Fine vita. Fine della politica

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Umberto Baldo
Il dibattito sul disegno di legge sul fine vita, che la Consulta sollecita dal 2019, si sta trasformando, più che in una discussione parlamentare moderna, in un Sinodo teologico.
Non si cercano soluzioni praticabili e giuste per cittadini reali, ma si celebrano liturgie dottrinali degne dei Concili di Nicea o Calcedonia. Con un’aggravante: lì si parlava di dogmi religiosi; qui si dovrebbe parlare dei diritti civili.
Avete capito bene: la politica italiana si interroga, nel 2025, non su come aiutare chi vorrebbe porre fine a sofferenze insopportabili, ma se esista o no un diritto a morire.
Roba da Padri della Chiesa, con in sottofondo il latino dei Sacri Palazzi e l’odore d’incenso, più che l’urgenza di dare risposta a cittadini condannati ad un’agonia insensata.
La novità è che da ieri sarebbe pronto la bozza di una nuova legge, elaborata (dopo infinite mediazioni) dalle forze di destra al Governo del Paese.
Al riguardo ritengo che alcune “perle” meritino una lente d’ingrandimento (anche se specifico che le mie considerazioni derivano dalle informazioni di stampa e media, e non dall’analisi dell’articolato, ovviamente non ancora disponibile).
Ricordiamoci il contesto: la Corte Costituzionale ha fissato condizioni chiarissime per poter accedere alla morte medicalmente assistita. La persona deve: essere maggiorenne, capace di intendere e volere, affetta da patologia irreversibile e fonte di sofferenze intollerabili, dipendente da trattamenti di sostegno vitale, inserita in un percorso di cure palliative.
Ecco, date queste condizioni, che fare? Chi deve dire “sì” a quella richiesta estrema, consapevole e lucida?
Qui si entra nel grottesco. La maggioranza pare voler escludere un Magistrato, che è una figura terza e garante per definizione. Meglio, si dice, affidare tutto a un “Comitato di valutazione” (fino alla bozza finale definito non a caso “Etico”).
Sette membri: giurista, bioeticista, anestesista, palliativista, psichiatra, psicologo e infermiere.
Ma attenzione al dettaglio: questo comitato sarebbe Unico, Nazionale, e nominato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ed è qui che l’etica diventa inevitabilmente politica. Perché se il Governo di turno è influenzato, anche solo culturalmente, dalle posizioni del Vaticano o dei Pro Vita, c’è il serio rischio che a decidere sul tuo dolore estremo non siano medici o giuristi laici ed indipendenti, ma persone influenzate dall’ideologia di chi pensa che la sofferenza sia “redentrice”.
E come redimersi meglio che attraverso le “cure palliative?” Peccato che il monitoraggio dell’Agenas, pubblicato a maggio, abbia certificato che solo 9 Regioni su 21 garantiscono un’Unità di cure palliative in almeno l’80% dei distretti sanitari, quando l’obiettivo fissato dalla legge sarebbe quello di raggiungere il 90%. Mentre un’indagine dell’Associazione italiana cure palliative ha verificato che per assicurarle a chi ne ha bisogno ci vorrebbero il doppio degli 8.590 medici oggi disponibili.
Ora, veniamo al nodo vero, quello che nessuno vuole toccare.
Esiste un diritto a morire? Formalmente, no. Perché il diritto comporta un correlato dovere per qualcun altro. E nessuno, giustamente, può essere obbligato ad aiutarti a morire.
Ma la facoltà di morire – cioè il suicidio – è innegabile: nessuna legge può impedirti di buttarti da un ponte, o di spararti un colpo in testa.
Se puoi farlo da solo, nessuno ti ferma.
Il problema nasce quando non puoi. Quando non puoi più muovere nemmeno un dito. Quando sei ostaggio del tuo stesso corpo.
Ed è qui che esplode l’ipocrisia del nostro tempo.
Chi è in grado di uccidersi, può farlo in silenzio, da solo.
Chi invece è bloccato, immobilizzato, deve supplicare, chiedere, aspettare il permesso, magari del Comitato Etico nominato da un Governo che ti dice che “no, non sei abbastanza sofferente, puoi resistere ancora”.
E allora, lo dico chiaramente: il paradosso è crudele, inumano.
Se sei sano puoi scegliere di morire. Se sei devastato, no.
Come se il dolore fisico e psichico fosse meno degno di rispetto della libertà teorica e dei dogmi religiosi.
Come se la morte dovesse continuare a portarsi dietro una colpa, un sospetto, una censura morale.
Lo Stato, in tutto questo, dovrebbe avere il coraggio di farsi carico del dovere di umanità.
Non incentivare la morte, certo. Ma nemmeno ostacolarla quando è l’ultima, ragionevole, estrema richiesta di una persona che ha già perso tutto, tranne la propria coscienza.
E invece, si cincischia. Si rimanda. Si affida la decisione a comitati controllabili e controllati.
Perché, in fondo, la politica italiana non vuole decidere. Vuole nascondersi dietro pareri tecnici e burocrazie etiche.
Così, alla fine, a decidere sul tuo dolore non sarai tu. Non sarà un giudice. Non sarà nemmeno un medico. Sarà lo Stato. Uno Stato che ti dirà: “Devi continuare a soffrire. Non perché sia giusto, ma perché noi abbiamo paura di dire che morire, a volte, è un diritto. E aiutarti, un dovere”.
E a tal proposito arriva l’ultima beffa, perché nel testo arrivato ieri sera in Comitato ristretto si legge che «il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il Servizio sanitario nazionale non possono essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita». Ossia bisogna pagarseli da sé.
E’ evidente la volontà di lasciare fuori l’unico organismo, il Servizio Sanitario Nazionale, in grado di garantire parità di accesso e trattamento, creando un’area grigia dove potrà infilarsi il privato.
Quindi il messaggio che passerà sarà questo: se hai soldi le strutture private saranno ben liete di aiutarti a lasciare questa valle di lacrime; se non li hai non ti resta che pregare ed invocare la morte.
Umberto Baldo
PS: Perché la politica non promuove una sorta di referendum “sondaggio” fra gli elettori? Ve lo dico io. Perché quegli scappati di casa che ci governano hanno il terrore di scoprire che il popolo è più avanti della politica, come successe con il divorzio e l’aborto. Nel qual caso dovrebbero prenderne atto; e togliersi dalle palle!
PS 2: domani Giorgia Meloni sarà in visita dal Papa e dal Segretario di Stato Parolin. Chissà, a voler essere maliziosi magari una fumata bianca potrebbe spianare la strada ad una legge che gli italiani attendono da sei anni.