8 Giugno 2023 - 8.41

Il Club della Tripla A

Spesso il riconoscimento per aver raggiunto un certo status sociale si concretizza nell’opportunità di accedere a dei club esclusivi.

Lo sanno bene i nobili inglesi ad esempio, ma club storicamente riservati all’aristocrazia, o ad esempio ai super ricchi, ce ne sono un po’ ovunque nel mondo.

Un esempio di club esclusivo molto conosciuto, soprattutto perché sin dal 1954 si riunisce escludendo i media, è il  Gruppo Bilderberg, che si sostanzia in un incontro annuale su invito di circa 130 partecipanti, la maggior parte dei quali sono personalità nel campo economico, politico e bancario.

E per gli Stati vale la stessa cosa?

Beh, già il far parte del G7, foro di dialogo di massimo livello tra i Leader delle principali democrazie industrializzate del mondo, è un bel punto di arrivo, così come partecipare al G20, cioè al gruppo delle Nazioni che rappresentano i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre all’80% del PIL globale.

Ma oggi voglio soffermarmi su un altro club esclusivo, non istituzionalizzato, ma che assicura agli Stati che ne fanno parte uno status particolarmente invidiato.

Parlo di quello che io definirei il  “Club della Tripla A”.

Immagino sappiate che i soggetti che determinano l’appartenenza o meno a questo ristretto “circolo” di privilegiati, meglio a questo consesso di virtuosi, sono le Agenzie di Rating, che sulla base della valutazione dei debiti sovrani stilano una classifica, assegnando giudizi che vanno da un massimo di AAA (Aaa per Moody’s) ad un minimo di D, che sta per indicare lo stato di default (Moody’s di ferma comunque a C).

Specifico che per far parte del “Club” bisogna vedersi assegnato il rating tripla A da tutte le principali Agenzie di rating: Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s.

Capite bene che si tratta di un Club il cui numero di partecipanti può variare nel tempo a secondo dell’andamento dell’economia, ed in effetti il numero degli Stati che possono vantare la massima affidabilità creditizia con il passare degli anni si è via via sempre più ristretto.

Se vi chiedessi a bruciapelo quali sono gli Stati che possono fregiarsi della Tripla A sapreste rispondermi?

Sono certo che molti di voi indicherebbero gli Stati Uniti ad esempio, visto che si tratta della prima economia del pianeta.

Risposta sbagliata!

Gli Usa persero il “Rating tripla A” nell’agosto del 2011, a pochi giorni da un accordo tra Congresso e Amministrazione per sventare un default tecnico, lo stesso problema che ha avuto Joe  Biden di recente. 

Per S&P, però, quel rischio default mostrò come la superpotenza a stelle e strisce non potesse più essere considerata massimamente affidabile come si era ritenuto fino a quel giorno. 

Inutile dire che quel downgrading venne percepito come “la caduta degli Dei”.

Ma qual’é allora la risposta giusta?

Questa; e cioè che attualmente del Club della Tripla A fanno parte appena dieci Stati: Australia, Canada, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Singapore, Svezia e Svizzera, elencati ovviamente in ordine alfabetico. 

Cosa vuol dire far parte del Club?

Non è solo una questione di orgoglio nazionale, che comunque non guasta, ma, analogamente a quanto succede a scuola per i primi della classe, significa essere annoverati fra le Nazioni più diligenti e più accorte nella gestione delle finanze statali.

Sbaglierebbe chi pensasse che tutto si riduca al rapporto del debito pubblico sul Pil, anche se si tratta forse del principale indicatore; ad esempio il debito di Singapore si aggira sul 135% del Pil, e quello del Canada al 110%. 

Ci sono quindi altri importanti fattori che influiscono sulla valutazione delle Agenzie, e si tratta di un mix fra sostenibilità del debito stesso, livello delle riserve valutarie, tasso di crescita,  livello di rendimento dei bond,  stabilità politica e quant’altro.

Ma se è vero che il rating tripla A non implica necessariamente un livello di  debito molto basso, è altrettanto vero che la maggioranza degli Stati che fanno parte dell’attuale  “Club dei dieci” ha un rapporto debito/Pil piuttosto contenuto.

E’ interessante riscontrare che sette dei dieci Stati con Rating tripla A si trovano in Europa, e di questi tre appartengano all’area Euro (Germania, Lussemburgo e Olanda).

Va poi rilevato che il totale del debito di questi “magnifici dieci” ammontava nel 2022 a circa 7.960 miliardi di dollari, che la somma dei loro PIL equivaleva a circa l’11,5% del PIL mondiale, e infine che il loro PIL pro-capite valeva circa 57.780 dollari, vale a dire quasi 4,43 volte la media mondiale.

Ciò porta alla considerazione che, contrariamente alla filosofia tanto cara ai nostri Demostene, secondo cui per crescere occorre spendere ed indebitarsi, alto benessere della popolazione e basso livello di indebitamento dello Stato non si escludono, anzi.

Non si può poi non rilevare che questo esclusivo “Club della Tripla A”  tende a coincidere con alcune fra le più solide democrazie del mondo, per di più quelle con i più alti indici di libertà economica (unica eccezione Singapore).

In conclusione credo sia innegabile che buona gestione fiscale, ricchezza, libertà e democrazia, possano non solo coesistere, ma anche consentire di ottenere il massimo del rating. 

Impossibile chiudere queste considerazioni senza richiamare il rating del nostro Paese, che è BBB per S&P e Fitch, e Baa3 per Moody’s.

Noi ci posizioniamo non al vertice, bensì negli ultimi posti della “classifica”, purtroppo non lontani dalla valutazione “yunk” (spazzatura).

Ma in pratica cosa implica avere la tripla A?

Non è che il Cancelliere tedesco o il suo omologo norvegese girino con un distintivo “tripla A” appuntato sulla giacca, con cui pavoneggiarsi. 

Avere il massimo del rating si traduce in rispetto da parte dei mercati finanziari, il che comporta che gli investitori chiedano a questi Stati “virtuosi”, a parità di tutto il resto, rendimenti inferiori a quelli pretesi per acquistare titoli del debito da Paesi con rating meno brillanti.

Avete presente il famigerato spread?

Non è altro che il “di più” in termini di rendimento richiesto ad un Paese con il rating dell’Italia per acquistare i Btp anziché i Bund tedeschi, per fare un solo esempio.

Ecco perché i titoli di stato dei Paesi del Club della Tripla A sono considerati sui mercati “safe asset”, cioè beni rifugio.

Ed ecco perché io insisto da sempre che i nostri Demostene dovrebbero avere come principale obiettivo quello di abbassare il debito (non pretendo certo la Tripla A), anche al fine di assicurare un futuro migliore ai nostri figli e nipoti. 

Ma per fare questo servono due parole che nelle nostre lande italiche suonano quasi come bestemmie: austerità  e prudenza fiscale.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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