13 Giugno 2022 - 10.33

La Lega di “Prima l’Italia” e i mal di pancia veneti

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di Umberto Baldo

Ma voi ve li immaginate Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, Roberto Marcato, Gianantonio Da Re, solo per citare alcuni leader leghisti, presentarsi alle elezioni sotto un simbolo con lo sfondo blu, in cui campeggia il tricolore italiano e la scritta “Prima l’Italia”?
State sorridendo, magari con un commento tipo: “Ma questo ha voglia di scherzare”?
Mi dispiace deludervi, ma non si tratta di uno scherzo, perché quel simbolo “Prima l’Italia” qualche mese fa è stato depositato da Matteo Salvini per un nuovo movimento politico che ha avuto ieri il suo battesimo di fuoco alle elezioni comunali di Palermo e Messina.
Si avete capito bene, i leghisti siciliani hanno deciso di cambiare la denominazione del Partito, e si prevede che a breve il Gruppo Parlamentare all’Assemblea siciliana, forte di sette deputati, cambierà denominazione da “Lega per Salvini premier” a “Prima l’Italia”.
Questa scelta ha ovviamente motivazioni politiche ben precise.
Da un lato superare il pregiudizio sui leghisti degli elettori del Sud, cui non è bastata per cambiare atteggiamento la trasformazione del nome del Partito da “Lega Nord” a “Lega per Salvini Premier”, e per i quali anche adesso dire Lega e pensare Lega Nord è ancora un riflesso automatico.
Dall’altro un vero e proprio esperimento politico, con cui Capitan Salvini si prefigge di allargare le forze di centrodestra, facendole confluire in un nuovo movimento moderato, e che potrebbe anche preludere nelle intenzioni ad una fusione fra Lega e Forza Italia.
Al momento però sembra che “Prima l’Italia” non abbia scaldato i cuori né dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, né dell’ala centrista del Partito berlusconiano.
Quel che è certo è che ha invece raggelato, e anche fatto infuriare, molti leghisti del nord, la vecchia guardia del Partito, quella che è cresciuta a “Pane e Prima il Nord”, coltivando un sentimento antimeridionalista basato sulla mistica bossiana della secessione padana.
C’è da capirlo Matteo Salvini!
Il suo tentativo di sfondamento al Sud non ha finora ottenuto le fortune sperate, e per di più il sogno cullato di essere il leader del Centrodestra, e quindi il possibile futuro premier, si sta schiantando con i sondaggi che vedono Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni primeggiare nelle intenzioni di voto degli italiani.
E’ difficile dire se “Prima l’Italia” possa essere la soluzione dei problemi del Capitano, ma a mio avviso i problemi che gli si potrebbero presentare al Nord, tipo uno strappo inevitabile con lo zoccolo duro della Liga Veneta, potrebbero essere di gran lunga superiori ai possibili, ma incerti, vantaggi elettorali al Sud.
I prodromi li abbiamo letti nelle dichiarazioni del fondatore della Lega Umberto Bossi “Il Nord va rispettato”, dell’ex assessore leghista veneto Marino Finozzi “questo simbolo non può in nessun modo essere compatibile con i 30 anni di storia della Lega Nord”, e dell’eurodeputato Gianantonio Da Re “La Sicilia sarà anche un laboratorio politico, ma stiamo attenti. Sento parlare di fusione tra Lega e Forza Italia. Ricordo a tutti che in politica tre più tre non fa mai sei, ma quasi sempre due e mezzo”.
Ma d’altronde come si può anche solo immaginare che nella provincia veneta profonda, nelle sezioni paesane della Lega, fra i militanti con la camicia verde ancora ben stirata nel cassetto, possano essere cancellati con un tratto di spugna decenni di polemiche “anti terroni” (mi scusino i cittadini del Sud), e addirittura possa essere sostituito il leone marciano, il mitico “leòn che magna el tèron” con un logo che sembra la pubblicità delle frecce tricolori?
Quelle stesse polemiche che appunto al Sud ancora bruciano sulla pelle, e che non è detto che un simbolo con il tricolore italiano possa far evaporare come d’incanto.
E a proposito del tricolore, come dimenticare le intemerate bossiane contro il simbolo della Nazione?
Come quando a Venezia, il 16 settembre 1997, in riva Sette Martiri, una signora che aveva l’appartamento proprio davanti al grande palco delle Festa dei Popoli Padani, ad una finestra del quale aveva esposto il tricolore italiano, si sentì dire da Bossi “Il tricolore lo metta nel cesso, Signora!”
Concetto da lui rincarato durante un altro comizio in provincia di Como quando sentenziò “Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il c…”.
Certo ne è passato del tempo da quel periodo “caldo”, la Lega forse ha cambiato pelle, molti di quel ceto politico non ci sono più, adesso i colonnelli governano quasi tutte le Regioni del Nord, ma io credo sia inutile girarci intorno: i leghisti, quelli duri e puri, quelli che alle feste di Partito inneggiavano in coro “Siamo padani, abbiamo un sogno nel cuore, bruciare il tricolore”, non si sono mai sentiti del tutto italiani.
Ancora nel 2005 Roberto Calderoli durante la Festa delle Repubblica ebbe a dire: “Oggi non c’è nulla da festeggiare, personalmente non ho mai sentito questa festa del 2 giugno”. E l’anno prima Roberto Castelli saltellava davanti al Parlamento cantando “Chi non salta, italiano è!”.
Non stiamo parlando di due sprovveduti scappati di casa, bensì di due ex Ministri della Repubblica Italiana.
Come accennavo all’inizio, resta da capire cosa ne pensino di un possibile futuro utilizzo in tutto il territorio nazionale del simbolo “Prima l’Italia” gli uomini che in nome della Lega governano Regioni importanti e molti comuni del Nord; gli Zaia, i Fedriga, i Fontana, solo per citarne alcuni.
Al momento bocche cucite, ed è comprensibile.
In politica prima di prendere posizione, e di agire, bisogna vedere i risultati sul campo, meglio nelle urne.
Lo stesso Salvini si mostra molto cauto, e al momento non ha probabilmente nemmeno pensato di esportare al nord il simbolo “Prima l’Italia”.
Infatti se siete andati a spulciare le liste della Lega in corsa nei Comuni del Veneto avete trovato sempre il simbolo con Alberto da Giussano, il Leone Marciano, accompagnati sia dalla scritta Lega Salvini che Liga Veneta.
Ho sempre pensato che per un Partito identitario come è sempre stata la Lega non sarebbe stato facile coniugare gli interessi del Nord con quelli del Sud.
E non è un caso se Salvini negli ultimi anni abbia sempre glissato sull’unica vera questione irrisolta, quella dell’autonomia differenziata.
Certo a parole la sostiene, come ha fatto a Verona qualche giorno fa durante un comizio a favore di Sboarina, ma nei fatti se la stessa vedrà finalmente la luce non sarà grazie all’impegno del Capitano, bensì a quello di uomini come Luca Zaia, che sul tema non ha mai mollato, forte del sostegno plebiscitario dei veneti.
Fare previsioni in politica equivale spesso a lanciare vaticini, per cui non me la sento di dire che respiro possa avere nell’immediato futuro l’esperimento siculo di “Prima l’Italia”, ma temo che il sogno del Capitano di far diventare la Lega un partito nazionale, comunque si chiami, unendo l’anima del Nord con quella del Sud, possa alla prova dei fatti avere l’esito di cui parla il famoso proverbio “Chi troppo vuole, nulla stringe”.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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