21 Maggio 2025 - 9.26

Fine vita. Un diritto negato da una classe politica inetta

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Umberto Baldo

Nell’inerzia totale del Parlamento il problema cercano di risolverlo le Regioni.

Ci aveva provato di recente il Veneto, altre ci stanno lavorando, la Toscana di recente ha approvato finalmente una legge sul fine vita.

Legge prontamente impugnata dal Governo, che non vuole decidere in materia, ma non intende che siano altri Poteri a farlo.

Sul fine vita credo non sia neppure il caso di soffermarsi troppo, perché è dal 2019 che la Corte Costituzionale, a quel tempo intervenendo sul caso DJ Fabo-Cappato, si era pronunciata sulla necessità che la politica finalmente intervenisse per regolamentare questa materia, che sicuramente è piuttosto spinosa.

La Corte è poi dovuta intervenire nuovamente per interpretare se stessa, specificando quando è lecito intervenire per aiutare una persona malata terminale.

C’è da dire che la Corte Costituzionale ha fatto del suo meglio, depenalizzando e fissando qualche regola e dei paletti; ma è evidente che il compito di elaborare una disciplina organica spetti a chi le leggi è deputato a farle; il Parlamento. 

Mi rendo conto che, come accennavo, la materia attiene la morale, e quindi è di per sé divisiva anche all’interno di tutte le forze politiche (sinistra compresa), ma ciò non assolve i nostri “rappresentanti” dalla loro ignavia, dalla loro incapacità di fare quel minimo per evitare che gli italiani siano  costretti ad andare a morire “a pagamento” in altri Paesi, Svizzera in testa. 

Noi cittadini i Parlamentari li eleggiamo e li paghiamo profumatamente perché decidano, perché rispondano ai problemi della collettività, non perché restino in silenzio, o al più balbettino, scaricando così sui Giudici, non solo quelli costituzionali ovviamente, l’onere di dare risposte, supplendo a quella che la Consulta stessa ha definito senza mezzi termini una “perdurante assenza” di una legge che disciplini il fine vita.

E’ evidente che l’impugnazione della normativa della Toscana è “una mossa ideologica” del Governo, anche perché la legge toscana non fa altro che applicare senza fughe in avanti le prescrizioni delle sentenze della Corte Costituzionale. 

La Consulta, come accennato,  ha già emesso due sentenze sul suicidio assistito, ed è come se il Governo chiedesse di cancellare una legge che applica una sentenza della stessa Corte.

Credo, ma soprattutto mi auguro, che la Corte rimanga ferma sulle proprie decisioni precedenti,  mettendo ulteriormente in mora una classe politica di inetti ed incapaci in male fede. 

Ma in attesa di questa decisione credo si possa fare un discorso generale su questo tema.

Partendo dal fatto che in questo benedetto Paese siamo ancora culturalmente ed ideologicamente  fermi al Novecento.

Meglio, alle due grandi utopie degenerative che hanno segnato l’Europa, il fascismo ed il comunismo, che hanno dimostrato nei fatti di avere lo stesso rapporto di fondo con l’individuo: nel senso che lo negavano. 

Per il Fascismo (e per la sua evoluzione peggiore, il Nazismo) l’individuo è solo parte del corpo nazionale; per il Comunismo, è una cellula del corpo collettivo della classe. 

In entrambi i casi, la persona non vale in sé, ma in quanto utile ad un disegno superiore.

Ecco allora che la vita, e di conseguenza la morte, non appartengono più al singolo, ma diventano un affare di Stato.

Per essere più chiaro, in questi regimi la persona non ha valore in sé ma in quanto funzionale a un progetto collettivo: la razza, la classe, lo Stato, la rivoluzione.  

I diritti individuali non sono riconosciuti, o sono concessi in modo condizionato all’obbedienza all’ideologia. 

Il corpo, la mente, e persino la morte dell’individuo, diventano strumenti nelle mani dello Stato.

Nelle democrazie liberali, la storia ha preso un’altra strada.

Sia pure con fatica, e ancora fra molte resistenze, si è imposto un principio rivoluzionario: l’individuo è titolare del proprio destino.

Di conseguenza lo Stato può regolamentare, può tutelare, può vigilare; ma non può impedire a una persona lucida, consapevole, sofferente senza rimedio, di scegliere come morire.

Paesi come Olanda, Belgio, Svizzera, Canada e alcuni Stati americani hanno da tempo legalizzato eutanasia e suicidio assistito.

In questi sistemi, la morte diventa un atto libero, cosciente, regolato, con il solo fine di restituire dignità a chi ha perso tutto il resto.

E da noi?

Come vi dicevo noi siamo ancora fermi al dibattito fascismo-comunismo/ antifascismo-anticomunismo, e ne consegue che in queste condizioni parlare di  democrazia liberale è quasi una bestemmia.

Come accennato, se qualcosa si è mosso nel nostro Paese lo si deve ai soliti Radicali, ed è stato il caso Dj Fabo, e la disobbedienza civile di Marco Cappato, che hanno portato la Corte Costituzionale a riconoscere che, in alcuni casi, il suicidio assistito può essere lecito.

Viviamo in un’epoca in cui tutto viene discusso, spesso urlato, ma troppo poco si riflette sul significato profondo delle libertà individuali. 

Eppure, non esiste libertà più radicale, più definitiva, più drammaticamente umana di quella che riguarda il diritto di scegliere come e quando morire. 

Ma la nostra Politica ha paura di decidere.

Il Parlamento ignora, il dibattito viene rinviato, e la legge non arriva mai.

I nostri Demostene preferiscono il silenzio alla responsabilità.

Eppure la domanda resta, nuda e semplice: Chi decide quando morire?

In un sistema totalitario, decide lo Stato.

In una democrazia matura, dovrebbe poter decidere la persona.

Lo so bene che in Italia ospitiamo la Città del Vaticano, che i Monsignori con le auto targate SCV pretenderebbero di condizionare la vita e le coscienze di tutti gli italiani, anche quelli che legittimamente non sono credenti, ma so altrettanto bene che  alla fine si tratta di un problema di coscienza.

Perché nessuna legge, nessun partito, nessuna ideologia può sapere davvero cosa significa vivere prigionieri in un corpo che non risponde più, o attendere ogni giorno la morte come liberazione.

Chi è lucido, sofferente e consapevole, ha diritto non a una morte imposta, né ad una morte negata, ma ad una morte scelta, accompagnata, umana.

Lo dobbiamo non solo alla libertà, ma alla compassione.

E alla civiltà che vogliamo essere.

Ricordando che Rosa Luxemburg diceva che  “La libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente”, e Norberto Bobbio che “I diritti dell’uomo cominciano quando lo Stato finisce di decidere per lui.”

Umberto Baldo

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