23 Ottobre 2021 - 10.21

Inserire il nucleare nelle politiche climatiche? La proposta della Francia di Macron

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Che il Presidente francese Emmanuel Macron abbia deciso di far aderire la Francia al patto di Visegrad, il gruppo di Paesi dell’est europeo noti soprattutto per la fiera opposizione all’accoglienza dei migranti?
Detta così potrebbe sembrare inverosimile, ed infatti lo è!
Eppure in un campo particolare Macron si trova allineato con i leader della Repubblica Ceca (Andrej Babiš), Ungheria (Viktor Orban), Polonia (Mateusz Morawieck), Romania (Florin Cîțu), Slovacchia (Igor Matovič) e Slovenia (Janez Janša).
Quello dell’energia atomica, visto che i leader di questi Paesi il 19 marzo scorso, in una lettera indirizzata alla Commissione Europea, hanno messo nero su bianco l’esigenza di puntare sul nucleare.
A voler essere precisi la proposta è quella di inserire anche l’energia nucleare nel quadro delle politiche climatiche europee, che puntano a raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2050, ovviamente nel quadro degli investimenti della Finanza Green.
Mi sembra di vedere le espressioni inorridite di molti di voi!
Ma di fronte al riscaldamento da emissioni di CO2, che sta stravolgendo forse in via definitiva il clima della nostra terra, ed in prospettiva la qualità della vita umana, io credo che certe problematiche vadano affrontate con la ragione piuttosto che con la pancia.
Relativamente alla lettera dei leader sopracitati, va detto che il problema principale per Paesi come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca è quello di capire come riconvertire una produzione nazionale ad oggi interamente basata sul carbone, per centrare gli obiettivi europei.
A voler essere sinceri, non hanno tutti i torti, perché in parole povere da un lato vogliamo giustamente costringere questi Stati ad abbandonare i combustibili fossili per produrre energia elettrica, ma senza offrire loro altre fonti alternative da affiancare al solare ed all’eolico, che sappiamo bene non sono in grado di eliminare del tutto la loro dipendenza dal carbone.
Non è sicuramente questo il caso della Francia, che è l’unica potenza nucleare dell’Unione Europea, con i suoi 58 reattori (molti però sono in manutenzione) che producono più del 70 per cento dell’energia elettrica francese.
Il che consente ai francesi di pagare l’elettricità meno dei cittadini degli altri Paesi europei, evitando le tensioni sui prezzi quando i costi sul mercato salgono, come sta succedendo oggi con la crisi energetica.
Adesso non ci ricordiamo più la crisi petrolifera del 1973, quando i Paesi produttori alzarono vertiginosamente i loro prezzi: ebbene in quella situazione, la Francia investì ancora più risorse nell’energia nucleare, riducendo al minimo le importazioni di petrolio.
Lo so bene che all’inizio della sua Presidenza Macron annunciò che avrebbe ridotto di molto la dipendenza della Francia dall’energia nucleare, smantellando parte degli impianti del paese.
C’era stato nel 2011 il disastro di Fukushima, ed i francesi erano più diffidenti sul nucleare.
Ma le cose negli ultimi tempi sono cambiate e, come accennato, proprio il fatto che la Francia sia praticamente immune dalla grave crisi energetica che sta colpendo il resto dell’Europa, ha evidentemente indotto Macron a rivalutare la possibilità di investire nel nucleare.
E per ribadire questo cambio di linea Le Président ha presentato, a sei mesi dalle elezioni presidenziali, un piano denominato “Francia 2030” il cui «obiettivo numero uno”, parole di Macron, è quello di «reinventare il nucleare», costruendo nuove centrali ad alta efficienza per la produzione di energia elettrica.
Ma perché ciò sia possibile è necessario che l’Europa, in linea con il principio delle “neutralità tecnologica”, riconosca anche al nucleare l’etichetta di “energia Green”, in altre parole decidere se l’atomo sia meritevole di essere inserito tra le fonti (tassonomia Green) a cui vanno i fondi destinati alla transizione verde, e questo è quello che hanno chiesto i leader degli Stati con la lettera citata all’inizio. Capite bene che non è una decisione da prendere alla leggera, anche perché ci sono altri Paesi nettamente contrari, fra cui la Germania e la Spagna.
E l’Italia?
Noi siamo un Paese “emotivo”, “ansioso”, “ipersensibile”, che difficilmente riesce a ragionare con pacatezza su temi sia pure divisivi, ma che, a mio avviso, non si possono eludere.
Noi preferiamo azzannarci sul Green Pass, piuttosto che dibattere sul futuro del Paese e delle nuove generazioni, fra l’altro con la “spocchia” di essere sempre dalla parte dal giusto.
Noi italiani abbiamo votato contro il nucleare sulla scia dell’enorme impressione suscitata dal disastro di Chernobyl, senza minimamente considerare che, in tema di rischio contaminazione in caso di incidente, dei 165 reattori attivi in Europa ben 27 sono ubicati in un raggio di 200 chilometri dei nostri confini settentrionali.
E che eventuali nubi nucleari si spostano con i venti, e non si fermano certamente alle frontiere.
Per curiosità andate a vedere sulla carta geografica dove sono ubicati i comuni di Cruas, Saint Alban, Bugey e Tricastin, tutti comuni francesi dove ci sono centrali nucleari, e vedrete che il ricorrente “non in casa mia”, con l’atomo è addirittura ridicolo.
E lo si è visto bene in occasione del disastro di Cernobyl, quando ci venne raccomandato di non consumare i prodotti dei nostri orti, nonostante la centrale esplosa si trovasse a circa 2000 chilometri di distanza.
Lo ha sicuramente capito bene invece il Ministro Roberto Cingolani, un fisico chiamato a guidare proprio il Dicastero per la transizione ecologica, su indicazione di Beppe Grillo, anche se ora sembra diventato la bestia nera dei 5Stelle.
Cingolani ha provato a dire che ci sono paesi come Francia e Gran Bretagna che stanno investendo sul nucleare di quarta generazione: centrali piccole, grandi come un container, con pochi rifiuti da smaltire e zero emissioni di CO2.
Centrali nuove che, se va bene, vedranno i primi esemplari in funzione tra 10-15 anni.
Lo scienziato Ministro ha semplicemente affermato che questa prospettiva andrebbe studiata ed approfondita “senza farsi condizionare dagli ambientalisti radical chic e dagli oltranzisti ideologici, che sono peggio della catastrofe climatica verso cui andiamo se non facciamo qualcosa di veramente sensato”.
Apriti cielo!
Sicuramente Cingolani il riferimento ai radical chic ed agli oltranzisti ideologici se lo poteva risparmiare, anche se queste parole dimostrano che (e a mio avviso si tratta di un merito) non si tratta di un uomo avvezzo ai riti ed ai tatticismi della politica italiana. Secondo gli schemi usuali della nostra vita politica, la conseguenza è stata l’inizio di una vera e propria crociata contro il Ministro, con le solite litanie pseudo ecologiste cui siamo ormai abituati, dalle scie chimiche al 5G.
E’ evidente che, in questo contesto, le idee di Cingolani non riusciranno mai a passare, e di conseguenza continueremo a fare da spettatori mentre altrove si decide, anche il nostro futuro. Continueremo a cullarci nell’idea che si possa riempire l’Italia di pale eoliche e pannelli solari, ben sapendo che, per quanti ne istalleremo, non saranno mai sufficienti a sostituire completamente le centrali a gas.
Oltre a tutto facendo finta di non vedere che mulini a vento e pannelli fotovoltaici non è poi neanche facile istallarli nella Repubblica di Pulcinella, vista l’enorme difficoltà con cui i vincoli delle sovrintendenze, e le ordinanze regionali sull’uso dei terreni, stanno già rallentando i 70 miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili previsti dal Pnrr.
Non vi sembra di assistere ad una fiction?
Buona visione!

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