30 Aprile 2025 - 9.39

Gli italiani e il “prezzo della libertà”. Schiacciati fra guerrafondai e ‘pacifinti’

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A fronte di una Germania che, pur avendo un livello del debito assolutamente incomparabile (in meglio ovviamente) con quello italiano, ha chiesto lo scorporo delle spese per la difesa dal Patto di Stabilità, non vorrei trovarmi nei panni della nostra premier Giorgia Meloni e del suo Governo.
Già perché mi immagino la scena quando nei prossimi vertici Nato o Ue le verrà chiesto: quando l’Italia adeguerà la spesa militare al 3,5% o addirittura al 5% come vorrebbe Trump?
Cosa risponderà?
Amenità tipo quella che i cittadini di Anagni sono contrari alla riconversione della ex Winchester in una fabbrica di esplosivi militari? Rifiutando così anche nuova occupazione, tanto la nostra vocazione turistica farà sì che i nostri ragazzi saranno tutti vocati a fare i camerieri o i pulitori di camere.
Che gli italiani non sono un popolo di “patrioti guerrieri” bensì di gandhiani convinti che il burro è meglio dei cannoni?
Che gli italiani credono fortemente che Putin sia un gentiluomo che mai si permetterebbe di scatenare un’invasione contro uno Stato sovrano (solo ieri Medvedev ha minacciato un attacco nucleare contro Svezia e Finlandia)?
Che non può forzare politicamente più di tanto sul “riarmo”, per il rischio che Schlein, Conte e Salvini cavalchino la tigre del pacifismo facendo il pieno di voti?
Che le mamme di Anagni o Colleferro, si oppongono al “sistema guerra”, ad ogni riarmo, alla propaganda bellicistica che ha accompagnato il ReArm Europe, ed al clima di paura che si vuole diffondere nell’opinione pubblica?
Certo la nostra premier farà il possibile per escogitare artifici contabili che le consentano di inserire nelle spese della difesa pure le pensioni dei militari (finora di ovvia competenza INPS), e magari anche i contributi dati ai boy scout, ma fare il gioco delle tre carte, fingendo che le Panda siano carri armati o blindati forse può ingannare i bambini, ma certamente non gli altri Stati, ormai adusi alle nostre furbizie da magliari.
Quello che forse non è ancora chiaro ai più, è che il problema non è l’essere guerrafondai o pacifisti.
Perché anche chi si richiama alla Costituzione, al famoso art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…..” fa finta di non capire che il ripudio è stabilito giustamente nei confronti della guerra di offesa, ma sicuramente non per la guerra in difesa dallo Stato, qualora fosse aggredito.
Nel senso che la Costituzione non prevede certo che, qualora militari stranieri occupassero il “sacro suolo patrio”, si debba inchinarci o prostrarci agli invasori in nome della pace, magari offrendo le nostre donne come premio.
Quindi una classe politica seria e responsabile dovrebbe porre agli italiani una sola chiara domanda: Volete che l’Italia sia un Paese armato in grado di difendersi da eventuali attacchi esterni, oppure preferite un Paese disarmato facile da aggredire e conquistare?
Guardate, possiamo ragionarci intorno all’infinito, ma alla fine, credetemi, sempre a questa domanda si arriva!
Per la prima volta, vista la brutalità di Trump, c’è la possibilità di emanciparsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti, con fondi destinati esclusivamente a industrie europee del settore militare.
Ecco perché se Giorgia Meloni dovesse insistere nel voler essere la leader europea più vicina all’Amministrazione americana (la famosa “pontiera”), questo la metterebbe in contraddizione con le sue ambizioni nell’Ue.
E deve inoltre capire e realizzare che non potrà mai affermarsi fra i leader dell’Ue con una posizione come quella che sta adottando; perché gli altri Paesi meno legati ideologicamente a Trump hanno deciso che l’Europa si deve affermare come un attore autonomo.
Certo non va trascurato che la premier si trova suo malgrado con un compagno di cordata come il “gandhiano” Salvini che urla contro l’acquisto di armi dalle fabbriche tedesche e francesi, senza citare quelle americane dell’amico Donald Trump, e senza considerare che i tedeschi costruiscono veicoli militari con gli italiani (Leonardo Rheinmetall Military Vehicles).
Ma si sa che in generale la coerenza e la ragionevolezza non è nelle corde dei “pacifinti” nostrani.
Ma il tempo stringe, la Germania con i suoi 500 miliardi ha spiazzato tutti: ed entro giugno, Giorgia Meloni dovrà comunque decidere se accedere alla clausola di salvaguardia e scorporare le spese della difesa.
Come dicevo, auguri e figli maschi!
Concludendo, qui non si tratta di sparare a zero sulle mamme italiane che forse giustamente vivevano nell’illusione che ai loro figli e alle loro figlie sarebbe stato garantito un futuro di pace, e non accettano l’idea che prima o poi forse sarà necessario che questi ragazzi imbraccino un fucile, ma di spiegare con chiarezza che la pace e la sicurezza in Europa si basano su un elemento immateriale che è l’articolo 5 della Nato (in base al quale un attacco contro uno stato membro è considerato come un’aggressione a tutti gli alleati).
Il problema, però, sta nel fatto che in base ai messaggi inviati dagli americani e da alcune capitali europee, non ci saranno reazioni in caso di aggressione.
Quindi ad oggi non c’è nulla e nessuno che possa dissuadere Putin (o magari il suo successore), e se non ci mostreremo capaci di reagire ad un attacco contro un Paese europeo, ci sarà una guerra che potrebbe ampliarsi progressivamente.
Purtroppo mi spiace chiudere polemicamente, ma non posso non segnalare che alla testa dei “gandhiani de noaltri”, dei “pacifisti da cappuccino e brioche al caffè Rosati” ci sono leader che se avessero gestito la finanza pubblica con maggior oculatezza, senza gettare decine e decine di miliardi in “Redditi” per fare stare i fannulloni in divano, o in “Bonus” per consentire ai benestanti di rifarsi le case a spese dei poveri, forse oggi trovare maggiori risorse per la difesa del Paese sarebbe meno traumatico.
In sintesi l’Europa deve dotarsi delle competenze e delle risorse necessarie per cavarsela da sola.
In quest’ottica possiamo imparare molto dagli Ucraini e dai Tawanesi su come costruire la resilienza e pagare l’ineludibile “prezzo della libertà”.
Umberto Baldo

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