Russia e Ucraina, l’orso impagliato ed il drone con le palle

Umberto Baldo
Talvolta ci sono avvenimenti che, per svariati motivi, non vengono inquadrati nella dimensione che meriterebbero.
Uno di questi è un’immagine che ci dice più di mille bollettini di guerra: 41 bombardieri strategici russi, ridotti a carcasse fumanti nei remoti aeroporti siberiani, a migliaia di chilometri di distanza dai confini ucraini.
A distruggerli non sono stati né missili ipersonici né sofisticate incursioni Nato.
No, sono bastati dei droni.
Sì, avete capito bene: droni. Non F-35, non missili Tomahawk, non incursioni aeree da film.
Droni a basso costo, modificati artigianalmente e guidati da oltre tremila chilometri di distanza, che non solo hanno colpito, ma lo hanno fatto con precisione chirurgica, eludendo sistemi radar, difese antiaeree e l’orgoglio di una superpotenza che ancora si crede tale.
Sicuramente non abbiamo ancora messo a fuoco la portata di questa azione militare.
Parliamo di centinaia di droni introdotti segretamente per più di un anno e mezzo in territorio russo, a migliaia di chilometri dalle loro basi, caricati a bordo di camion civili i cui rimorchi erano dotati di un doppio fondo, all’interno del quale erano stati dissimulati dentro casse mobili. Il coperchio delle casse, grazie ai comandi a distanza di operatori rimasti in territorio ucraino, ma collegati alla rete telefonica russa, si è aperto all’ora prevista e ha fatto decollare stormi di piccoli velivoli.
I loro 41 obiettivi, tutti studiati nei particolari dai servizi d’intelligence ucraini, sono esplosi contemporaneamente, senza provocare vittime civili.
Se vogliamo dirla tutta sembra roba da fantascienza, roba da film di James Bond.
Ma a ben pensarci si tratta di un’impresa molto simile a quella compiuta da un esercito ben più accreditato di quello ucraino, quello israeliano, che nel settembre 2024, utilizzando dei cercapersone dotati di esplosivo, uccise i capi di Hezbollah, mettendo il movimento in condizione di non nuocere.
Operazioni che entreranno nella storia militare e saranno studiate nelle Accademie nei decenni a venire. Perché questo colpo non è solo un successo tattico: è una lezione strategica, ma anche un gigantesco campanello d’allarme: la guerra non è più una questione di potenza bruta, ma di flessibilità, inventiva, tecnologia diffusa e spirito di resistenza.
Tornando all’esercito ucraino, accenno a volo d’uccello ad altre azioni eclatanti; l’affondamento dell’incrociatore Moskva, nave ammiraglia della flotta russa, colpita all’inizio della guerra da due missili di fabbricazione ucraina; e il doppio colpo al ponte di Kertch in Crimea, orgoglio di Putin, gioiello della sua corona di cartapesta, e simbolo della continuità tra Crimea e Russia.
Poi, nel 2024, il resto della flotta russa nel Mar Nero è stato spazzato via al cinquanta per cento e costretto, per l’altro cinquanta, a ripiegare clamorosamente a Novorossijsk o nel Mar d’Azov. Poi, sempre nel 2024, c’è stata l’offensiva a sorpresa del comandante in capo Syrskyi nella regione russa di Kursk.
Possiamo giraci attorno finché vogliamo, ma questi colpi di mano, queste vittorie, sono la prova provata che l’esercito ucraino è diventato, tra sofferenze, privazioni e morte, probabilmente il più ardito, il più brillante, il più efficiente, il migliore esercito dell’Europa attuale.
D’altronde è noto che gli eserciti si plasmano con la guerra, e francamente non ci scommetterei molto che le forze armate di qualunque Paese europeo oggi sarebbero in grado di tenere testa all’Orso russo.
Dopo di che lo sappiamo bene che, almeno sulla carta, lo scontro fra Russia e Ucraina è nettamente impari, per popolazione, economia, armamenti.
Eppure il Putin che parlava di guerra lampo si è dovuto rimangiare tutto, e adesso non gli rimane che il ricatto nucleare.
E a svelare che il Re è nudo ci ha pensato l’Armata Ucraina, tanto è vero che dalla parte russa ci sono truppe talmente demoralizzate da combattere soltanto grazie ai rinforzi di mercenari.
Mentre dall’altro lato c’è un esercito di cittadini, sicuramente anch’esso demoralizzato e stanco, ma motivato dal fatto che sa di combattere per la propria terra, la propria casa, i propri cari.
Storicamente lo abbiamo visto in altri secoli, ad esempio quando le armate di popolo della Francia rivoluzionaria tennero testa alle coalizioni delle grandi potenze europee che volevano ripristinare i Borboni.
Quello su cui vorrei farvi riflettere è che il punto ormai non è più chi vincerà la guerra.
Sulla carta, Mosca avrebbe dovuto travolgere Kyiv in due settimane.
Invece siamo al terzo anno di conflitto, con Putin che ha già bruciato oltre un milione di uomini — tra morti, feriti e invalidi — e che sta raschiando il fondo del barile umano, reclutando mercenari da mezzo mondo: nordcoreani, cinesi poveri in cerca di fortuna, iraniani, perfino qualche ghanese sperduto nelle steppe del Donbass.
Sembra la parodia di una guerra d’impero, combattuta da chiunque, tranne che dai russi.
Altro che guerra asimmetrica: questa è guerra intelligente contro guerra idiota.
Da una parte, chi usa ogni chip, ogni linea di codice, ogni stampante 3D come un’arma; all’altra, chi manda all’assalto ondate di carne umana prelevata dalle galere, dalle province dimenticate, o da Paesi terzi che neanche sanno bene dove sia il Dnepr.
Nel frattempo, l’Ucraina, benché stremata, continua a colpire.
Non ha una marina né un’aviazione comparabile, ma ha mostrato cosa possa fare un popolo intero quando combatte sul proprio territorio, per la propria indipendenza.
Una Nazione che ha trasformato ogni capannone industriale in una fabbrica di droni, ogni tecnico informatico in un potenziale sabotatore.
Ed è qui che sorge una domanda, alla quale il Cremlino non ha ancora dato risposta, o che forse teme di porsi.
Supponiamo — per assurdo — che Putin alla fine riesca a “vincere”, a occupare Kyiv, a issare di nuovo la bandiera russa sul palazzo presidenziale ucraino.
E poi?
Come intende controllare un territorio vastissimo, popolato da milioni di cittadini che lo detestano, lo sabotano, lo deridono, lo prendono a bottigliate digitali e a coltellate elettroniche?
Come pensa di governarlo? Come pensa di amministrare una Nazione che la odia visceralmente, che conosce ogni scorciatoia, ogni rete fognaria, ogni centrale elettrica?
Come pensa di spegnere la guerriglia di un popolo intero, pronto a sabotare, denunciare, colpire, resistere?
Ha intenzione di deportare milioni di persone? Di militarizzare ogni villaggio?
La verità è che questa guerra non si può vincere con i carri armati, perché non si combatte solo per un confine: si combatte per l’identità, per la sovranità, per la libertà.
Putin potrà anche vincere una battaglia e anche più battaglie, ma ha già perso la guerra.
La guerra della legittimità, della motivazione, della coesione.
Il suo esercito combatte per lo stipendio, quello ucraino per una Patria ed una bandiera; e credetemi che anche di questi tempi in cui nei nostri Paesi abbiamo demistificato tutto, è una motivazione valida più di qualunque altra.
L’orso russo, goffo e infuriato, continua a menare zampate. Ma intanto viene punzecchiato da uno sciame di insetti volanti che ne conoscono ogni punto debole. E ogni ruggito che fa lo svela sempre più solo, sfiancato, e anacronistico.
Sarà anche uno scontro impari, ma la storia non si scrive solo con la forza.
Si scrive anche con la convinzione di chi sa di essere dalla parte giusta.
E forse è proprio questo che Putin non capirà mai: che puoi invadere una terra, ma non puoi occupare una coscienza.
Ed in fondo è questo il vero motivo per cui gli ucraini resistono e cercano di continuare a colpire: non perché siano più forti, ma perché sono più svegli, più convinti, più vivi.
Di una cosa potete essere certi; che questa guerra sta riscrivendo la dottrina militare moderna, disvelando che, utilizzando droni prodotti internamente a meno del costo di un iPhone, le forze armate ucraine hanno eliminato bombardieri strategici per un valore di oltre 100 milioni di dollari ciascuno.
Il che testimonia che un Paese piccolo, ma determinato e innovativo, può implementare una tecnologia economica, scalabile e decentralizzata per sfidare un nemico molto più grande e convenzionalmente superiore, persino degradando gli elementi della capacità di attacco di una superpotenza nucleare.
Sul tema del nucleare però tornerò domani con un’analisi che forse vi farà fare un balzo sulla sedia.
Umberto Baldo