4 Luglio 2025 - 9.43

Superbonus 110%: L’orgia contabile che nessuno vuole ricordare

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Umberto Baldo

Sapete qual è, a mio modesto avviso, il vero campanello d’allarme di uno Stato che scricchiola dalle fondamenta? 

No, non è il debito pubblico che galoppa, né il crollo demografico! 

È quando si comincia a trattare gli organi di garanzia, Corte Costituzionale, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, come fastidiosi comitati di quartiere. 

E poco importa se dicono la verità: se quella verità non fa comodo al politico di turno, ecco che parte il coro del “sono politicizzati!”.

Ormai è diventato sport nazionale: destra e sinistra, in perfetta parità bipartisan, si indignano ogni volta che una sentenza o un parere mette i bastoni tra le ruote al proprio delirio ideologico o normativo.

 A furia di gridare “partigiano!” ad ogni giudice che non applaude, rischiamo di trovarci una Repubblica ridotta a talk show: dove si contesta tutto, tranne le proprie responsabilità.

E veniamo al punto. 

Chi ha la pazienza di leggermi sa bene che non è la prima volta che prendo a cannonate il Superbonus 110%, ma da ieri mi sento meno solo. 

Perché a dar man forte ci ha pensato nientemeno che la Corte dei Conti; sì, quella che ancora qualcuno prova a trattare come un club di passatisti noiosi.

Nel Rendiconto Generale dello Stato, il Procuratore Generale Pio Silvestri l’ha scritto nero su bianco: cioè che l’assenza di un tetto di spesa nel Superbonus ha avuto “un notevole impatto negativo sui saldi di finanza pubblica”. Tradotto per i non iniziati: è stata una voragine. Non una misura di rilancio, non un motore della crescita, ma un buco nero che ha inghiottito miliardi come un aspira polvere cosmico.

I numeri fanno tremare. Dal 2020 al 2024 abbiamo bruciato 229 miliardi in bonus edilizi, di cui ben 165,5 nel Superbonus, 25,7 miliardi di Bonus facciate e 37,8 miliardi di altri bonus (ristrutturazione, eco e sisma).  

Non bastasse, 95 miliardi sono già stati usati per compensare imposte: e non è finita. 

Perché ogni anno, man mano che i crediti vanno a scadenza, lo Stato perderà entrate: 0,3 miliardi nel 2021; 6,3 miliardi nel 2022; 20,8 miliardi nel 2023; 42 miliardi nel 2024. Il 2025 pare destinato a essere l’anno record, dato che solo nei primi 5 mesi dell’anno si sono abbattuti sul debito pubblico 26 miliardi di euro di crediti

Quindi il 2025 si prepara a essere l’anno del Giubileo… del debito.

Come siamo arrivati a questa follia? 

Facile: mancata valutazione d’impatto, zero contrappesi tra chi spende e chi incassa, crediti d’imposta girati più allegramente di un prosecco in sagrestia. Nessun tetto, nessun vincolo, nessuna idea. 

Un Carnevale fiscale dove tutti ballavano; ma oggi il conto lo pagano anche quelli che non erano nemmeno stati invitati alla festa.

E attenzione, non lo dice un editorialista acido: lo dice la Corte dei Conti, che non risulta essere un circolo nostalgico del Ventennio né una dependance di Potere al Popolo. 

E lo dice con numeri, dati, grafici. 

Quelle robe fredde e inesorabili che non puoi azzannare come fai con un avversario politico.

Il bello (si fa per dire) è che nessuno può fare il puro. 

Tutti hanno messo le mani in pasta. 

Il Superbonus nasce nel 2020 con il Decreto Rilancio, votato in pompa magna da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva, LeU e compagnia cantante. 

Forse pensavano davvero di dare un colpo d’ala all’economia. 

Ma il risultato è stato che a rifarsi la villa con i soldi pubblici sono stati soprattutto quelli che avevano già una villa. A spese di chi la casa continua a sognarsela.

Intanto i costi dell’edilizia sono saliti del 40%, le gare pubbliche sono impazzite, e i crediti fiscali si sono trasformati in una spada di Damocle sul bilancio dello Stato. 

E se qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla legittimità costituzionale, bastava leggere l’articolo 81 della Costituzione: “….Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte….”. 

Non esattamente un dettaglio da poco, no?

Ma nessuno al MEF, né in Ragioneria Generale, ha mai fatto una piega.

Silenzio. 

Come se l’equilibrio di bilancio fosse solo una clausola di stile, una gentile raccomandazione da non prendere troppo sul serio.

Perché questo silenzio omertoso? 

Perché nessuno è innocente. 

Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia: tutti hanno difeso o rilanciato la misura, chi chiedendone l’estensione, chi la proroga, chi il monumento a chi l’ha inventata. Salvini ha persino detto che “se uno truffa, bisogna prendersela con il truffatore”. 

Geniale: è come se, di fronte a una diga che crolla, ti preoccupassi del secchio bucato del vicino.

E poi c’è Giuseppe Conte, colui che lo ha voluto e che ancora oggi difende il Superbonus come un Generale che, dopo aver perso la guerra, si vanta delle uniformi ben stirate.

Non smetterò mai di chiedermi: cosa abbia spinto un’intera classe  politica, dai 5Stelle al Pd, che almeno a parole fa della lotta alla povertà il suo obiettivo primario, a decidere che anche i proprietari delle seconde case al mare o in montagna, appartamenti o ville, potessero ristrutturare questi immobili a spese di tutti i contribuenti, compresi quelli che fanno fatica a pagare il mutuo per la prima casa.

Possibile che non abbiano percepito l’iniquità di fondo di una tale scelta?

Un giorno forse ci volteremo indietro, e saremo assaliti dal sospetto che il Superbonus 110% sia stata una grande sbronza collettiva, il cui conto finale sarà pagato in parte da noi, ed in parte dai nostri figli e nipoti.

Per fortuna, oggi, a rimettere i piedi per terra, e mi auguro una pietra tombale, ci ha pensato la Corte dei Conti. 

Che, lo ripeto per i duri d’orecchio, non è un tribunale politico né una confraternita ideologica. 

È fatta da servitori dello Stato, che parlano coi numeri. 

E i numeri, al contrario dei talk show, non mentono.

Umberto Baldo

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