14 Settembre 2022 - 9.33

Come i ladri di Pisa: c’è la crisi ma si aumentano gli stipendi!

di Umberto Baldo

Conoscete l’espressione “fare come i ladri di Pisa”?

Si tratta di un vecchio detto della tradizione toscana, che nulla ha ovviamente a che fare con gli attuali residenti nella città della torre pendente, che vuole che i ladri di Pisa andassero a rubare insieme durante la notte, e poi litigassero fra loro tutto il giorno per dividere il bottino.

Questa immagine mi è tornata alla mente ieri dopo aver letto la notizia che un emendamento al Decreto aiuti bis (ma si, quello nato per contrastare il caro-bollette, e che si era bloccato sulla responsabilità penale nella cessione dei crediti del Superbonus 110%), ha autorizzato la deroga al tetto delle retribuzioni per: il Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, il Comandante Generale dell’Arma dei carabinieri, il Comandante Generale della Guardia di finanza, il Capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, il Capo di Stato maggiore della Difesa, i Capi di Stato Maggiore di forza armata, il Comandante del comando operativo di vertice interforze, il Comandante generale del corpo delle capitanerie di porto, i Capi dipartimento dei ministeri, il Segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri, e i Segretari generali dei ministeri.

Ho voluto fornirvi l’elenco completo dei beneficiari contenuto nell’emendamento, così come riportato dagli organi di stampa, per farvi capire che stiamo parlando dei ruoli apicali della Pubblica Amministrazione, personaggi che, giustamente, godono già di un trattamento retributivo di tutto rispetto.

Facendo un passo indietro, il Governo Renzi a suo tempo stabilì un tetto alle retribuzioni dei Dirigenti pubblici, fissandolo in 240mila euro lordi annui.

L’emendamento approvato ieri fa saltare questo tetto per i ruoli apicali indicati nell’elenco, stabilendo che venga riconosciuto su proposta del Mef «un trattamento economico accessorio per ciascuno, di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo» per le esigenze indifferibili (che ha una dotazione annua di 25 milioni di euro).

Al di là della consueta formulazione volutamente contorta per aggirare la chiara normativa sul tetto agli stipendi, in parole povere significa che ci sono 25 milioni di euro da spartire fra i beneficiari sopra indicati.

In altri tempi una norma del genere, approvata a pochi giorni dalle elezioni, si sarebbe definita una “marchetta elettorale”, ma io credo che, data l’esiguità numerica dei destinatari del beneficio, non si tratti di questo.

Sicuramente ritengo eticamente discutibile, oltre che inopportuno, questo aumento retributivo in piena crisi economica, con i cittadini “comuni” che già fanno fatica a pagare le bollette, che vedono il costo della vita lievitare giorno dopo giorno, e che non sanno se quest’ inverno potranno scaldare casa.

Ma la cosa che fa schiattare di rabbia è che, a cose fatte, a norma approvata, la stessa non abbia né padre né madre.

Non sarebbe partita dal Ministero dell’Economia, né da Palazzo Chigi, dal quale anzi è filtrato “disappunto”, e si è definita la deroga frutto di una “dinamica squisitamente parlamentare” e di intesa tra i partiti.

Ma allora com’è andata?

A quanto è dato sapere dalle ricostruzioni di stampa, tutto sarebbe nato da un emendamento presentato dal senatore di Forza Italia Perosino.

L’emendamento in questione sarebbe poi arrivato in Aula dal Ministero dell’Economia, con il parere favorevole del Governo a tutto il Decreto.

Ma il Ministero precisa di aver fornito “solo un contributo tecnico sulle coperture», e che si tratterebbe comunque di un “emendamento parlamentare per la cui attuazione è necessario un provvedimento successivo”.

Matteo Renzi ha sottolineato su Facebook: “Quello è un tetto che avevo messo io, oggi il Governo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto, e saltassero 17 miliardi di aiuti alle famiglie”.

Ma abbiamo già visto che il Ministero dell’Economia ha preso le distanze, definendo il proprio intervento come “contributo tecnico” (in altre parole si sarebbe limitato a trovare la copertura di 25 milioni).

Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, a nome del Pd, hanno detto di “non condividere” l’emendamento, e annunciato anche la presentazione alla Camera di “un ordine del giorno al Dl Aiuti bis, impegnando il Governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile ,e cioè nel Dl Aiuti ter.

Ma allora perché l’hanno votato se non lo condividevano?

Per chiarezza va comunque specificato che, a quanto si è appreso, l’emendamento di cui trattasi è stato votato in Commissione, prima dell’approdo in Aula, da Partito Democratico, Forza Italia e Italia viva, mentre si sarebbero astenuti Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle.

A questo punto capite bene che questa vicenda sembra una farsa.

Forse anche non voluta, innescata sì dalla “manina” di un parlamentare furbacchione (iniziativa individuale? Mah!), ma portata a termine perché, nella fretta di chiudere, i Partiti avrebbero approvato l’emendamento senza essersene persino accorti.

Il che però la dice lunga su quanta attenzione mettano i nostri Demostene superpagati quando “lavorano per noi” in Parlamento.

Adesso, di fronte allo sconcerto dei cittadini, ed ai commenti indignati della stampa e dei media, come avete capito tutti si affrettano a prendere le distanze, e ad accusarsi reciprocamente.

Avete capito adesso perché mi sono ritornati alla mente i ladri di Pisa?

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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