28 Gennaio 2022 - 9.57

Quirinale: la Waterloo dei partiti

di Umberto Baldo

Quando lunedì scorso ho scritto il pezzo “Il dopo Mattarella. Gesù o Barabba?” eravamo al primo giorno della procedura per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, e pur manifestando tutto il mio pessimismo, in fondo speravo che i Partiti sarebbero stati in grado di uscire dallo stato comatoso in cui si dibattono da anni, e con un “colpo d’ala” individuare rapidamente una figura in grado, come dice la Costituzione, di fare da arbitro e garante del rispetto della Carta.
Certo, data la situazione, non mi aspettavo l’elezione alla prima votazione.
Avevo messo in conto schermaglie e contrapposizioni, ma non avrei mai pensato di trovarmi di fronte ad una nuova Waterloo.
Non mi viene in mente altra immagine per descrive l’indegno ed indecoroso spettacolo cui abbiamo nostro malgrado assistito in questi ultimi quattro giorni se non “Waterloo della politica”, che a questo punto a mio avviso rischia addirittura di sfociare in una crisi di sistema.
Credo che noi cittadini a questo punto dovremmo preoccuparci seriamente perchè nel bailamme, nel polverone di questi ultime ore, è apparso chiaro che a mancare è la “Politica”, quella che non a caso scrivo con la P maiuscola, sostituita dalle divisioni, dalle ripicche, dalla mancanza di visione d’insieme, in poche parole dal mancato rispetto che ci è dovuto come elettori.
Si è visto di tutto, nomi buttati là e bruciati senza un perchè apparente, giravolte, ripescaggi, summit segreti in diretta social, veti incrociati, cambi di alleanze, e quanto di peggio poteva mettere in scena una classe dirigente fra le più inadeguate che questo Paese abbia mai conosciuto.
Inquietano l’attitudine integralista, il manicheismo, la spregiudicatezza con cui coloro che dovrebbero essere i migliori in quanto leader riconosciuti, gestiscono e cavalcano questioni spacciate come “di principio”, ma che in realtà sono meri espedienti tattici usati come merce di scontro, o di scambio, per spacciare come obiettivi conciliabili l’elezione di “amico” al Quirinale, il mantenimento dell’attuale maggioranza di Governo, e, fine supremo, evitare quelle elezioni anticipate che li metterebbero in rotta di collisione con buona parte dei loro parlamentari peones, il cui unico obiettivo è così riassumibile: “almeno un altro anno di legislatura, di stipendi e privilegi, per carità!”
Poco male quando c’è in ballo qualche “like” sui social, o qualche selfie in uno stabilimento balneare!
Molto male quando si pretende di gestire all’insegna dell’improvvisazione l’elezione di un Presidente della Repubblica, per di più in una fase piuttosto travagliata, fra pandemia, venti di guerra, crisi energetica.
Malissimo se questa incapacità a fare sintesi nell’interesse del Paese rischia di intaccare alle radici la corretta dinamica della democrazia parlamentare.
L’unico vero problema sembra quello di garantire la sopravvivenza dei Capi partito, e dei tanti reggi coda disposti a tutto pur di restare lì, accanto al leader, senza mai manifestare dubbi, accettando qualsiasi giravolta, qualsiasi salto della quaglia.
E’ da tempo che i partiti hanno abbandonato la loro funzione di “soggetto di elaborazione politica”, per trasformarsi di fatto in lobbie, che selezionano i temi in base a logiche di opportunismo, e quindi diventando una “casta” che parla con un linguaggio proprio, diverso da quello dei comuni cittadini.
Ecco perchè non si fanno più i congressi, ecco perchè le liste elettorali sono compilate direttamente dal Capo!
Perchè in questi Partiti il dissenso, che in politica vuol dire anche portare visioni diverse, non è più tollerato, e il metodo per selezionare la classe dirigente diventa solo la “cooptazione”, pratica che non può portare che all’emersione di figure mediocri, selezionate non in base alle capacità, ma alla fedeltà.
La conseguenza non poteva essere che una classe dirigente dei Partiti come quella che ci ritroviamo, formatasi appunto sulla desertificazione della politica, ridotta da elaborazione di idee ad un infinito sterile talk show, finalizzato a crearsi “nemici esterni” per giustificare la propria identità.
E questo spiega perchè dal fair play, dal rispetto dell’avversario che aveva caratterizzato i politici della prima repubblica, si è arrivati agli insulti, alle insolenze, alle villanie, ai “vaffanculo”, ad un generale imbarbarimento del confronto politico, all’affermarsi di un’idea di società plasmata su modelli corporativi e clientelari.
Alla fine, magari per sfinimento, il nuovo Presidente verrà eletto, e c’è solo da sperare che dal “circo Barnum” di questi giorni riesca ad emergere una figura di “alto profilo”, secondo l’espressione fin troppo abusata dai teatranti in commedia, e che non si capisce poi bene cosa voglia dire secondo Lor Signori.
Ma io spero che quanto successo contribuisca ad aprire gli occhi agli italiani, facendo loro capire che è il momento di mandare ai Partiti il messaggio che così non si può andare avanti, perchè quando manca la politica, alla fine si aprono le porte ad altro.
C’è una sola strada per uscire da questo cul de sac, e passa dal ripudio della demagogia e del populismo, per tornare alle idee, alle analisi, ad una visione del futuro che vada oltre le prossime elezioni.
Considerato quello che passa oggi il convento in Italia, la strada è tutta in salita!
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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