16 Maggio 2022 - 15.45

Vi dice niente il nome Rutenia?

di Umberto Baldo

La guerra in Ucraina sta riportando a galla tensioni, appetiti, rivendicazioni territoriali, che ritenevamo retaggi di altri tempi, ma che dimostrano invece che certe ripartizioni statuali, certe spartizioni decise a tavolino durante le conferenze internazionali del passato, in realtà non solo non hanno risolto i problemi, semplicemente li hanno soffocati, li hanno nascosti; ma le vittime di queste divisioni “artificiali” sono pronte però a rimetterle in discussione non appena se ne presentino le condizioni.
E’ l’eterno problema dei confini degli Stati, che altro non sono se non convenzioni, magari secolari, ma pur sempre convenzioni.
Quando pensiamo agli Stati la nostra mente visualizza in automatico le mappe geografiche che disegnano i contorni di ogni singolo Paese, solitamente distinguendolo dagli altri con un colore diverso.
Ma sulle carte geografiche cosiddette “fisiche” non esistono né i colori né i confini!
Il pianeta terra non ha frontiere, e così una catena montuosa determina uno spartiacque, un fiume divide due territori, ma non diventano automaticamente dei “confini”. Questi li creano gli uomini!
E per avere un’idea che le linee che demarcano gli Stati non sono altro che artifici frutto di scontri, di lotte, di guerre, basta guardare la mappa politica dell’Africa per rendersi conto che i confini sono stati tracciati davvero col righello dagli europei nel periodo coloniale, durante il congresso di Berlino del 1885, per spartirsi gli Stati africani, senza rispettare le identità e le tradizioni.
Gli africani non avevano mai avuto l’idea di confini che abbiamo noi europei, e in conseguenza di quella forzatura ancora oggi etnie diverse si trovano a convivere nello stesso Stato, o etnie uguali sono costrette ad una separazione territoriale da assurde divisioni territoriali.
Ma la stessa cosa vale per la Siria o l’Iraq, solo per fare altri due esempi, ed un po’ per tutti gli Stati che vennero creati a seguito del collasso dell’Impero Ottomano.
In Europa le cose sono sempre state meno nette, perchè l’attuale articolazione degli Stati europei è il frutto di secoli e secoli di guerre, addirittura a base religiosa come quella dei 30 anni, che hanno ridisegnato i confini innumerevoli volte, generando enclave etniche, meglio minoranze etniche, che danno vita ad un coacervo di nostalgie, revanscismi, ed instabilità politiche.
Tanto per non restare sull’astratto, calandoci nella realtà di questo periodo, vi faccio un esempio; vi dice niente il nome Rutenia?
Forse farà riaffiorare qualche ricordo negli appassionati di storia, ma sono certo che per la quasi totalità di voi non voglia dire proprio nulla.
Tanto per fornirvi qualche indicazione, Rutenia è il nome storico della Transcarpazia, che è una regione dello Stato Ucraino dal 1946, ma che fu addirittura indipendente nel 1939 con il nome di Ucraina Carpatica.
Ma è importante ricordare che nel corso della sua storia la Transcarpazia è rimasta sotto il controllo ungherese addirittura dal 1526 al 1918.
La popolazione è sempre stata divisa fra russofili e ucrainofili. Quindi questo problema di tipo “etnico” si trascina da secoli e secoli.
La verità è che quel mondo che va dai Balcani ai Carpazi all’Ucraina è stato sconvolto alla fine della prima guerra mondiale, quando è venuto meno l’Impero Austro Ungarico, che pur tra mille difficoltà faceva da collante fra tutte queste etnie diverse, unitamente, come accennato, al crollo dell’Impero Ottomano.
Il Trattato di Saint-Germain del 1919 inevitabilmente creò nuove tensioni in tutta l’Europa orientale, ed anche in Transcarpazia, tra una parte di popolazione che premeva per l’indipendenza, un’altra che auspicava l’annessione alla Russia, e un’altra ancora che premeva per l’unione con l’Ucraina.
Ne seguì un rimpallo della Regione tra Cecoslovacchia e Unione Sovietica, fino all’occupazione della Germania nazista, che comportò il distacco della Rutenia subcarpatica. Che fu brevemente indipendente, per poi subire l’invasione dell’Ungheria, tornando a far parte di quest’ultima.
Fu poi la regione stessa a decidere di entrare a far parte dell’Unione Sovietica nel 1944, tramite un voto dell’assemblea nazionale rutena.
Fu a questo punto che nacque la Transcarpazia di oggi, fino all’annessione all’Ucraina che risale al 1991.
Vale la pena di sottolineare anche, e basta guardare la carta dell’Ucraina per verificarlo, che la Transcarpazia dista circa un centinaio di chilometri da Leopoli, e soprattutto confina con l’Ungheria; quindi siamo veramente nel cuore dell’Europa.
A questo punto vi starete certamente chiedendo: ma perchè tutta questa lezioncina di storia e geografia?
Semplicemente perchè la Transcarpazia è sempre stata motivo di attrito fra Ungheria e Ucraina, in quanto questo territorio rientra nel sogno imperialistico proibito della Grande Ungheria, coltivato anche da Viktor Orban.
Il quale negli ultimi anni ha investito massicciamente in Transcarpazia, arrivando a concedere passaporti ungheresi a cittadini ucraini filo magiari, e finanziamenti ai partiti politici delle minoranze ungheresi.
Fino ad arrivare, nel 2019, persino ad istituire un “Commissario ministeriale per lo Sviluppo economico della Transcarpazia”, cosa che fece ovviamente imbufalire il Governo Ucraino, che rispose con perquisizioni nelle sedi dei due partiti filo ungheresi.
Va da sé che fra Ungheria e Ucraina la tensione sia ultimamente salita alle stelle, anche perchè a Kiev c’è chi ritiene che non solo Orban fosse stato preventivamente informato da Putin dell’invasione in Ucraina, ma che avesse addirittura in animo di valutare, in caso di vittoria russa, l’annessione della Transcarpazia, dove vive una minoranza ungherese di circa 150mila persone.
E questa lettura spiegherebbe le posizioni ambigue di Orban sulle sanzioni alla Russia, che hanno portato ad incrinare forse per sempre il cosiddetto blocco di Visegrad.
Io ritengo che per quanto a Budapest si continuerà anche nel futuro a coltivare il sogno della Grande Ungheria, sia altamente improbabile una qualsiasi iniziativa ungherese volta all’annessione della Transcarpazia.
Ma ciò non toglie che, come accennato, gli esiti delle due guerre mondiali, congelati nei trattati di pace, siano ancora alla base dell’instabilità che regna sovrana in tutta l’area che va dai Balcani ai Carpazi, in cui covano sotto la cenere odi etnici, contrapposizioni religiose, rancori secolari, desideri di rivalsa, che la rendono una polveriera pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
Ecco perchè, dalla Transnistria (altro piccolo territorio poco conosciuto, formalmente moldavo ma controllato dai russi) al Kosowo, dalla Transcarpazia alla Bosnia Erzegovina, in queste aeree la realtà non è mai bianca o nera, ma a dominare sono sempre tutte le sfumature di grigio, colore funzionale a tutti gli avventurieri.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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