11 Giugno 2025 - 11.21

Schlein inchioda il Pd al passato: senza una svolta riformista, la sconfitta è garantita

Umberto Baldo

Viene da chiedersi se ci sia un metodo nel “cupio dissolvi” in cui sembra impegnata Elly Schlein, oppure se tutto sia lasciato all’improvvisazione, alla creatività del momento,  come se la politica italiana fosse assimilabile al pratone di una novella Woodstoch, o ad una assemblea di una facoltà universitaria del 1968, o ad un raduno dei Centri Sociali.

Già, perché comunque la si guardi, la scelta di portare il Partito Democratico a  seguire Landini nella sua rancorosa  battaglia di retroguardia  contro un “renzismo” che non esiste più,  se non nei ricordi dei nostalgici di una gauche novecentesca.

Una scelta che non sta in piedi perché quando il Pd votò convintamente il Job Act navigava sul filo del 40% dei consensi e governava l’Italia; mentre ora che l’obiettivo sarebbe quello di ricostruire una linea riformista per  battere la destra vincente e ritornare a Palazzo Chigi, si è arrivati al paradosso di rinnegare una parte della propria storia in nome di una linea “identitaria” a dir poco “fumosa” e “zizgagante”. 

Ma quale sarebbe poi questa linea identitaria di “sinistra”, pura e distillata come acqua di fonte alpina?

Quella di agganciarsi al carro della Cgil, abbandonato da Cisl e Uil? 

Quello di seguire la linea di Fratoianni, che porta a Bruxelles Ilaria Salis?

Quella di proporre un’alternativa che è palesemente incompatibile con una società fluida come quella attuale, e che di conseguenza più perdente non si può?

E’ evidente che, al di là dei risultati elettorali della Schlein, alla fin fine non poi così travolgenti, al Pd serva una riflessione, che solo un Congresso libero e aperto può consentire.

Un Congresso in cui alcune voci, tipo  quelle di Pina Picerno o di  Giorgio Gori, o di Graziano Del Rio tanto per fare solo alcuni nomi, possano esprimere liberamente ed apertamente il loro pensiero, senza avere sulla testa la spada di Damocle della compilazione delle liste per le prossime elezioni.

Tutti i Partiti avrebbero bisogno di momenti di riflessione, e anche di scontro politico se serve.

A maggior ragione un Partito nato dalla confluenza della cultura comunista con quella cattolico-democristiana, su cui è calata come un ciclone la Segretaria “che nessuno ha visto arrivare”, per di più eletta con primarie “aperte a tutti, anche ai passanti”.

Un Congresso in cui qualcuno ricordasse ai maggiorenti attuali, una sorta di Comintern scelto e guidato da Elly,   che per battere la Meloni occorre uno Starmer, un Blair, un Zapatero, un Felipe Gonzalez, un leader capace di parlare a tutti i settori della società, non solo al popolo delle ZTL, un leader capace di favorire un’alternativa di programma basata su fatti e numeri, non su immagini e chiacchiere,

Guardate che qui non si tratta di rivalutare Matteo Renzi, o creare collegamenti con Carlo Calenda o Luigi Marattin!

Serve aprire un serio dibattito tra identità politica e tatticismi.

Serve decidere senza tentennamenti da che parte stare sui problemi che sono sul tappeto, dall’Ucraina a Gaza, da Putin a Trump, sull’Europa, sul pacifismo di maniera e sul riarmo, e non ultimo sull’immigrazione,  tema su cui le sinistre europee e mondiali stanno prendendo bastonate a raffica.

Serve elaborazione politica, non sterili richiami ad un antifascismo di maniera!

Serve un progetto economico-sociale in grado di coinvolgere e convincere un po’ tutte le componenti della società, anche il mondo produttivo, anche il famigerato “ceto medio”, che sarà anche indigesto al “popolo dei Centri sociali”, ma senza il quale si resta all’opposizione da qui all’eternità.

E se mi permette la Segretaria un consiglio personale, cerchi di allentare il cordone ombelicale con la Cgil, perché il mondo sindacale è più articolato, e la Cisl e la Uil hanno peso e ruolo da vendere.

In definitiva, se vuole avere una qualche prospettiva, solo un Congresso vero potrà essere il “day after” del Pd, un momento in cui chiedersi senza pregiudizi ideologici o furbizie correntizie: “chi siamo, dove andiamo, chi vogliamo rappresentare?”.

Umberto Baldo

Potrebbe interessarti anche: