5 Ottobre 2022 - 12.03

Viva le sagre! Viva le Pro Loco!

Alessandro Cammarano

Se nella puntata precedente ci si era focalizzati sulle serie televisive che permettono a pantofolai, amanti della pace domestica, agorafobici e categorie consimili di trascorrere le serate autunnali comodamente “acculacchiati” sul sofà di casa, oggi l’attenzione si concentra su un fenomeno di aggregazione sociale che dopo un momento di stanca va riprendendo sempre più piede anche tra le generazioni “smartphone”: le sagre.

Negli anni Novanta, sulla scia del mantra “fighetto is beautiful” le feste paesane erano snobbate da una larga fetta di utenti un tempo affezionati, ma che improvvisamente sembravano preferire la discoteca di tendenza – leggi “balera frettolosamente riconvertita” – e l’orrendo “apericena” rispetto allo stand gastronomico.

Da qualche tempo il fenomeno sagra ha fortunatamente riconquistato il pubblico tornando a consolidare una presenza capillare sul territorio grazie al lavoro incessante delle varie Pro Loco, sempre più attente alla preservazione delle tradizioni – gastronomiche e culturali – ma allo stesso tempo diligenti nel rinnovare le proposte così da rendere le varie manifestazioni più attraenti per fasce di pubblico diverse.

Senza andare a scomodare l’Antica Fiera del Soco di Grisignano, che si fa ufficialmente dal 1555 anche se le prime testimonianze risalgono al 1267, assurta nei decenni a vera e propria fiera campionaria il territorio vicentino offre, soprattutto al ritorno dalla vacanze estive, molteplici opportunità di passare una serata divertente mangiando prodotti locali – non usiamo il terrificante “eccellenze del territorio” perché al solo pronunciarlo viene l’eczema – e divertendosi parecchio diventando parte di un microcosmo in perfetto equilibrio tra la commedia all’italiana, quella bella però, e la tecnologia più avanzata.

Dalla Festa dei Pioppini di Costozza a quella del Baccalà a Montegalda, dalla Sagra dei Bigoli co’ l’arna di Torri di Quartesolo alla Festa dei Maruni a Nogarole, senza dimenticare quella delle Castagne a Crespadoro – ma sono solo alcune delle decine in programma in queste settimane, cercando in rete si trovano facilmente – le occasioni sono ghiottissime, nel vero senso della parola.

Si parlava di “microcosmo”, perché ogni sagra ha le sue caratteristiche specifiche ma anche dei capisaldi irrinunciabili, che poi sono in realtà una delle attrattive maggiori.

La pesca di beneficenza, quella che “sempre si vince”, con premi fantastici che vanno dalla penna finta-Bic al televisore QLed passando per la ventosa sturalavandino senza dimenticare i peluche inquietanti. Chi scrive fu, negli anni, fortunato vincitore di un set di mollette da bucato, di due scatole di fagioli e di un contenitore ermetico simil Tupperware: l’importante è partecipare e far del bene, il premio è un di più.

Immancabili il banchetto con le mandorle che si caramellano, i croccanti di bagigi e lo zucchero filato, come sempre presenti la piccola giostra a cavalli e il tradizionale calcinculo che gli acculturati chiamano “catenelle”.

Su tutto imperano figure leggendarie: ciascuna sagra ha il suo gruppo di matrone locali a cui è affidata l’organizzazione della parte godereccio-alimentare – food&beverage direbbero i parvenu – e che sono più efficienti di un ammiraglio giapponese. Maneggiano immani pentoloni pasta e fagioli, spadellano tonnellate di bigoli, carreggiano teglie di pasticcio da un metro quadrato, il tutto accompagnato da “’assa stare che fasso mi” o “No cussì! Bon da gnente!”.

Gli uomini sono addetti alle griglie sulle quali vengono arrostite migliaia di costolette di maiale, legioni di braciole, chilometri di salsicce.

I profumi si mischiano, unendosi a quello del vino spillato di fresco, facendo salire l’appetito; la tecnologia – la sagra 2.0 è meravigliosa – ha fatto sì che i tempi d’attesa tra l’ordinazione e il primo morso al salame arrostito si siano oggi parecchio assottigliati, grazie alla digitalizzazione delle ordinazioni.

Finita la mangiata via a vedere i “veciòti” tirati a lucido che ballano il liscio sulle note di orchestre dai nomi tipo “Demis e Zaira” o si ascolta la cover band di turno – spesso davvero brava – che ripropone i successi di Vasco o dei Queen.

Recentemente si è cominciato a guardare anche alla cultura ed ecco che tra uno zucchero filato e un ballo ci si trovi a visitare una piccola mostra fotografica o ad assistere ad una conferenza sulla storia locale.

In poche parole: viva la sagra, abbasso l’apericena.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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