21 Gennaio 2022 - 10.34

Allevamenti: spese raddoppiate, a rischio filiera

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L’aumento dei costi di produzione agricoli non è fantasia. E lo sanno bene gli allevatori, che dallo scorso dicembre si sono visti recapitare bollette per l’energia elettrica più che raddoppiate. Analoga situazione si presenta sul fronte dell’alimentazione animale, con un rincaro che sfiora i 500 euro annui a capo.

Coldiretti Vicenza, carta alla mano, ha fatto i conti. “Una stalla media da 100 capi, con una produzione di latte di 35 litri al giorno per capo – spiega il direttore di Coldiretti Vicenza, Simone Ciampoli – per effetto degli aumenti che incombono sugli allevamenti perde ogni mese oltre 8.000 euro, quindi poco meno di 100.000 euro l’anno. Senza contare, poi, che gran parte dei nostri allevamenti utilizzano manodopera familiare, che non viene considerata e per la quale, di fatto, non esiste remunerazione, in particolare per effetto di questi aumenti”.

Una situazione decisamente preoccupante e che pare rappresentare un punto di non ritorno. “La situazione che si profila è seria, probabilmente la più dura degli ultimi decenni. La combinata aumento del costo dell’energia elettrica e delle materie prime alimentari, ma non solo – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – provocherà la chiusura di numerose imprese allevatoriali da latte, già stremate da un prezzo del latte alla stalla insufficiente a compensare lo sforzo degli allevatori. Basti pensare che la remunerazione di 40 cent al litro di latte prodotto è appena sufficiente a coprire i costi di produzione, quindi ora stiamo lavorando decisamente in perdita”.

E gli effetti più severi si noteranno, presumibilmente, dal secondo trimestre dell’anno, quando anche sui cittadini si abbatterà la stangata dell’aumento delle tariffe energetiche.

“Ogni anno siamo abituati all’annuncio dell’aumento di prezzi e tariffe, ma non per questo dobbiamo essere meno attenti a ciò che effettivamente accade. Quest’anno il sensibile aumento delle tariffe energetiche – prosegue Cerantola – produrrà conseguenze concrete e pesanti sulle famiglie vicentine, che pagano lo scotto di una pandemia la cui soluzione è ancora lontana, con la perdita di molti posti di lavoro e difficoltà non indifferenti per i lavoratori autonomi in quasi tutti i settori”.

“L’analisi che abbiamo fatto ci preoccupa molto. Temiamo per la sopravvivenza delle nostre imprese – sottolinea il direttore Ciampoli – ma anche delle produzioni, che contraddistinguono il lattiero caseario. Rischiamo di perdere, infatti, imprese, una rilevante fetta del nostro Pil, e la nostra storia produttiva che ci contraddistingue nel mondo”.

Sui consumatori, però, non peseranno gli aumenti del prezzo del latte alla stalla, che tradizionalmente subisce rialzi dell’ordine di pochi centesimi, ma, come sempre, della Gdo, che detta le regole del mercato.

“I nostri allevamenti sono spesso costretti a subire il prezzo stabilito dai potenti della distribuzione – aggiunge il presidente Cerantola – ed a questo non appare ci siano vie d’uscita. Se si vuole piazzare il proprio latte occorre stare alle regole imposte da accordi capestro, pesantissimi, ma che consentono di avere una continuità, quindi di lavorare. Certo, con le condizioni che si delineano, sarà sempre più difficile poter sostenere questa situazione e vedere un futuro per gli allevamenti”.

Gli effetti degli aumenti, però, non si fermeranno a questo, che pure basterebbe. “Il progressivo minor potere di acquisto delle famiglie – sottolinea il presidente Cerantola – indurrà le stesse a scegliere sulla base del prezzo, senza potersi più permettere di leggere l’etichetta o curarsi della provenienza dei prodotti. Ci saranno conseguenze anche sul fronte della salute, perché scegliere i prodotti più economici non sempre fa bene alla salute. Noi continueremo, attraverso i mercati di Campagna Amica a svolgere un’importante funzione di informazione e sensibilizzazione, ma non possiamo ignorare che questo preoccupante quadro, tratteggiato, potrebbe essere vicino”.

La soluzione non è dietro l’angolo. Adeguare il prezzo del latte alla stalla appare un’utopia. L’unica ipotesi, quindi, è che il Governo intervenga con un contributo sufficiente a ridurre l’aumento delle bollette energetiche.

“Auspichiamo che il Governo affronti il problema – concludono Cerantola e Ciampoli – che è prioritario per le imprese allevatoriali, ma anche per le famiglie vicentine e venete. Ne va del futuro del settore lattiero caseario, della distintività delle nostre produzioni, del Pil che queste imprese, con il loro indotto, producono e, naturalmente, del turismo che ruota attorno a questo straordinario patrimonio di cultura e sapienza che si tramanda da sempre e per il quale è crescente anche l’interesse dei giovani”.

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