8 Agosto 2022 - 12.03

Dati sul lavoro sommerso: giro da più di un miliardo di euro

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Come ogni anno, è stato presentato il rapporto sull’economia sommersa italiana che, per quanto pesante, soprattutto al Sud, sembra venire ignorato come ogni anno dalle alte sfere. Secondo le ultime stime, l’Italia avrebbe bisogno di 800 milioni di entrate per funzionare a pieno regime, ma si trova di fronte ad un sommerso, comprendente lavoro nero e criminalità organizzata, tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro, realizzati da più di 3 milioni di lavoratori irregolari.

Sull’economia parallela servono interventi incisivi e coraggiosi”.

L’Italia presenta ogni anno, come fosse una liturgia, il rapporto sul sommerso che, per quanto pesante, specie al Sud, torna puntualmente nel cassetto. Dalle ultime stime infatti risulterebbe che l’Italia ha bisogno di 800 milioni di entrate per far funzionare il sistema Paese (dati 2019) a fronte di un sommerso valutato (tra nero e criminalità organizzata) tra un miliardo e un miliardo e mezzo realizzato da 3milioni e 200mila lavoratori irregolari. Così come dal quel cassetto non è mai uscito il rapporto della commissione parlamentare sulle condizioni del lavoro in Italia, presieduto dal senatore Bressa e realizzato dal maggio 2021.

“Tanto eclatanti sono i dati, tanto inadeguati e tardivi i rimedi che, anzi, con il reddito di cittadinanza hanno subìto ulteriore degrado – commenta Sandro Venzo, componente della Giunta Esecutiva di Confartigianato Imprese Vicenza con delega al contrasto all’illegalità -. Occorre cambiare, pena l’inutilità di questi e tanti altri rapporti. Quando c’è una denuncia occorre contemporaneamente spiegare quanto fa lo Stato, in tutte le sue articolazioni, per porre rimedio. Nel nostro Paese non c’è quasi mai un nesso tra fatti denunciati e responsabilità. Potremmo dire che siamo tutti responsabili e irresponsabili al tempo stesso. Ma così non può andare. E non comprendiamo come mai lo Stato non utilizzi le banche dati che già possiede e quelle a cui ha accesso”.

Le attività fuorilegge non vivono in bolle di sapone ma in capannoni veri, affittati da qualcuno, usano energia elettrica, mandano merci attraverso la logistica, eseguono operazioni bancarie seppure di fantasia. C’è un complesso di connivenze non difficile da capire, basta averne la volontà.

Venzo pone un altro interrogativo: “Perché continuiamo a essere così autoreferenziali in particolar modo quando gli strumenti messi in opera non portano ad apprezzabili risultati? Ci sono Paesi, ad esempio la Germania, dove questi fenomeni sono ben più marginali e più efficacemente contrastati. Perché non copiare qualche buona pratica?”

“Per quanto riguarda il Veneto non ci sto a fare di ogni erba un fascio – prosegue Venzo -. Una cosa è il sommerso (che va comunque combattuto), un’altra cosa sono le attività in condizione irregolare – che agiscono al di fuori di ogni regola – che ogni tanto vengono individuate, purtroppo ancora poche, dalla Guardia di Finanza nonostante l’impegno di quest’ultima”.

Sono attività che producono in assenza di regole, alimentano con la contraffazione i danni al “made in Italy” e l’impiego illegale di manodopera.

In questo contesto un ruolo importante riveste il dialogo tra le parti sociali: “Il tempo delle contrapposizioni è finito, serve un confronto franco, un’alleanza virtuosa per scrivere nuove regole avendo un unico obiettivo comune: la dignità del lavoro, di tutti e tutte. C’è tempo fino al 25 settembre per avanzare proposte, anche un poco controcorrenti anche fuori dagli schemi, visto che gli ‘schemi’ fin qui adottati hanno prodotto ben pochi risultati, ma che vanno nella direzione di risollevare, sotto molti punti di vista, il Paese”, continua Venzo.

Riempire con cadenza annuale le pagine con i dati del sommerso lasciando poi tutto immutato, alimenta la frustrazione del cittadino e delle imprese che rispettano le regole e rilancia lo scontro tra Nord e Sud.

“Lo Stato – conclude Venzo – ha i mezzi per contrastare questa deriva, anche se pare ineluttabile. Batta un colpo e sarà più credibile”.

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