Giorgia Meloni ed Elly Schlein, due facce della stessa medaglia

Ci sono dei momenti in politica, o anche nella vita, nei quali inevitabilmente viene in mente la frase “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.
Io credo che questo che stiamo vivendo sia uno di quelli.
Chi poteva immaginare, dopo ottant’anni di relativo equilibrio, che gli Stati Uniti, dopo essere usciti dalle principali Organizzazioni Internazionali, dopo aver minacciato dazi a destra e a manca, potessero pensare di chiudere anche con la Nato, e di abbandonare l’Europa al suo destino.
In questi frangenti era da mettere in conto una “sbandata” della politica europea, trovatasi improvvisamente costretta a fare i conti con l’inadeguatezza del suo impianto istituzionale, con le sue ridondanti lungaggini nella fase decisionale, e a disegnare un futuro che nessuno fino a poco fa avrebbe nemmeno potuto ipotizzare.
Eppure in pochi giorni la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen (che non ha certo la statura politica di un Churchill) ha messo in campo un progetto di riarmo colossale, ed i leader di Francia, Germania e Inghilterra, supportati anche dalla Polonia, stanno cercando di prendere il toro per le corna, il che fa sperare che non tutto sia perduto.
Certo non è una partita facile da giocare, lo scenario è denso di incognite, tensioni si respirano in ogni parte del pianeta, però Macron ha messo a disposizione degli alleati l’arsenale nucleare francese, l’Inghilterra si sta avvicinando nuovamente all’Europa visto l’incombente pericolo comune, il neo Cancelliere tedesco Merz a pochi giorni dalle elezioni ha già annunciato l’accordo per il nuovo Governo, ma soprattutto la Ue ha improvvisamente deciso di fare il salto che tutti ci auguravamo.
Quello di decidere a maggioranza, senza farsi condizionare o bloccare dai veti di “teste di cuoio” come Victor Orban, al quale giustamente qualche giorno fa si è detto brutalmente “o così o Pomì”.
Questo lo interpreto anche come un segnale indirizzato a qualunque altro Stato che volesse mettersi di traverso.
E aaaa Naaazzzzziiiiiooone?
Mi viene facile fotografare il nostro Paese con due volti di donna, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, entrambe accomunate da un’immagine di provincialismo, difficoltà politica, isolamento.
Due facce della stessa medaglia, due facce contrapposte come in una statua di Giano bifronte.
Eppure sono entrambe saldamente in sella; l’una del Governo, e l’altra del principale Partito di opposizione; e a dirla tutta nessuna di loro rischia il posto, per lo meno a breve.
Eppure io percepisco che entrambe sono, come dire, spaesate di fronte agli impegni che la nuova realtà richiederebbe.
Questa percezione viene sublimata dal fatto che il problema dell’oggi, appunto quello del riarmo dell’Europa in chiave di deterrenza, le trova entrambe in una posizione incerta e precaria.
Ma andiamo con ordine.
Giorgia Meloni probabilmente si era illusa, o qualcuno l’aveva illusa, di essere destinata ad essere il “ponte”, il “tramite” fra Donald Trump e l’Unione Europea.
E al di là di tutto non era difficile immaginarlo, perché in politica le scorciatoie, i mediatori, non hanno poi molto senso, e state tranquilli che se Trump dovrà ad un certo momento dialogare o confrontarsi a muso duro con l’Europa, finirà con farlo con i Merz, con i Macron, con gli Starmer, persino con i Tusk visto il ruolo di media potenza che la Polonia sta via via assumendo, e sicuramente non con la nostra Presidente del Consiglio a nome degli altri.
La ragazza non è una sprovveduta, ha capito di dover dire “addio ai sogni di gloria”, di essere diventata quasi ininfluente a livello di Consiglio Europeo, e sta reagendo male a mio avviso, sicuramente anche perché condizionata dalla moltitudine di “scappati di casa” con cui deve fare i conti a livello interno.
Credo infatti che pochi Stati mostrino una situazione politica così pietosa come quella italiana, con una classe dirigente sia di destra che di sinistra di infimo livello, e leader chiaramente orientati solo ad assecondare le pulsioni o le paure dei cittadini, e disposti a tutto pur di contendersi qualche “zero virgola” nei sondaggi.
E non va poi trascurato che gli italiani non sono certo un popolo di guerrieri, e quello del riarmo è quindi un tabù, o quanto meno un tema molto impopolare.
Nel Belpaese diventa così difficile persino utilizzare la parola “riarmo”, tanto che, scherzando un po’, un paio di giorni fa in un commento sui social avevo suggerito alla Von der Leyen di cambiare la denominazione ReArm in MraEr.
Non capirebbe niente nessuno, ma sarebbe quello che vorrebbero i nostri Demostene italici.
Comprensibile quindi uno stato di smarrimento della Meloni, che la spinge ad accumulare contraddizioni e proposte bislacche.
Le va comunque dato atto che sta rimanendo fedele al cliché di un Capo di Governo, nel senso che anche quando deve mandare giù qualche boccone indigesto, a decisioni prese non cede alla tentazione di “fare come Orban”, cioè mettere i bastoni fra le ruote.
Passando all’altra faccia della medaglia, ad Elly Schlein, la Segretaria dei tre passaporti (Usa, Svizzero e Italiano), non è che le cose vadano poi meglio.
Anche per lei quello del riarmo è stata una sorta di Waterloo, a mio avviso la vicenda in cui ha fatto la peggiore figura da quando guida il Pd.
Chiaramente per il timore di non scoprirsi a sinistra con i “pacifisti” Conte e Fratoianni, la nostra Elly si è lasciata andare ad una serie di supercazzole a base di “salti quantici delle Ue” e di “una cosa è la difesa comune, altra invece il riarmo nazionale. Bene la prima, male il secondo”.
Non contenta si è incaponita di andare a Bruxelles per convincere della bontà della propria posizione i fratelli e le sorelle del socialismo europeo.
E non deve essere stato molto piacevole sentirsi dire dai fratelli e dalle sorelle di andare a giocare nella sua cameretta, che i grandi hanno da fare (fossi sboccato avrei detto di “andare a c……e”).
Perché un conto è raccontare le supercazzole al Nazzareno, dove nel bene e nel male per adesso non ha avversari che intendano scalzarla (visto che ha sicuramente una propensione per le campagne elettorali), un altro è cercare di rifilarle ai compagni tedeschi, inglesi, spagnoli, portoghesi, danesi, poco abituati a confrontarsi con “Centri sociali” e “Sardine”.
Di fronte al loro secco “No” era scontato uscirne sconfessata, isolata, per certi versi anche umiliata.
Il sunto della vicenda sta nel fatto che per la sua ansia di non differenziarsi dal pacifismo di Conte, di Fratoianni e di Landini, Elly Schlein si è messa in una posizione di minoranza nel PPE, e persino in rotta di collisione con il Presidente Mattarella.
Un capolavoro politico, non c’è che dire!
A voler essere onesto, devo dirvi che le mancate “performances” della Premier e del Capo dell’opposizione, non mi hanno certo stupito.
Per il semplice motivo che, pur nella mia pochezza, credo di aver capito da tempo che la politica italiana nel suo complesso è di basso livello, e che “aaa Nazzziiiioooone” non è certo uno Stato con peso e numeri tali da poter battere i pugni sui tavoli che contano.
Prima ce ne renderemo conto, prima comprenderemo la scellerata ed immatura inadeguatezza italiana di fronte al nuovo ordine mondiale, a partire ovviamente dai Demostene che ci siamo scelti, meglio sarà per tutti.
Umberto Baldo