25 Maggio 2021 - 10.19

L’unico e inimitabile Asparago Bianco di Bassano

L’Asparago Bianco di Bassano, famoso per essere croccante e non fibroso, per l’equilibrio dolce-amaro del gusto, che invita all’assaggio, è tra i pochi ad essere mangiato marinato a crudo. Lo rendono così appetibile una serie di attenzioni nella coltura, circoscritta in un territorio specifico: la pedemontana del Grappa, nella parte alta della pianura alluvionale del fiume Brenta. In tutto, una decina di comuni intorno alla città di Bassano del Grappa.Trattandosi di terreni di origine alluvionale, formatisi per deposito di materiale roccioso dal fiume, drenano bene l’acqua: la pianta dell’asparago soffre l’umidità.  Occorreranno tre anni dalla semina prima di poter raccoglierne i turioni (germogli). Affinché siano bianchi e non verdi, come vorrebbe la natura, non devono prendere la luce. Diversamente inizierebbero a fare la fotosintesi clorofilliana, cambiando colore e perderebbero le caratteristiche di croccantezza e di dolcezza che li contraddistingue. Così vengono coperti con monticelli di terra che possono arrivare fino a 40 centimetri di altezza. Quando inizia la raccolta, di solito verso metà marzo, il contadino controlla il grado di maturazione del germoglio e aiutandosi con un attrezzo dal manico lungo che termina con una punta tagliente, lo recide alla base.

Da quel momento la vita dell’asparago è breve, solo qualche giorno, sempre per il problema della luce. Al momento dell’acquisto, la qualità è indicata dal colore della punta: se il prodotto è di prima categoria, deve essere bianco candido. E poiché l’Asparago Bianco di Bassano ha ottenuto la Dop nel 2007, i prodotti certificati hanno una visibilità immediata, data dal marchio su fondo tricolore, dall’essere a mazzi del peso di circa un chilo,  e dall’essere legati con rami di salice, o meglio di succhioni (rametti nuovi che crescono alla base dell’albero) di color marrone rossiccio. Praticamente tutte le aziende certificate aderiscono al Consorzio di tutela, che rappresenta almeno il 65 per cento dell’intera produzione sul territorio.



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