19 Dicembre 2022 - 12.15

A Natale puoi… fare le peggiori cose?

di Alessandro Cammarano

Una celebre canzoncina che da alcuni lustri fa da sottofondo alla pubblicità di un celebre dolce natalizio prodotto da un’altrettanto famosa azienda dolciaria veronese ci ricorda che “A Natale si può fare di più”.

Nobile sentimenti invero: peccato, che nonostante il coretto intonato davanti alla tavola imbandita inviti a deporre qualsiasi pensiero malevolo per sostituirlo con ideali degni del miglior Dickens, il “si può fare di più” trovi spesso – e in questo periodo più che mai – declinazione negativa, rivelando il lato peggiore di più di qualcuno; perché si può fare di più anche nel senso deteriore del termine.

“Andrà tutto bene” si scriveva sulle lenzuola appese ai balconi del Lockdown e invece non è andato tutto bene per niente.

Chi scrive si farebbe tatuare un ritratto di Schopenhauer sul bicipite e di conseguenza non nutre grandissima fiducia nel genere umano, che dal canto suo non fa comunque granché per farsi voler bene; poi si dice che uno preferisce i gatti.

La pandemia e tutto quello che ne è derivato non ci ha resi migliori o semplicemente più comprensivi verso gli altri, anzi ci ha scatenati portando allo scoperto quello che prima si teneva in qualche maniera sopito.

Maleducati, intolleranti, sottilmente razzisti lo eravamo pure prima del marzo 2020 ma ci vergognavamo a manifestarlo apertamente; adesso la cialtroneria è completamente sdoganata e anzi ci si fa vanto delle proprie capacità sopraffattorie esternandole “apertis verbis”.

I social, Twitter in particolare, traboccano di post velenosi anche sugli argomenti più banali; l’insulto è all’ordine del giorno e con termini assolutamente espliciti.

In più da quando è arrivato Elon Musk in veste di padrone-despota orde di disagiati si sono riversate, solo che invece di cinguettare latrano come cani rabbiosi e schiumanti. I peggiori sono quelli con la “Z” filoputin tra le emoticon poste vicino al loro nickname – i vigliacconi raramente si identificano con nome e cognome preferendo un comodo (per loro) anonimato” – magari con un “patriottico” tricolore generalmente sbagliato perché i geni confondono la bandiera italiana con quella ungherese o irlandese.

Facebook non è da meno, anzi sotto certuni aspetti è pure peggio: l’inflessibile algoritmo censura inesorabilmente le statue greche come “nudità” lasciando correre su interventi razzisti, antisemiti o omofobi o semplicemente volgari. Hai voglia a segnalare, il “team” risponderà invariabilmente che “il post non viola i nostri standard”. Dunque campo libero agli haters: bello no?

Questa comunque è la punta dell’iceberg perché la vita vera è di gran lunga peggiore.

Tornando al Natale, periodo tradizionalmente dedicato agli acquisti si sono visti comparire nei negozi avvisi tipo “No bancomat sotto i 60 euro” o direttamente “Solo contanti”, il tutto prima che la norma presente nella bozza della Legge di Stabilità fosse portata all’esame del Parlamento, approvata ed entrata in vigore. Però, si sa, gli italiani sono maestri nel vendersi la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Tutti più buoni, eh? Per la cronaca è saltato tutto e col bancomat si potranno continuare a pagare anche le Goleador al bar.

Ci commuoviamo per un gattino avvolto in una copertina rosa, per un coniglietto che sgranocchia una carota, per un cagnolino che saltella nella neve – Instagram e TikTok sono pieni di queste cose – ma di una bambina di cinque anni morta a seguito del naufragio di barcone al largo di Lampedusa importa poco, anzi i commenti da social vanno da “Poteva fare a meno di imbarcarsi” a “Se se ne stava a casa sua non le sarebbe successo”: cinque anni, signori, cinque anni e la colpa di essere nata povera e di un altro colore, ma i “caritatevoli” sono facili al giudizio che non ammette appello o contraddittorio.

Anche gli operatori sanitari – gli stessi che durante il periodo più buoi del Covid erano “angeli” – sono nel mirino dell’intolleranza più ignorante e violenta.

Siccome tutti sanno tutti, soprattutto “perché lo dice Google” o “me lo ha detto mio cugino”, il medico è diventato una figura di secondo piano rispetto alla conoscenza in rete.

Il dottor Giorgio Falcetto è stato ucciso a colpi di accetta nel parcheggio Policlinico San Donato a Milano da un paziente che lo accusava di averlo curato male. “Per colpa tua ho sempre mal di testa e nausea” gli avrebbe detto l’uomo al quale il medico aveva somministrato due flebo per curare una cervicalgia due anni fa. Davvero pervaso dallo spirito natalizio il signor Benedetto Bifronte, questo il nome dell’aggressore.

Per alleggerire un po’ concludiamo con le quotidiane risse televisive che animano i cosiddetti “programmi di approfondimento”, durante i quali l’insultarsi reciprocamente la prassi e dove si invitano estetiste a pontificare sui vaccini e attori di serie B ad esprimersi sul conflitto in Ucraina, ovviamente insieme ad economisti da scuola per corrispondenza e filosofi laureati all’università della vita.

C’è solo un modo per sapere se a Natale siamo tutti più buoni: chiediamolo ad un cannibale.

Alessandro Cammarano

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