26 Gennaio 2022 - 9.37

Ue e politiche migratorie. Due pesi e due misure!

di Umberto Baldo

Oggi ritorno a parlare di Unione Europea, ed in particolare di politiche migratorie, ma ho intenzione di farlo con toni e contenuti volutamente provocatori.
Vi confesso che ieri mi è venuta la mosca al naso leggendo un’Ansa che riferiva che “la Polonia ha avviato la costruzione di una nuova recinzione alla frontiera con la Bielorussia, con cui Varsavia intende ostacolare l’ingresso dei migranti irregolari”.
Nulla di nuovo in verità.
Viktor Orban è da qualche anno che costruisce barriere anti migranti alle frontiere ungheresi, imitato in questo anche da Lituania, Grecia e Bulgaria.
E alla fin fine, a parte qualche scontata reprimenda, non gli è successo nulla.
Ma che la “dottrina Orban”, per chiamarla così, sia condivisa, è stato dimostrato lo scorso ottobre dalla richiesta a Bruxelles di una dozzina di Paesi membri (Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Repubblica Slovacca) di finanziare con fondi comunitari la costruzione di barriere fisiche ai confini, definite “un’efficace misura di protezione nell’interesse dell’intera Ue e del funzionamento dell’area Schengen”.
Come succede spesso, fra le consuete divisioni fra Parlamento e Commissione, la Ue non è riuscita ad assumere una linea chiara e valida per tutti, per cui i singoli Stati si sono sentiti autorizzati a continuare nella politica di costruzione di muri anti migranti.
Quindi non credo di sbagliare se affermo che l’Unione Europea, se pure formalmente non mostra di condividere apertamente queste politiche, di fatto non le condanna e non le contrasta.
Ma questa acquiescenza, questo “chiudere gli occhi”, questo “fate pure che io mi giro dall’altra parte”, non trovano lo stesso riscontro quando si cambia area geografica, e ci sposta in particolare nel Mediterraneo.
Qui le regole diventano improvvisamente più rigide, e nessuno, proprio nessuno a Bruxelles, dimostra di voler prendere nella dovuta considerazione le ragioni e le proteste del nostro Paese, e qualsiasi tentativo di contenere gli sbarchi dei clandestini viene bollato come “razzista”, e condannato se del caso dalle Istituzioni comunitarie.
C’è da dire che noi italiani ci mettiamo del nostro per assecondare le rigidità comunitarie, con le nostre anime belle che propugnano tout court la politica delle “porte aperte”, con il nostro perseverare nel mantenere un istituto che non viene riconosciuto dall’Europa, quello della “protezione umanitaria”, ed in generale con la nostra mancanza di volontà di mettere, se servisse anche con le cattive, gli altri Paesi di fronte al problema, ed alle loro responsabilità.
E purtroppo non mi sento di condannare gli altri Stati, visto che, anche se facciamo finta di non saperlo, è notorio che buona parte dei cosiddetti “migranti”, per il passaggio del canale di Sicilia sborsano ai trafficanti anche 3/5mila dollari, dieci volte il reddito pro capite dei Paesi di provenienza, e quindi non stiamo parlando di disperati, ma di persone che investono nel proprio futuro.
Visto che è notorio che il gruppo più consistente di migranti proviene dalla Tunisia, che non è certo un Paese in guerra o alle prese con siccità e carestia, e che in realtà solo una esigua minoranza, circa il 5-10%, delle decine di migliaia che sbarcano in Italia ottiene dai Tribunali il riconoscimento dello status di “rifugiato”, cioè di persona che fugge da guerre, persecuzioni o vessazioni, e quindi meritevole di protezione internazionale.
Visto che riusciamo a farci imporre da Ong anche battenti bandiera olandese, tedesca o norvegese, un copione sempre uguale che prevede che, dopo aver navigato lungo le coste libiche e caricato disperati dai barconi, chiedano, anzi pretendano, un porto sicuro che deve essere necessariamente in Italia, visto che nessun altro Paese viene interpellato, ed in qualche caso è stata addirittura rifiutata l’offerta di qualche altro Stato rivierasco, come la Spagna.
Visto che accettiamo che il nostro sia di fatto l’unico Paese europeo deputato all’accoglienza.
Mi sembra quasi di vedere le facce inorridite di qualche lettore di fronte a queste mie argomentazioni.
Ma tengo a precisare che io qui non sto parlando di etica, bensì di politica, e qualcuno mi deve spiegare perchè sulle politiche migratorie Bruxelles applichi due pesi e due misure, a seconda che il fenomeno interessi l’est Europa e l’area baltica, o invece l’area mediterranea.
Per essere più chiaro vorrei sapere perchè sono considerati legittimi i muri su terra, inclusi idranti con la neve per terra, e botte da orbi contro chi tenta di superarli, mentre diventa un “infame inumano razzista” chi si arrischia solo a ipotizzare che gli immigrati sui barconi debbano sì essere soccorsi se in pericolo, rifocillati e curati, ma poi riportati dove sono partiti se non hanno i requisiti per essere considerati rifugiati.
Mi rendo conto che, in assenza di una chiara volontà politica, le mie rimarranno mere domande retoriche.
Ma almeno i nostri politicanti non ci raccontino la favoletta che si stanno impegnando per modificare il trattato di Dublino.
Perchè mentono sapendo di mentire!
Perchè è evidente che i leader degli altri Paesi europei, francesi e tedeschi in testa, si guarderanno bene dal sedersi ad un tavolo per scrivere nuove regole sull’immigrazione meno penalizzanti per l’Italia, in quanto non hanno nessuna voglia di perdere la faccia con i propri elettorati.
Finchè i nostri Demostene continueranno a dividersi fra un Salvini che finisce suo malgrado a processo per avere da Ministro dell’Interno ritardato uno sbarco, ed un Letta che indossa ostentatamente una maglietta della Ong spagnola Open Arms, finchè anche in Italia non accetteremo che esiste una netta distinzione fra “rifugiati veri” e “migranti economici”, e continueremo a considerarli tutti “migranti”, in nome di una solidarietà spesso interessata, non andremo da nessuna parte, e l’Italia continuerà ad essere l’unico punto di approdo per un numero crescente di uomini e donne che inseguono un sogno europeo, ma che potrà realizzarsi solo entro i nostri confini.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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