26 Ottobre 2022 - 10.56

Il discorso della Meloni: crede in quello che dice, una novità che spiazza avversari e… alleati – Luci ed ombre della ‘prima’ alla Camera

di Umberto Baldo

Leggendo sui giornali  del “giorno dopo” i commenti al discorso con cui la premier Giorgia Meloni ha chiesto la fiducia alla Camera dei Deputati, mi è venuto da sorridere di fonte ad affermazioni del tipo “è stato un discorso di destra”.

Ma cosa pensavano questi “maitre à penser” della gauche nostrana?

Che la Meloni facesse un elogio dei Centri sociali, plaudisse all’immigrazione clandestina di massa, rilanciasse il reddito di Cittadinanza, facesse il panegirico delle teorie gender, solo per fare qualche esempio?

Certo che il suo è stato un discorso di destra, e non poteva essere che così, vista la sua storia personale, cominciata a quindici anni nel Fronte della Gioventù, e chi ha qualche primavera sulle spalle sa bene di cosa si trattava.

Ma in questi giudizi denigratori c’è sempre un sottinteso, quello che “destra in qualche modo equivale a fascismo”, da cui consegue che tutto ciò che è “di sinistra” sia moralmente “superiore”.

Io ho ascoltato molto attentamente i 70 minuti nei quali Giorgia Meloni ha illustrato il suo programma di Governo, e confesso che, almeno a livello personale, sono stato stupito e favorevolmente impressionato.

Ma sapete quello che mi ha colpito di più?

Il fatto che, a differenza della maggioranza dei politici italiani, che si vede che non credono in quello che dicono, anche se sperano che chi li ascolta finga di crederci, la ex  “ragazza di borgata” mostra di credere veramente  in quello che afferma, e questo gioca sicuramente  a suo favore.

Quindi, mi ripeto, certo che il suo è stato un discorso di destra, ma impeccabile, convinto, competente, in certi momenti anche appassionato, nel quale con sincerità, senza eludere alcun tema, ha descritto qual è la sua visione della politica e di questa nostra Italia.

L’impressione che ne ho tratto, soprattutto guardando Salvini e Tajani che le sedevano ai lati in qualità di Vice premier, che è “lei” la nuova leader della destra italiana.

Che forse nessuno si aspettava; sia, come accennato, i suoi alleati di maggioranza, impegnati più che altro a far vedere che ci sono anche loro, sia soprattutto l’opposizione, e lo si è percepito nelle dichiarazioni di voto (contrario) piuttosto balbettanti ed evanescenti, per usare un eufemismo.

Le dichiarazioni programmatiche sono state ampie, per cui è impossibile farne un riassunto.

D’altro canto la premier ha avuto l’intelligenza di metterle a disposizione dei media  per cui, quasi in tempo reale, si potevano già consultare in rete.

Di conseguenza, se volete conoscere fin nei dettagli il “Meloni pensiero”, e la sua “visione di destra del Paese” non vi resta che leggere integralmente il suo discorso.

Su alcuni passaggi credo però sia opportuno comunque soffermarsi.

Innanzi tutto sulle “forche caudine” del posizionamento internazionale dell’Italia.

Su questo credo che i Governi, le Cancellerie, le diplomazie, dovrebbero essere stati rassicurati dalle sue parole“L’Italia è a pieno titolo parte dell’Occidente e del suo sistema di alleanze. Stato fondatore dell’Unione Europea, dell’Eurozona e dell’Alleanza Atlantica, membro del G7 e ancor prima di tutto questo, culla, insieme alla Grecia, della civiltà occidentale e del suo sistema di valori fondato sulla libertà, l’uguaglianza e la democrazia; frutti preziosi che scaturiscono dalle radici classiche e giudaico cristiane dell’Europa. Noi siamo gli eredi di San Benedetto, un italiano, patrono principale dell’intera Europa….. L’Alleanza Atlantica garantisce alle nostre democrazie un quadro di pace e sicurezza e che troppo spesso diamo per scontato. È dovere dell’Italia contribuirvi pienamente, perché, ci piaccia o no, la libertà ha un costo e quel costo per uno Stato è la capacità che ha di difendersi e l’affidabilità che dimostra nel quadro delle alleanze di cui fa parte”.

Analogamente sono stati rassicurati anche i Mercati, visto che la premier, facendo un bagno nella realtà, ha detto chiaramente che la situazione congiunturale attuale non consente di attuare quasi tutte le misure promesse in campagna elettorale, con buona pace di Salvini e della “Pontida School of Economics”.

Quello che francamente mi ha lasciato fra il deluso ed il perplesso è il complesso degli interventi economici tratteggiati, a mio avviso piuttosto confusi e disarticolati, ed in particolare le misure fiscali annunciate

Leggiamo le sue parole: ….Da questa rivoluzione copernicana dovrà nascere un nuovo patto fiscale, che poggerà su tre pilastri .  Il primo: ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità: riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della tassa piatta per le partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato. E, accanto a questa, introduzione della tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato e che può essere un forte incentivo alla crescita……Il secondo: una tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese (in particolare alle PMI) in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco. Il terzo: una serrata lotta all’evasione fiscale (a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva) …

Perché queste proposte non mi convincono del tutto?

A parte il consueto annuncio di riduzione della pressione fiscale, e sono decenni che ogni nuovo Governo ce lo propina, al di là dei  consueti tamburi di guerra contro evasione ed elusione fiscale, mi sembra che alla fine quello da cui si sceglie di partire  sia quasi una sorta di invito all’evasione fiscale.

Perché l’unica cosa certa sembra l’ennesimo condono (forse per accontentare Salvini?), ovviamente mascherato da “tregua” o “pace fiscale”.

Sembra poi che in Italia ad evadere siano solo le grandi imprese, mentre i dati

Ufficiali del tax gap individuano  da decenni nella galassia del lavoro autonomo il top dell’evasione.

Non mi pare quindi il massimo dell’equità fiscale partire dall’estensione della flax tax al 15% per la partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato.

Si tratta comunque di una “scelta politica”, viste le parole della Meloni: “Perché siamo sempre stati al fianco di quei quasi 5 milioni di lavoratori autonomi, tra artigiani, commercianti, liberi professionisti, che costituiscono un asse portante dell’economia italiana, e non smetteremo ora”.

Evidentemente a nulla servono gli allarmi della Corte dei Conti, che si affanna ogni anno a denunciare che i condoni non solo sottraggono all’erario risorse ingentissime, ma nel lungo periodo l’aspettativa che ci sia sempre un condono alle porte non fa che disincentivare il versamento dei tributi nei termini previsti, e alimentare la tendenza all’evasione che in Italia è un fenomeno di massa.

Essendo quella dell’equità fiscale un tema fondamentale ed ineludibile per uno Stato che voglia dirsi veramente democratico, perché attiene alla generale categoria filosofica della “giustizia”, io credo che parte dell’astensionismo sia dovuto anche al fatto che un cittadino rispettoso della legge si trovi in difficoltà a scegliere fra una sinistra che pensa solo a nuove tasse o a patrimoniali, ed una destra che sembra di non saper andare al di là delle “paci fiscali”.

Francamente dalla nuova leader della destra italiana Giorgia Meloni su questo tema mi sarei aspettato di più.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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