30 Settembre 2021 - 9.40

Salvini ed il tracollo della “Bestia”

di Umberto Baldo

Per Matteo Salvini questa che si chiuderà domenica prossima con il voto in molte grandi città italiane, è stata decisamente una campagna elettorale travagliata.
Tanto che le elezioni stanno assumendo quasi il sapore di un “redde rationem” per una Lega in chiara fibrillazione, e dopo le quali inevitabilmente scatterà l’ora del chiarimento.
Non era bastata la caduta di Claudio Durigon, l’apprezzatissimo organizzatore delle questioni meridionali, costretto alle dimissioni per un incauto suggerimento di titolare un parco nella sua Latina a Romano Mussolini, ora dedicato a Falcone e Borsellino.
Non erano bastate le frizioni fra l’ala nazional-sovranista, che ha spinto il Capitano ad una certa intransigenza contro l’estensione del Green Pass, e l’ala governista-nordista di Giorgetti, Zaia, Fedriga, Fontana, fautrice di una normalizzazione dei rapporti con l’Esecutivo, in linea con il sentiment pro Draghi diffuso nei ceti produttivi del Nord.
Non erano bastati gli ultimi quattro voti di fiducia, in cui si sono palesate in Parlamento le spaccature fra l’ala governista del Partito, ed i frondisti di Borghi e tanti altri.
Evidentemente no, perchè al Capitano è caduta come una tegola in testa l’inchiesta giudiziaria che interessa Luca Morisi, che ha dovuto fare un passo indietro per una vicenda di droga dai contorni ancora indefiniti, e relativamente alla quale anche per lui deve comunque valere la presunzione di innocenza.
Ma un conto è il codice penale ed una altro la politica, e Morisi non è un personaggio che si può liquidare come uno dei tanti finiti nei guai.
Morisi, che non a caso Salvini definisce come un fratello, non è uno qualunque; è una specie di guru che ha gestito la comunicazione della Lega negli ultimi anni, che ha pianificato mosse e contromosse del Segretario, che ha messo in piedi quel sistema social, denominato con il nome emblematico di “la Bestia”, che ha consentito al Capitano (titolo coniato proprio da Morisi) un’ascesa che sembrava inarrestabile, e che ha trovato il culmine nelle ultime elezioni europee con il 34% dei consensi.
E non è un caso se il Capitano ha reagito alle notizie sul caso Morisi con queste parole: “Quando un amico sbaglia e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a rialzarsi. Ti voglio bene amico mio, su di me potrai contare. Sempre”.
Ma al di là della comprensione umana e dell’affetto di Salvini per l’amico in difficoltà, è difficile non vedere l’abbandono di Morisi, la cui collaborazione con il leader leghista risale al 2012, come una sorta di nemesi implacabile e spietata.
Perchè il fenomeno Salvini, inteso in senso mediatico, è il frutto di quel rapporto con il capo della comunicazione. Un frutto che, grazie appunto alla “Bestia”, che altro non è se non il complesso di idee e di strumenti utilizzati per attaccare, criticare, demonizzare, talvolta anche ridicolizzare gli avversari, è basato principalmente su un uso spregiudicato dei social, da Facebook a Twitter ad Instagram.
Una presenza costante, quasi asfissiante, fatta di selfie in tutte le situazioni, unitamente ad un martellare su alcuni temi precisi e mirati; l’immigrazione e gli sbarchi dei “clandestini”, i reati commessi dagli extracomunitari, lo spaccio della droga.
Arrivando alla grande idea di Morisi di mettere in palio fra gli utenti un incontro personale con il Capitano, riservato a chi riusciva a mettere più “like” ai post della Lega.
Capite bene che quando parlo di “nemesi”, mi riferisco in particolare proprio al problema droga, ed alla propaganda assillante di Salvini sul tema.
Difficile dimenticare messaggi sulla sua pagina Twitter del tipo “la droga è morte, la droga non è mai la soluzione, la droga è merda. Viva la vita!”, oppure “Voglio spacciatori con palle incatenate ai piedi ai lavori forzati”, e ancora “Nessuna pietà per chi vende morte ai nostri giovani e per le mafie che fanno affari con lo spaccio”.
Oppure quel siparietto della famosa “citofonata” a Bologna, nel corso della campagna elettorale per le regionali, in cui Salvini chiedeva in favore di telecamera ad un presunto spacciatore “Mi scusi, ma lei spaccia?”
E’ probabile che la caduta di Morisi porti con sé la fine della “Bestia”.
E credo sia anche auspicabile che si metta fine ad un tipo di comunicazione aggressiva, volutamente faziosa, attenta solo ai like, che nelle zone in cui la Lega è nata veniva vista con sempre maggior fastidio.
Comunicazione che ha sì dilatato a livelli mai visti la visibilità di Salvini, ma lo ha anche indotto ad inseguire e blandire settori di opinione pubblica al limite dell’estremismo, come ad esempio i No Vax.
Ne guadagnerebbe il dialogo politico nel suo complesso, inducendo e spero costringendo i leader a confrontarsi sulle idee, sui programmi, sulle cose concrete, anziché su slogan lanciati su post o “cinguettii”.
Parlavo all’inizio di un possibile “redde rationem” dopo le amministrative, anche alla luce delle recenti interviste di Giorgetti alla stampa relativamente al futuro di Draghi al Quirinale, che hanno fatto concludere i commentatori che ormai esistano due Leghe.
Capisco che Matteo Salvini in questa fase possa soffrire di una sorta di sindrome da accerchiamento, e possa essere convinto che i suoi presunti oppositori interni stiano brigando per togliergli la credibilità necessaria per poter aspirare al ruolo di futuro premier dopo Draghi.
Fossi in lui non mi agiterei più di tanto. Perchè da un lato, a quanto è dato sapere, il suo controllo del Partito è ancora saldo, e dall’altro perchè sia Giorgetti che i Governatori del Nord non sembrano intenzionati a rompere, anche se non sottovaluterei l’impatto negativo che la vicenda Morisi sta avendo sulla base della Lega, anche nel nostro Veneto.
Ciò non toglie che sarebbe questo il momento per una rivisitazione della comunicazione in primis, adeguandola ad un Partito che governa la parte più produttiva del Paese, e poi per un ripensamento sul posizionamento del Partito in Europa.
Perchè un leader che si candida a governare l’Italia dovrebbe rendersi conto che senza la “sponda” di una delle grandi famiglie politiche europee, democratico cristiane, socialdemocratiche o liberali, la strada sarebbe tutta in salita, come dimostrano anche le recenti elezioni tedesche.
Con gli Orban, con le Le Pen, con i Santiago Abascal, non si va da nessuna parte!
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA