9 Marzo 2023 - 12.26

Le auto che hanno fatto epoca (nel bene e nel male)

Di Alessandro Cammarano

Accingendomi a scrivere il pezzo che segue mi rendo conto, con un certo qual senso di rifiuto, del fatto che mi sarà impossibile non usare l’aggettivo “iconico”, di fatto attualmente il più abusato tra tutti quelli che ricorrono in articoli di giornale, trasmissioni televisive, vendite online e anche tra i banchi del mercato rionale.

È un anglicismo bruttarello, ma per questa volta – una tantum – sarà impiegato per descrivere le automobili che in passato, nel bene e nel male, hanno segnato epoche intere e oggi sono elevate quasi ad oggetti di culto.

Per toglierci il pensiero cominciamo dal fondo, in modo poi da poter risalire ai capolavori esposti nei musei del design.

Chi ha qualche anno sulle spalle – diciamo dai cinquanta in su – non può non ricordare la mitica NSU Prinz.

Vetturetta che sembrava fare la concorrenza alla Trabant – costruita in Germania Est e acquistabile nuova almeno fino al crollo del Muro di Berlino – la povera Prinz fu prodotta, con minimi aggiustamenti estetici, dal 1957 al 1973, anche se se ne vedevano ancora circolare negli anni Novanta del secolo scorso.

In confronto alla Prinz la mitica “Bianchina”, quella di Fantozzi per intenderci, assurgeva a vette siderali quanto a stile; la triste berlinetta tedesca ebbe però il grande merito di salvare il posto di lavoro a migliaia di operai della NSU e fu stravenduta diventando un po’ la 500 germanica senza tuttavia avere lo charme della “piccola” di casa Fiat.

In Italia, chissà perché si fece la nomea di auto portasfiga, e tra i ragazzini che la incrociavano – soprattutto nella famigerata versione verde scuro – era tutto un “tua senza ritorno” cercando di passare la iella toccando l’amico più vicino.

La Germania, però aveva saputo creare nel 1938 quel capolavoro che il Maggiolino, una delle automobili dalla storia più longeva di sempre, dato che la catena di montaggio alla Volkswagen si chiuse ne 2003.

Fa impressione pensare quali e quanti eventi abbia attraversato il Maggiolino – insieme alla sua variante maggiore, ovvero il Maggiolone – tanto che la si può vedere sia nei film che raccontano le atrocità della Seconda Guerra Mondiale che nelle cinecommedie per la famiglia prodotte dalla Disney negli anni Sessanta e Settanta.

Chi non ricorda Herbie il “Maggiolino tutto matto” che, antesignano di Kitt di Supercar, viveva di vita propria?

Tra le icone rientra di diritto la Mini, messa sul mercato nel 1959 e venduta sino al 2003 – poi sono venute le Mini “ripensate” in salsa Mercedes che nulla hanno a che vedere con l’originale – diventando un vero e proprio status-symbol, celebrata nel cinema al pari della Aston Martin di 007.

La piccola britannica fu prodotta anche, su licenza, dalla Innocenti di Lambrate che tra il 1965 e il 1975 ne realizzò una serie di versioni caratterizzate da una cura tutta italiana non solo per gli interni ma anche per la creazione di particolari di carrozzeria che la impreziosivano.

Nell’Olimpo dello stile siede di diritto la Fiat 500, l’auto “per tutti” che, insieme alla Vespa e alla Lambretta, ha fatto sì che l’Italia del dopoguerra potesse letteralmente rimettersi in moto.

Dal 1956 al 1975 – con una sciagurata orrida “ripresa” negli anni Novanta che pareva una 126 brutta – la Nuova 500, che prendeva il posto della mitica Topolino, è stata protagonista di gite fuori porta e viaggi fino ad allora impensabili per i più.

Giova ricordare che Lupin III sfugge all’ispettore Zenigata su una 500 gialla: qualcosa vorrà pur dire.

Potevano i francesi non rispondere? Ovviamente no, e i cugini d’Oltralpe lo fecero con classe inarrivabile mettendo sul mercato quella meraviglia indistruttibile – la prova sta in un mitico inseguimento in “007 Solo per i tuoi occhi” – che risponde al nome di Citroën Due Cavalli, o anche confidenzialmente “Dodoche”.

Dal 1948 al 1990 le sue linee curve disegnate da André Lefèbvre ma “vestite” dal quel genio di Flaminio Bertroni hanno animato le strade non solo d’Europa.

La Citroën realizzò un altro oggetto di culto su ruote, riservato però a clientela ben più abbiente, che risponde al nome di DS – anch’essa nata dalla fortunata collaborazione di Lefèbvre e Bertoni – detta anche “lo squalo”.

Tra le prime automobili a sfruttare l’aerodinamicità presentava anche le famose sospensioni idropneumatiche che la facevano letteralmente “lievitare” quando la si metteva in moto. Incredibilmente bella e supremamente elegante.

Ovviamente tutte queste automobili “iconiche” sono oggetto di ricerca non solo da parte di collezionisti, ma anche di tutto un pubblico capace di riconoscere il loro valore non solo estetico.

Molto altro ci sarebbe da dire e da ricordare – dall’Alfa Romeo Duetto alla Fiat 850 e giù fino all’Autobianchi A112 – ma vado a ricercare una foto della mia vecchia, meravigliosa Mini Cooper MK3.

Alessandro Cammarano

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