27 Ottobre 2022 - 11.54

Gli anziani eroi, mattatori e vittime di code e sportelli

di Alessandro Cammarano

Italiani popolo di commissari tecnici, di virologi, di esperti di mutazioni climatiche ma soprattutto di insofferenti a qualsiasi cosa abbia una parvenza di ordine e organizzazione.

Ci dà fastidio la regola di per sé, schiumiamo di rabbia dinanzi ai limiti di velocità, apriamo dibattiti riguardo alle ZTL, raccogliamo firme per ripristinare il fumo nei locali pubblici, ma soprattutto odiamo le code regolamentate.

Se per i popoli di origine germanica, in primo luogo i sudditi di Sua Maestà Britannica, il fare la fila è questione di genetica, tanto che un famoso adagio recita “Quando si vede un inglese da solo alla fermata dell’autobus è semplicemente il primo di una colonna di persone a venire”.

Noi siamo caciaroni, ci accalchiamo ovunque in ordine sparso, attentissimi a che nessuno ci passi davanti ma sempre pronti a fare i furbini ai danni di qualcuno che era arrivato prima di noi; avete presente lo sventolio di scontrini al bar degli autogrill per attirare l’attenzione del povero addetto alla somministrazione? Ecco, da lì a peggio.

Per ovviare a tutto questo abominevole calpestare delle altrui precedenze da alcuni anni – complice anche la pandemia – soprattutto gli uffici pubblici e le strutture sanitarie si sono dotati di sistemi che dovrebbero essere a servizio del cittadino indirizzandolo rapidamente e senza incertezze allo sportello giusto. Tutto a posto dunque. Macché.

L’anziano, ma non solo, che si trovi a dover prenotare una visita specialistica si trova dinanzi ad un variopinto touch-screen sul quale compaiono adorabili rettangolini con varie scritte corrispondenti alle prestazioni da richiedere.

La novantaquattrenne signora Maria – che ha esenzione totale dal ticket – si blocca come un opossum alla vista dell’aquila in picchiata, incerta se poggiare il dito su “Visite in convenzione”, “Esenti”, “Libera professione” o “Ritiro referti”; nessuno ovviamente le dà una mano, figuriamoci.

La vegliarda decide di sfidare il destino e sceglie “Visite in convenzione”: breve attesa e la macchina infernale partorisce un bigliettino che recita C22, permettendo così alla sventurata di accomodarsi su una seggiolina metallica che sarebbe piaciuta parecchio ad un inquisitore spagnolo del sedicesimo secolo per i suoi interrogatori.

Giunto il suo turno si reca allo sportello indicato dove un’impiegata simpatica come una tarantola le comunica gelida «Lei è esente nonna, doveva prendere il biglietto “Esenti”, perché mi arriva qui con un’altra cosa? Adesso che cosa dovrei fare io, secondo lei? Lo sa che è una mancanza di rispetto nei confronti di chi fa la scelta corretta e anche nei miei? Lo sa quanto tempo sto perdendo per il suo sbaglio? Eh?».

A questo punto la povera avola balbetta qualcosa, forse delle scuse, e decide di optare per un collasso accasciandosi davanti all’aguzzina, che a questo punto è costretta a chiamare d’urgenza il personale sanitario comunicando con sufficienza «Guardate che è esente».

Anche gli uffici postali non scherzano: il totem sputanumeri è forse l’oggetto più insidioso di sempre, però pure gli anziani – talora un pelino arroganti – ci mettono del loro.

Zio Oronzo, ottantasei anni, ritira la pensione in contanti perché delle banche non si fida, e il primo del mese si reca alle ore otto e venti alla posta dietro casa. Di cosa dica il totem suddetto non gliene importa nulla, egli pigia a caso, ritira lo scontrino e si mette in sbuffante attesa.

Ovviamente viene chiamato dalla responsabile del servizio “Corrispondenza-Pacchi” e non da quello dei “Prodotti Postali”. Inizia una geremiade del sor Oronzo che, in crescendo, sostiene di aver schiacciato il tasto giusto e che la macchina ha sbagliato, virando poi sulla dimenticanza degli occhiali e terminando con l’immancabile «Diventerà vecchio anche lei e allora vedremo se non si sbaglierà mai.».

L’impiegato, dopo aver pensato per un attimo di venire alle mani o in alternativa di pagare la pensione di tasca sua, abbozza un sorriso parecchio simile a un ghigno tetanico e con un escamotage informatico riesce a corrispondere la pensione al vecchio avvoltoio che, improvvisamente mellifluo, se ne esce con un «Lei è tanto comprensivo. Allora il mese prossimo vengo direttamente da lei. Senza numero così facciamo prima.».

Per l’anziano la iattura vera è comunque rappresentata dagli uffici pubblici che oramai ricevono solo su appuntamento da fissarsi secondo le seguenti modalità: telefonicamente componendo il numero verde – risponde con la stessa frequenza con cui passa la cometa di Halley – o più comodamente richiedendolo attraverso il sito dell’ente, e qui cominciano i guai grossi.

Zia Pinuccia, che ha ottantanove anni e la quinta elementare, il computer non sa neppure cosa sia e se lo sa non glene importa comunque nulla, si affida al bisnipote Generazione Y che le fissa un appuntamento all’Agenzia delle Entrate di Viterbo – lei abita a Bressanone – perché è il primo disponibile e in fondo la vecchia è ancora gagliarda e dodici ore di treno se le può fare tranquillamente, che importa se siamo a dicembre e l’incontro con il funzionario è fissato per le 8,35 antimeridiane. «Se parti all’ora di cena del giorno prima – sibila il nipotastro – ti fai un bel pisolino in treno e arrivi fresca come una rosa. Poi quando hai finito ti prendi un caffè e riprendi il regionale veloce che ti riporta a casa. Ah, ricordati che hai tre cambi all’andata e tre al ritorno. Vedi di non sbagliarti che nessuno di noi ha tempo di venire a cercarti in giro per l’Italia.».

Da allora della zia non si hanno più notizie; qualcuno dice di averla vista vendere centrini fatti a mano davanti alla stazione di Avellino.

La palma delle palme va a signor Gerlando, classe 1926, che è famoso per mettersi in coda all’alba, ovunque, per essere il primo quando l’ufficio apre; ha sempre fatto così e allo schiudersi dei battenti, quando l’usciere gli chiede di esibire il foglio con indicata l’ora dell’appuntamento fissato online, Gerlando semplicemente lo sposta con una spallata da mediano di spinta e con un balzo raggiunge l’ascensore che lo porterà all’ufficio di destinazione, altro che online.

E che dire dei “saltalafila” da supermercato? Ovvero quelli che al banco salumi hanno il numero 38 e con protervia degna di novelli Alcibiadi scavalcano il misero possessore del 22 anteponendo allo spintone un tagliente «Tocca a me sa? Ma guarda tu sti maleducati che provano pure a passarti avanti. Impari a fare la coda come fanno le persone educate come me, cafone che non è altro!». È talmente deciso che nessuno osa replicare; per fortuna ci pensa il salumiere che gli rifila una mortadella in superofferta che di verde non ha solo i pistacchi e con tutta probabilità lo farà permanere seduto sul water per alcuni giorni.

Vado perché nel frattempo è arrivato il mio turno.

Alessandro Cammarano

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