20 Maggio 2025 - 8.35

La crisi in Friuli Venezia Giulia vista con occhi maliziosi (i miei)

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Chi ama la storia sa bene che spesso gli scontri, o addirittura le guerre, nascono per “incidenti di percorso” che poco o nulla hanno a che fare con le motivazioni “vere”.

E così tensioni che covano da tempo spesso esplodono per un nonnulla, o comunque per un “accidente” che all’apparenza c’entra come i cavoli a merenda, ma che diventa un “casus belli”. 

Certo a volte per penetrare e comprendere appieno questi meccanismi occorre essere dotati di una certa dose di malizia, a praticare la quale, come affermava la buonanima del Divo Giulio (non Cesare, ma Andreotti) si fa peccato ma a volte ci si indovina.

E così oggi, volendo parlarvi della crisi in Regione Friuli Venezia Giulia, aperta formalmente con la restituzione delle deleghe da parte di sette Assessori della Lega e Forza Italia al Presidente Fedriga (leghista pure lui!), mi tocca tornare un po’ indietro, guardando anche ad altri scenari.

Ufficialmente il motivo  di questa remissione dei mandati è stato lo scontro sulle parole dure del ministro Ciriani (Fratelli d’Italia) sull’ospedale di Pordenone, ma per molti, ovviamente maliziosi come me, si è trattato solo di un pretesto.

L’oggetto dello scontro, che divide da tempo la maggioranza di Governo, è il cosiddetto “terzo mandato”, ossia la possibilità per i Presidenti di Regione di ricandidarsi anche dopo aver completato due legislature.

La partita si è poi ulteriormente accesa quando il 9 aprile scorso il Consiglio Provinciale di Trento ha introdotto la possibilità di un terzo mandato consecutivo per il presidente della Provincia Autonoma (che nel caso del Trentino Alto Adige avrebbe la stessa valenza di una Regione).

E guarda caso proprio ieri il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale questa deliberazione del Consiglio Provinciale trentino.

Nulla di nuovo in realtà. 

La scelta del Governo è maturata poche settimane dopo il pronunciamento della stessa Corte Costituzionale su una vicenda analoga:  con  la Consulta che ha stabilito l’incostituzionalità di una legge regionale della Campania che di fatto permetteva al presidente Vincenzo De Luca, del Partito Democratico, di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo. 

Questa sentenza della Corte ha così risolto una disputa politica che andava avanti da anni:  ed ora è chiaro che i Presidenti di Regione non possono ricandidarsi per quello stesso incarico se lo hanno appena ricoperto per due mandati.

In altre parole anche il desiderio di Luca Zaia di tornare ancora alla guida della Regione Veneto per altri cinque anni è stato spazzato via come le foglie al vento d’autunno. 

Sempre guarda caso, la delibera del Trentino sulla possibilità di consentire il terzo mandato all’attuale Presidente Fugatti (leghista, che ne ha già fatti due) era arrivata  proprio lo stesso giorno in cui la Corte Costituzionale  stabiliva il suo “no definitivo” sulla Campania.

La motivazione accampata dai leghisti trentini per giustificare questa scelta sarebbe da identificare nello Statuto Speciale della Provincia di Trento: la tesi dei favorevoli era che la Provincia potesse disciplinare a modo suo questa questione delicata, essendo un Ente a cui su molte materie è riconosciuta un’ampia Autonomia.

La vostra mente comincia a vacillare?

Lo capisco ragazzi, ma arriviamo subito al casus belli da cui siamo partiti.

D’altronde ve lo avevo detto che la malizia è una brutta cosa, che in questo caso induce a vedere dei collegamenti fra fatti apparentemente distanti, ma che in realtà sono parti dello stesso problema (come nel caso delle ciliegie, per le quali vale l’adagio “l’una tira l’altra”).

Non ci voleva un grande costituzionalista per capire che la “fuga in avanti” del Trentino avrebbe aperto un altro problema: quello che anche le altre Regioni a Statuto Speciale (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna) avrebbero potuto introdurre nel loro ordinamento il terzo mandato per il Presidente.

E siamo finalmente tornati al punto di partenza.

Proprio domenica infatti, proprio il giorno prima del Consiglio dei Ministri di ieri, le tensioni interne al centrodestra friulano sono esplose improvvisamente a seguito di un’intervista del ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, pordenonese e di Fratelli d’Italia: le dichiarazioni di Ciriani sulla sanità locale sono state prese dalla Lega come pretesto per aprire una crisi di giunta, con vari assessori che hanno rimesso il proprio mandato nelle mani del Presidente Fedriga. 

E’ evidente a questo punto che il problema travalica la realtà friulana, e deriva dal fatto che la Lega a livello nazionale è favorevole al “terzo mandato”, mentre Fratelli d’Italia è nettamente contraria.

Questo lo sa bene anche Fedriga (nonostante neghi collegamenti della crisi in atto con il terzo mandato), che infatti si è preso una pausa di riflessione, e che del problema parlerà direttamente con Giorgia Meloni oggi  a Venezia, a margine del Festival delle Regioni.

Fin qui potrebbe anche sembrare un incidente di percorso, e di conseguenza la intemerata del Ministro Luca Ciriani potrebbe essere stata uno sfogo che riguarda non il giudizio complessivo sulla Sanità Friulana, bensì solo  l’inaugurazione finta dell’Ospedale di Pordenone.

Va vedete, sempre in linea con il mio eccesso di malizia, c’è un fattore che fa riflettere, e fa pensare ad una rottura artatamente voluta e provocata. 

Perché lo Statuto della Regione stabilisce che la regola del “No al terzo mandato” non varrebbe nel caso di dimissioni del Presidente prima di metà mandato; il che consentirebbe a Fedriga di ricandidarsi senza problemi (ma solo se cadesse entro la fine di ottobre).

In altre parole viene il sospetto che i “fedrighiani” possano aver  colto furbescamente la palla al balzo per consentire a Fedriga una mezza consiliatura in più spostando (se rieletto) al 2030 la sua scadenza.

E’ pur vero che qualcuno precisa al riguardo che tale norma varrebbe solo se il Presidente fosse “sfiduciato”, ma tant’è, la questione rimane sicuramente aperta.

Vedrete che una qualche soluzione la si troverà.

Ma spero vi siate resi conto che, anche in tale caso, il fumo della crisi nasconde l’arrosto, vale a dire il problema del “terzo mandato”.  

Adesso spostato sulle Regioni e Province a Statuto Speciale, visto che sulla questione, per le Regioni a Statuto Ordinario, la pietra tombale ci ha pensato a metterla la Consulta il 9 aprile.

E a tal riguardo, per chiudere,  allargando lo sguardo mi permetto di sostenere che oggi la distinzione fra Regioni a Statuto Speciale e Ordinario non ha più senso, né sotto il profilo costituzionale, né su quello economico né, soprattutto, su quello della giustizia territoriale. 

È un retaggio storico che continua a creare inefficienze e diseguaglianze.

Una Repubblica davvero una e indivisibile, come recita l’articolo 5 della Costituzione, dovrebbe avere Regioni tutte con le stesse regole, non trattamenti di favore ereditati dal passato.

Questo vorrebbe la logica, ma capisco che per la “Repubblica dei quaquaraquà” è più facile andare su Marte che tagliare qualche privilegio ormai ingiustificabile ed antistorico. 

Umberto BaldoPS: Per completezza di giudizio, non va neppure trascurato lo scontro in atto fra Fratelli d’Italia e la Lega sulle Presidenze delle Regioni del Nord. Scontro dovuto al fatto che la Lega immagina che il Nord Italia (la mitica ex Padania) debba essere guidato da Governatori Leghisti nonostante i Fasti di Pontida siano finiti da un pezzo, ed in Lombardia, come in Veneto, come in Friuli, i numeri siano tutti di gran lunga a favore del Partito della Meloni.

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