15 Giugno 2016 - 13.15

ROSA’ – Operaio in rianimazione, l’azienda gli manda provvedimento disciplinare

il buco prodotto dalla caduta di Sandri

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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato-denuncia dello Studio 3A di Venezia. Il documento si riferisce all’incidente sul lavoro occorso a Francesco Sandri, operaio rimasto coinvolto lo scorso 18 maggio, alle 10.30, in un gravissimo incidente sul lavoro a Cassola, nel Vicentino.
“Non hanno aspettato neanche che uscisse dalla Rianimazione e che fosse dichiarato fuori pericolo” scrive lo studio che si occupa di assistenza assicurativa, medica e legale. “Nemmeno che gli organi competenti completassero le loro indagini e la ricostruzione dell’accaduto. Quarantott’ore dopo la “quasi tragedia”, gli avevano già scritto una lettera con oggetto “procedimento disciplinare – contestazione”, e con dentro dichiarazioni non corrispondenti al vero. Per Francesco Sandri leggere quella lettera della sua azienda è stato un altro duro colpo, moralmente quasi peggiore del volo di 6-7 metri dal quale è uscito vivo solo per miracolo, ma fisicamente a pezzi: per ottenere giustizia il giovane, attraverso la consulente personale Linda Mazzon, si è dunque rivolto a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini.
I fatti. Il ventiseienne di Rosà era stato assunto da neanche due mesi, e inquadrato come apprendista in una ditta di Rosà che si occupa di smaltimento di rifiuti e bonifiche di amianto/eternit. Aveva appena terminato il corso di formazione per le operazioni con l’amianto ed è stato subito mandato in prima linea.
Il 18 maggio è alla sua prima bonifica in assoluto, commissionata dalla ditta Bizzotto Mariano di Cassola, proprietaria di un capannone in via De Gasperi affittato anche ad altre aziende (in foto). La squadra dell’azienda, formata nella circostanza, oltre che dal 26enne, da altri due operai, un 58enne assunto da soli sei mesi e un 25enne che ha sei anni di “anzianità”, deve in sostanza sostituire il tetto del capannone in eternit. Sulla copertura ci sono Sandri e il 58enne, che però si trova in un’altra porzione del tetto: l’altro operaio, quello più esperto, è a terra intento ad alcune mansioni con una gru elevatrice. Il 26enne bonifica l’area da trattare, suddivisa in scomparti, per poi procedere con l’installazione delle nuove onduline in acciaio che devono sostituire quelle preesistenti in amianto. A un certo punto, però, si trova a dover recuperare un flessibile che gli serve per il suo lavoro: accanto non ha nessuno che lo possa aiutare, il collega sta operando in un altro scomparto, e così si allunga per afferrare lo strumento.
Succede tutto in un attimo: Sandri perde l’equilibrio, cade in uno scomparto ancora da bonificare, rompe la prima tettoia e il contro soffitto isolante, entrambi in eternit, e rovina a terra dopo un volo di 6-7 metri, piombando sul sottostante pavimento della ditta Univer Telai, mentre gli operai sono tranquillamente al lavoro (in foto, il buco da cui è caduto).
Le condizioni dell’apprendista si presentano fin da subito molto serie a causa delle gravi lesioni riportate nella caduta, senza contare la forte esposizione alla sostanza inquinante: Sandri è una “nuvola” di polvere bianca, i colleghi in attesa dell’arrivo dei soccorsi si prodigano anche per tenergli costantemente la mascherina.
Trasportato in elisoccorso all’ospedale San Bortolo, Sandri rimane per una settimana nel reparto di Rianimazione del nosocomio di Vicenza e altri tre giorni in quella dell’ospedale di Cittadella, dove viene trasferito e dove poi resterà altri giorni ricoverato nel reparto di Ortopedia. Da poco è stato dimesso, ma la sua prognosi è pesantissima e ne avrà per dei mesi: ha riportato uno pneumotorace e innumerevoli fratture (diverse costole e vertebre, ala-sacrale, clavicola, terzo e quarto metacarpo della mano), è tuttora ingessato e immobilizzato a letto e nel breve periodo non si può sapere quali conseguenze possa avere sulla sua salute il fatto di aver respirato le fibre di amianto.
E’ in queste condizioni che l’operaio, nei giorni scorsi, ha scoperto con grande amarezza del provvedimento disciplinare annunciatogli dalla sua ditta “per non aver prestato la dovuta attenzione” nell’effettuare quel movimento. Innanzitutto, per i tempi: la lettera risulta datata 20 maggio, solo due giorni dopo l’infortunio, quando i medici non avevano ancora sciolto la prognosi. In secondo luogo, per le dichiarazioni del titolare, che non corrispondono al vero e alle testimonianze rese dai colleghi agli ispettori dello Spisal, intervenuti per accertare la dinamica e le cause del sinistro. In particolare, laddove si sostiene che il collega più esperto gli avrebbe dato determinate indicazioni,mentre quest’ultimo, in realtà, era da tutt’altra parte.
Piuttosto, perché un apprendista è stato mandato di fatto da solo a svolgere quel delicato intervento sul tetto? Quell’operazione poteva essere effettuata da un unico addetto? In quella squadra c’era un responsabile della sicurezza? E dov’era il titolare, che nell’atto di assunzione figura quale “tutor” di Sandri? Interrogativi inquietanti a cui dovrà rispondere lo Spisal ma che lasciano già intravvedere profili di responsabilità da parte dell’impresa nel mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e quindi sul grave infortunio.
“Purtroppo, assistiamo al solito copione – commenta amaro il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò – Le imprese non investono o investono pochissimo in sicurezza e formazione, in nome del massimo profitto effettuano lavori con personale o con mezzi insufficienti, mandando allo sbaraglio i propri addetti, e poi, quando capita l’incidente, le colpe sono sempre degli altri. Confidiamo che le indagini degli organi preposti facciano piena luce sulle responsabilità, che non sono certo in capo esclusivamente al nostro assistito: troppo comodo e conveniente limitare tutto all’errore umano di un operatore. Procederemo anche noi con i nostri esperti a tutte le verifiche tecniche del caso e quindi ci muoveremo su tutti i fronti, sia civile sia penale, per rendere giustizia e un congruo risarcimento a questo giovane che ha subito pesanti danni fisici e morali: non è più tollerabile questo continuo stillicidio di vittime, di invalidi e di infortunati gravi sul lavoro”.
E’ probabile che l’azienda, di cui non abbiamo indicato il nome non avendo la versione dei fatti da parte della stessa, voglia replicare all’accusa mossa dallo Studio 3A.

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