19 Giugno 2025 - 10.51

Dal Pci al Pride: il Pd che canta ‘Imagine’ mentre il mondo brucia

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di Geopoliticus

C’è qualcosa di sublime, quasi poetico, nello spettacolo che ci offre oggi il Partito Democratico.
Non più un Partito, ma una performance permanente, una sorta di happening post-ideologico in cui le mozioni si scrivono su cartoni da corteo, e le linee politiche si declamano tra i carri colorati di un Gay Pride ed un flash mob femminista (avendo cura di non attaccare gli Ayatollah in nome dell’anti sionismo).
Detta in altri termini, è davvero penoso, e forse è anche una forma di nemesi storica, questo spettacolo offerto oggi dalla sinistra italiana.
Una sinistra che per decenni si è fatta beffe dei compromessi altrui, dei balbettii della dirigenza riformista, ma che ora, disponendo di tutte le leve interne al suo Partito, non riesce a proporre altro che confusione ideologica, slogan vuoti e pose da festival alternativo.
Il Partito Democratico si è trasformato così in una sorta di mini-Woodstock permanente, con bandiere arcobaleno, diritti declamati come fossero cori da stadio, ed una visione del mondo in ritardo di almeno trent’anni.
Ed è riemerso sulla scena politica italiana grazie al nuovo corso schleiniano, dominato da piazze, social, slogan, e da un perenne inseguimento della sinistra massimalista, terzomondista, radicale e populista
Elly Schlein, la sacerdotessa di questo culto politico new age, guida un’armata Brancaleone in cui gli ex bersaniani, gli ex lettiani, gli ex renziani e i mai stati niente, si muovono a tentoni come anime in cerca d’autore… o almeno di un cartello da sventolare.
Nel frattempo, mentre a Bruxelles si discute di difesa europea e a Mosca e a Tel Aviv si sventolano testate nucleari come noccioline, il Pd riflette profondamente.
E partorisce una linea limpida come un collage di Bansky:
“Siamo per la difesa comune, ma non per il riarmo.”
Tradotto: facciamo l’esercito europeo, ma armato di fiorellini di campo, con divise unisex e armi biodegradabili.
In caso di attacco, è prevista la controffensiva a colpi di sorrisi, cori e coreografie.
L’inno? “Imagine”, ovviamente, e in seconda battuta “Bella Ciao” remixata in versione trap da qualche artista gender fluid.
Il tutto innalzando al cielo l’articolo 11 della Costituzione come scudo magico.
Peccato che Putin e gli altri autocrati, con l’articolo 11, ci si puliscano il culo.
E lo fanno apertamente.
Ma il Partito, sempre quello dei Pride e dei selfie con i cartelli, continua a dichiarare di essere “per la difesa comune, ma non per il riarmo”, come se l’esercito potesse essere addestrato a combattere a cuscinate, a sputi o, nel caso peggiore, a palle di neve.
E non può che essere così, visto che Elly e il suo Partito dei Centri Sociali sono troppo impegnati a praticare il loro antibellicismo estetico: in una narrazione pseudo-pacifista, antiatlantista, a tratti perfino antioccidentale, che si contrappone perfino alla linea del PSE europeo — che almeno conserva un senso di realtà geopolitica.
Per la Segretaria e i suoi fedelissimi, la priorità non è l’Ucraina, né l’Europa, né Israele, né l’Iran: la vera ossessione è serrare le fila del “campo largo”, inseguire i voti dei pacifinti grillini e blandire quella sinistra estrema che vive ancora nell’illusione che basti “condannare la guerra” per fermarla.
Per Elly ed il suo Politburo i veri nemici non sono Putin, Khamenei, o i tagliagole di Hamas.
No. Il vero nemico è la Nato, l’Occidente, il patriarcato militare-industriale e, talvolta, perfino il pensiero razionale.
La linea del Partito, ormai, è quella della narrazione creativa: si dipingono scenari in cui l’Ucraina dovrebbe arrendersi con stile, Israele dovrebbe difendersi “proporzionalmente” (cioè mai), e l’Europa dovrebbe dialogare con chiunque, anche con Satana, purché abbia il cappello palestinese in testa e una bandiera verde in mano.
E no, non ha senso assimilare questo Pd ai comunisti di una volta. È quasi blasfemo.
Perché una volta, nel bene o nel male, c’era chi nel centrosinistra sapeva decidere: D’Alema, sì proprio lui, da premier non ebbe esitazioni nel sostenere i raid aerei Nato sulla Serbia.
Altro che “cuscinate etiche”.
Questi gandhiani in salsa italica invece, se li minacci con una sberla, ti rispondono con un tweet, e un disegno con la colomba.
Il tutto ovviamente in nome della pace, s’intende.
Una pace mistica, scollata dalla realtà, una sorta di nirvana geopolitico dove si galleggia nell’illusione che i conflitti si risolvano con una petizione online ed un concerto benefico.
Non chiamateli più eredi del Pci, ma neppure figli del riformismo.
Sono piuttosto i nipoti confusi di un rave finito male, quelli che hanno ereditato le chiavi di casa ma non sanno dove stanno i rubinetti.
La sinistra tricolore di oggi non è più tragica. È diventata comica.
Ma è una commedia dell’impotenza: fatta di parole, cori e bandiere.
Tutto il contrario della politica.
E così E mentre il mondo brucia, Elly e i suoi camminano tra le rovine con la faccia ispirata di chi sta salvando il pianeta.
A forza di parole, parole, parole.
Come cantava Mina.
O era Schlein?
Geopoliticus

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