Veneto, la Lega non correrà da sola: il cerino di Zaia

Alla fine, in Veneto, la Lega non correrà da sola. Nonostante la bocciatura del terzo mandato per Luca Zaia, che di fatto lo esclude dalla prossima corsa per la presidenza della Regione, il Carroccio non romperà l’alleanza con Fratelli d’Italia. Una scelta obbligata più che strategica: rompere a Venezia significherebbe rompere anche a Roma, con la conseguente caduta del governo Meloni. Ed è un rischio che nessuno, nemmeno Matteo Salvini, può permettersi in questo momento.
Il governatore veneto esce da questa fase politica con un profilo indebolito, dopo anni in cui era stato accreditato come uno dei leader più apprezzati a livello territoriale, capace di catalizzare consenso trasversale. Ma Zaia, nonostante il consenso personale, non ha mai davvero cercato lo scontro con Salvini dentro la Lega. Ha scelto la strada della fedeltà, anche quando il vento interno al partito cambiava direzione. E oggi quella scelta lo penalizza.
Zaia ha avuto l’occasione, più volte, di porsi come alternativa a Salvini: durante la stagione del Covid, quando il suo approccio pragmatico e rassicurante gli aveva regalato picchi di popolarità superiori a quelli del segretario; oppure quando la Lega andava incontro a sonore batoste elettorali, e lui restava tra i pochi a salvare la faccia del partito. Ma non ha mai colto il momento per costruire una propria leadership nazionale. Ha preferito restare ancorato al Veneto, forte del suo fortino elettorale, convinto che il partito gli avrebbe riconosciuto il diritto alla continuità.
Così non è stato. Il terzo mandato non è passato, e la Lega non lo ha difeso fino in fondo. Salvini ha fatto il minimo sindacale. Fratelli d’Italia, dal canto suo, ha fatto valere la forza dei numeri e del momento: è il partito trainante del centrodestra, e non ha alcun interesse a rafforzare la figura di un governatore che può ancora insidiare la leadership meloniana sul fronte moderato.
E ora? La Lega cercherà un candidato “condiviso”, magari proprio da Salvini, cercando di conservare il Veneto senza rompere il patto nazionale. Ma per Zaia lo spazio si restringe. Non correrà da presidente. Non ha uno sbocco naturale nel governo. E la possibilità di guidare la Lega nazionale sembra ormai tramontata.
Resta un dato politico amaro: chi aveva il consenso per dettare la linea, ha scelto di non usarlo. E ora, come si dice, rischia di restare con il cerino in mano.