19 Ottobre 2022 - 11.30

Giorgia Meloni ed il femminismo del merito

di Umberto Baldo

Chi mi conosce sa che la mia storia umana, politica ed intellettuale è quanto di più lontana, oserei dire antitetica, da quella di Giorgia Meloni.

Certo anch’io in gioventù mi sono abbeverato al motto “Dio, Patria, Famiglia”, ma quello propugnato da Giuseppe Mazzini, non da Benito Mussolini.

E a voler essere precisi sicuramente il Duce sia ispirò a quella frase di Mazzini, che nei “Doveri dell’Uomo” scriveva testualmente: “Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante che noi conosciamo, di Dio, dell’Umanità, della Patria, della Famiglia”.

Come si vede nel motto di Mazzini c’era un qualcosa di più, quell’Umanità che evidentemente non piaceva al Duce del fascismo.

Con tutto il resto dell’armamentario ideologico della Meloni, dal sovranismo al nazionalismo, io francamente non ho mai avuto nulla a che spartire, visto che l’ideale liberal democratico cui mi sono sempre ispirato fa riferimento ad altri e ben diversi valori, soprattutto nei confronti dei principi che stanno alla base dell’europeismo.

Fissati questi paletti di tipo storico e biografico e calandoci nella realtà di oggi, considerato che per la prima volta nella storia di questo nostro Paese alla Presidenza del Consiglio dei Ministri sembra destinata una donna, mi sono chiesto come questa indubbia novità possa essere stata percepita dall’universo femminile italico (sottolineo italico perché in buona parte degli Stati europei sono anni che le donne guidano i Governi).

Al riguardo credo sia centrata questa osservazione che Concita De Gregorio, femminista storica, aveva  proposto durante la campagna elettorale: “Perché proprio la destra maschilista e misogina esprima l’unica candidata con potenziale di successo, è una buona domanda, rilevante non solo per la cronaca”.

Già perché Giorgia Meloni è riuscita a imporsi al vertice dei Fratelli d’Italia, e a  vincere le elezioni?

Io credo che il perché lo si possa trovare nella risposta che la Meloni stessa diede lo scorso agosto ad una domanda del direttore di Affari Italiani Angelo Perrino, nella quale si dichiarava contro le famigerate “quote rosa”,  perché  a suo avviso disegnano solo una “riserva di caccia”.

Io aggiungerei anche che le quote rosa prefigurano, per il solo fatto di esistere, una sudditanza al leader maschio, che non fa certo onore né alla capacità né all’intelligenza del gentil sesso.

Ma cosa opponeva la Meloni alle quote rosa?

Di fatto un nuovo femminismo, che riconosca e  premi finalmente il merito, anzi il MERITO scritto a caratteri cubitali.

Non so  come l’abbiamo presa le pasionarie di sinistra che hanno passato la loro vita a sgomitare sfruttando le quote rosa per accaparrarsi qualche posto in Parlamento, od in generale per fare carriera.

Non credo bene, ma dovranno prima o poi porsi il problema del perché fino ad ora le quote rosa non hanno funzionato.

Tanto è vero che nell’intera storia repubblicana nessuna donna è mai stata Presidente della Repubblica né Presidente del Consiglio.

Qualcuno ha anche calcolato che se da qui alla fine del secolo ci fossero soltanto donne Presidenti della Repubblica, la situazione sarebbe appena in parità.

Ma continuando, la carica di Presidente della Camera è stata ricoperta da una donna solo tre volte con Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini, mentre una sola donna fin qui è stata presidente del Senato: Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Ma nessuna donna, in Italia, ha mai guidato commissioni parlamentari che si occupano di economia e finanza.

E nelle commissioni parlamentari di inchiesta, quelle che possono svolgere un ruolo importante su questioni di forte impatto pubblico, e che hanno gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria,  su un totale di 99 Presidenti le donne sono state solo 11.

La prima donna  ministro, Tina Anselmi, lo divenne solo nel 1976, e su oltre 1.500 Ministri dei 67 governi della Repubblica, le donne a capo di un Dicastero sono state 100 (Governo Draghi compreso).

Questo non vuole essere un cahier de doléance, ma semplicemente la costatazione che il metodo della “spartizione basata sul colore rosa” non ha dato i frutti sperati.

Ma allora merita grande rispetto una donna che ha saputo imporsi sulla base, come lo definisce lei, del femminismo del Merito, acquisito con anni e anni di costante impegno,  sicuramente maggiore di quello dei maschietti.

E credetemi che all’interno di qualsiasi Partito nessuno è disposto a concederti nulla in termini di ruolo e di potere!

E che sia una donna non solo di carattere forte, ma anche di solide capacità politiche, lo si è visto nei giorni scorsi, quando Silvio Berlusconi, che evidentemente non sa darsi pace nel vedere una ragazzina (ai suoi occhi) imporgli le regole di chi ha vinto, ha tenuto a farsi fotografare al Senato (io non credo al caso in questo frangente) con un foglio contenente una serie di contumelie nei confronti della bionda “ragazza di borgata”.

La ragazza, che sa come muoversi, ha scelto di aspettare tutto il giorno, apparentemente insensibile alla tempesta mediatica che si era sollevata su quel foglio e sugli epiteti che conteneva.

Non ha ceduto alla rabbia di rispondere a caldo, di mostrare la sua indignazione e la sua rabbia, e ha pazientemente aspettato i Tg delle 20.00, come sa fare solo la gente di potere, e ha schiacciato in rete l’assist di un giornalista, dichiarando gelida che alla lista di Berlusconi mancava un’altra sua caratteristica personale: “Non sono ricattabile”.

Non vorrei dare l’impressione di essere diventato improvvisamente un fans della premier in pectore.

Non è assolutamente così.

La Meloni sicuramente farà sbagli quando diventerà premier, e sarò pronto a stigmatizzarli, come sarò pronto ad avversare eventuali politiche che non dovessi condividere.

Ma almeno riconosciamole che è una politica che conosce le regole del gioco, e già questo è un bel punto di partenza visti i tanti scappati di casa che abbiamo avuto nei Governi precedenti; è una donna, è una madre, che non è usa abbandonarsi alle lagne e alle lamentazioni, e che ha dimostrato di essere pronta a lottare per quello in cui crede.

L’unica mia speranza è che sappia fare un bagno di “realtà” dopo il delirio delle promesse elettorali, e soprattutto sappia tenere testa ai suoi amichetti Salvini e Berlusconi, che sicuramente non la amano, e che  non hanno alcun interesse a che lei faccia troppa bella figura.

In altre parole è bene che in un quadro economico che  resterà molto difficile anche nel 2023 non si faccia prendere dall’ansia da prestazione in un’ottica di breve periodo,  con la tentazione di sforare il vincolo di bilancio, perché la  fine di Liz Truss in Gran Bretagna, messa fuori gioco in un batter di ciglia dai mercati, resta sempre dietro l’angolo.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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