetico, con “bustier” e top capaci di fare impallidire quelli di Paola Cortellesi quando fa la coatta e accoppiamenti di colori tali da far pensare ad una scelta fatta al buio o, nel peggiore dei casi, ad un daltonismo all’ultimo stadio.

Fantastici i parvenu – o nuovi ricchi che dir si voglia –, quelli che per intenderci fanno un mutuo pur di passare una serata al Twiga, magari dopo una sosta ad un outlet village per comprare capi firmati di due stagioni fa.

Allora via di maxi logo, di giubbetti pacchiani, di gonnelloni informi ma sui quali il nome dello stilista sia evidentissimo, di accessori che nemmeno i santi delle processioni salentine.

Non vedo l’ora che torni l’inverno, giuro.

Alessandro Cammarano

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