17 Gennaio 2022 - 11.38

Istantanee dalla politica veneta: è già partito il dopo Zaia

di Umberto Baldo

Nell’imminenza dell’elezione del nuovo Capo dello Stato credo sia interessante rilevare la provenienza territoriale dei 12 Presidenti che si sono succeduti dal momento dell’avvento della Repubblica.
Ne esce un quadro piuttosto interessante, in quanto tre provenivano della Campania (De Nicola, Leone, Napolitano), tre dal Piemonte (Einaudi, Saragat Scalfaro), due dalla Sardegna (Segni e Cossiga), due dalla Toscana (Gronchi, Ciampi), uno dalla Liguria (Pertini) ed uno dalla Sicilia (Mattarella).
Il dato in sé non significa nulla, ma resta che il fatto che regioni importanti e popolose quali il Lazio, la Lombardia, l’Emilia Romagna, ed i nostro Veneto, non siano mai riuscite ad esprimere un inquilino del Quirinale.
Almeno per quanto riguarda il Veneto è pressoché certo che sarà così anche questa volta.
Intendiamoci, non c’è né da cospargerci il capo di cenere né da invocare “esclusioni” preconcette.
Le istantanee che provengono dalla politica della nostra Regione in questi giorni sono altre, e vale la pena di darci un’occhiata.
Partendo dal Partito Democratico, che dopo due mesi di dibattiti nei circoli, ha finalmente eletto il nuovo Segretario Regionale.
Essendo l’unico candidato ha vinto Andrea Martella, ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con l’87% dei consensi.
Ma al di là dell’elezione scontata, ho trovato interessante il commento con cui il Segretario nazionale del Pd Enrico Letta, in videoconferenza con l’assemblea regionale , ha salutato l’elezione: “Non possiamo essere marginali in Veneto se vogliamo ambire a essere una guida a livello nazionale, per la potenza culturale, economica e per il ruolo sociale che ha il Veneto. Il dopo Zaia arriverà in Veneto e avrà il Pd come protagonista”.
Non so se Zaia si sia fregato le mani leggendo queste parole di Letta, ma non c’è dubbio che in quel “Il dopo Zaia arriverà in Veneto e avrà il Pd come protagonista” c’è un netto riconoscimento alla forza travolgente del Governatore veneto, perchè equivalgono ad un “ragazzi, fino al 2025 non c’è trippa per gatti, per cui vedete un po’ di darvi da fare per risalire la china”.
Certo che per quello che viene accreditato nei sondaggi come il primo partito italiano non è da poco ammettere che in una delle prime regioni italiane l’unica speranza di rilancio stia nel fatto che per il Doge Luca Zaia questo è comunque l’ultimo ballo a palazzo Balbi.
Sicuramente la scelta di Martella, deputato per ben quattro legislature, è dettata anche dalla necessità di garantire al Pd veneto un maggiore e più stretto collegamento con il Partito nazionale, e sono certo che il neo Segretario punterà molto sui suoi contatti romani per cercare di risalire la china dopo che il Partito ha raggiunto alle elezioni Regionali del 2020 il suo punto più basso.
Debacle fotografata allora impietosamente dall’Eurodeputata Dem Alessandra Moretti con queste parole: “Non c’è un Comune sopra i 15mila abitanti vinto dal centrosinistra né con il simbolo Pd né con le liste civiche. Bearci con le vittorie nelle grandi metropoli serve a poco se ignoriamo la realtà veneta e le aspettative di chi che vive in uno delle centinaia di municipi di tremila, cinquemila, diecimila abitanti di cui è costellata la nostra Regione. Le esigenze di queste persone sono differenti rispetto a chi abita le grandi città”.
Certo quando si è raggiunto il fondo, ammesso che sia così, di solito non si può che risalire.
E la ricetta del neo Segretario per la ripresa è quella di “far diventare il Pd un soggetto federatore che mentre ricostruisce se stesso, costruisce una alleanza ampia con le forze democratiche, progressiste, ambientaliste, ma anche con quelle forze moderate e liberali che nel corso di questi anni non hanno visto in noi un interlocutore, ma con le quali possiamo costruire una alleanza ampia”.
Vaste programme! Oserei dire.
Ma se fra le forze che Martella pensa di federare c’è anche la sinistra alternativa dei centri sociali come avvenuto a Padova, francamente la vedo un po’ dura!
E sarà altrettanto dura se il Pd non riuscirà in futuro ad incrociare, comprendere, e sposare le istanze federaliste dei Veneti.
Quello che abbiamo visto nel corso del dibattito sul bilancio regionale a dicembre, con il Pd impegnato a chiedere l’introduzione anche in Veneto dell’ addizionale regionale Irpef, mostrando così di essere ancora arroccato al principio caro alla sinistra dal “tassa e spendi”, non rappresenta sicuramente a mio avviso un buon punto di partenza per riconquistare la fiducia dei veneti.
Martella avrà modo già in primavera, quando si voterà a Padova, Verona e Belluno, di verificare se l’aria sarà cambiata.
Ma in ogni caso, comunque vada, sarà assolto, perchè, come ha detto Letta: “il dopo Zaia arriverà….”.
Sì, arriverà, ma nel 2025, e fino ad allora per il Pd la strada potrebbe continuare ad essere irta di ostacoli.
Ma se il Pd è alla ricerca della sua palingenesi, qualche problemino lo sta vivendo anche la Lega, meglio la Liga, visto che parliamo della Terra di San Marco.
Anche qui la scintilla sono le elezioni, in particolare quelle di Padova, dove il centro destra ha indicato quale candidato l’imprenditore Francesco Peghin.
Designazione dall’alto, non condivisa dal Sindaco di Noventa padovana Marcello Bano, che in un’intervista ha attaccato i vertici della Lega, accusandoli di non dialogare con gli amministratori del territorio, dichiarando inoltre di non condividere la scelta di Peghin, al quale avrebbe preferito l’assessore “bulldog” Roberto Marcato.
Queste parole hanno agitato le acque interne della Lega, e Bano rischia addirittura l’espulsione dal Partito.
Ridurre questa vicenda ad una mera lotta fra sostenitori di candidati diversi equivale a guardare il dito anziché la luna.
E la luna è che il “modello veneto della Liga”, sublimato in questi ultimi decenni dall’indubbia abilità di Zaia di sintonizzarsi con la cultura prevalente fra i veneti, fatta di localismo antistatalista, non sempre è in sintonia con la linea politica “romana” di “Capitan” Salvini.
E la riprova sta che sul tema dell’autonomia, sul quale si basa gran parte dell’azione politica di Zaia, il Veneto non è mai riuscito a portare a casa niente, neanche quando a Roma c’erano “governi amici”.
E’ sempre l’annosa questione irrisolta della rivalità mai sopita fra Lega lombarda e Liga veneta, nata ai tempi di Umberto Bossi, e ancora viva con Salvini.
Il problema è che ad avere la peggio in questa contrapposizione sono sempre stati i veneti.
E non saranno quindi le lamentele di qualche sindaco veneto a scalfire il primato del “Capitano”, e così la Lega nazionale salviniana e la Liga veneta continueranno, come avvenuto finora, a vivere come due “separati in casa”.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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