6 Giugno 2021 - 8.47

Veneto turismo in crisi, manca personale: paghe troppo basse, meglio il divano..

Nell’euforia per la “zona bianca” appena agguantata, per una stagione turistica che, dopo il “nulla di fatto” dell’anno scorso, promette milioni di vacanzieri sulle spiagge, sulle montagne o nelle città d’arte, si percepisce la nota stonata dell’allarme degli operatori economici del settore relativamente alle difficoltà di trovare personale qualificato.
E così mentre alberghi e ristoranti sono pronti ad accogliere nuovamente i clienti, si contano le carenze di chef, receptionist, maitre, barman, capisala, ma anche di camerieri ai piani o lavapiatti.
Un buco nero che rischia di mettere in difficoltà l’imminente stagione, che dovrebbe essere quella di rilancio, e che, tanto per fare un esempio a noi vicino, nel solo Veneto vale oltre 18 miliardi di euro di Pil regionale.
A voler dire la verità si tratta di un fenomeno che aveva cominciato ad affacciarsi anche in anni precedenti, ma che ora è esploso in seguito al sostanziale stop imposto per oltre un anno dalla pandemia al settore turistico, che ha costretto decine di migliaia di lavoratori del settore turismo/ristorazione a cambiare lavoro per riuscire ad arrivare a fine mese.
Inutile dire che, come ormai è norma nel nostro Paese, il problema è diventato anche “politico”, con i Partiti che si sono messi a cavalcare la tigre, ognuno tirando la corda ovviamente dalla parte ritenuta più utile ai fini del consenso elettorale.
E se il problema assume valenza politica, è naturale che se ne impossessino poi anche giornali e media.
E quindi paginate su paginate sui quotidiani, e ore e ore di talk show durante le quali accapigliarsi, lanciarsi accuse, e suggerire ricette miracolistiche e risolutive.
Ascoltando questi “scambi di opinioni”, spesso venati di polemica, si percepisce che molti attribuiscono la colpa di questa difficoltà a trovare personale al “reddito di cittadinanza”.
E’ proprio così?
Risponde al vero che i lavoratori preferiscono stare sul divano foraggiati dal bonus statale piuttosto che accettare un lavoro, per quanto non di tutto riposo? E’ proprio vero che il “reddito grillino” sta diffondendo il morbo dell’ ”allergia al lavoro” fra le nuove generazioni?
E’ reale la narrazione che il problema sono i giovani fannulloni, ed i troppi sussidi elargiti dallo Stato?
Il Ministro del Lavoro Andrea Orlando sulla questione si è così espresso: “Se li pagano 300 euro come è stato raccontato, è possibile. Credo che non corrisponda del tutto al vero questa narrazione, si tratta di evitare che il reddito di cittadinanza diventi in qualche modo un ostacolo e su questo stiamo lavorando, però bisogna anche guardare al fatto che un ostacolo significativo possono essere le retribuzioni eccessivamente basse, o il mancato rispetto delle norme contrattuali”.
Ritengo che il Ministro abbia in qualche modo centrato il problema, che non dipende da una sola causa, bensì da un mix di fattori.
Non sono mai stato un estimatore del “reddito di cittadinanza”, concesso ideologicamente senza adeguati controlli a troppi che non ne hanno diritto, e che in certe Regioni è diventato anche un sussidio alla criminalità, ma credo che comunque vada fatta una riflessione sul fatto che un posto di lavoro, e la relativa retribuzione, dovrebbero essere almeno concorrenziali con quello che io chiamo il “reddito del divano”.
Non è possibile che lo stipendio offerto per certe attività sia più o meno quello del “reddito di cittadinanza”, perchè è evidente che così si incentiva appunto l’“allergia al lavoro”, soprattutto fra i giovani.
Ma è altrettanto vero che non è accettabile che ci siano lavoratori costretti a sottostare ad orari di lavoro improponibili, paghe misere, irregolarità che diventano norma, abusi da parte dei datori di lavoro, diritti scambiati per concessioni, sistemazioni logistiche da terzo mondo.
Non lo dico io, bensì i diretti interessati, che hanno dato vita ad un’Associazione che si chiama “Oltre la Piazza”, e che di recente ha chiesto agli iscritti di raccontare le proprie esperienze lavorative.
La mail ha scatenato un vero e proprio uragano di risposte, che mostrano uno spaccato di un settore in cui i lavoratori in molti casi subiscono trattamenti del tutto intollerabili in un Paese avanzato.
E si va dal cuoco che l’anno scorso si è trovato a fare in un hotel di lusso campano un turno di 20 ore (sic!) senza pausa e senza mangiare, alla cameriera che in un ristorante faceva sia il pranzo che la cena, con un nastro orario di 14 ore, mezza giornata libera ogni settimana, senza Tfr, dormendo in un seminterrato con altre 9 persone, e ancora alla 50enne addetta alla lavanderia di un albergo che finiva il turno serale alle 2 di notte, per riprendere la mattina successiva alle 5.
Si capisce bene perchè non ci sia la fila per essere assunti a queste condizioni!
Non va comunque trascurato però anche l’ effetto distorsivo che una misura come il reddito di cittadinanza ha su questo mercato del lavoro stagionale, nel senso che può disincentivare chi lo percepisce ad accettare lavori in regola, inducendolo a preferire il lavoro nero, magari a paga ridotta, ma continuando a percepire anche il sussidio, considerato più sicuro.
Certo la soluzione sarebbe semplice, quella di applicare i contratti di lavoro, che ci sono, e che per la verità una parte sia pur piccola degli operatori turistici rispetta.
Ma dobbiamo purtroppo fare i conti con la realtà del nostro Paese, nella specie del settore turistico, che assai spesso vede micro imprese a gestione familiare, che sovente sopravvivono solo navigando sull’incerto confine del sommerso.
Di fronte a questa tipologia di imprenditori, a poco servono le tabelle salariali dettate dai Contratti nazionali, che normano oltre alla retribuzione anche le regole della prestazione lavorativa, ed i diritti.
Questa è gente che ti dice che per garantire al lavoratore uno stipendio da 1.500 euro, come da Contratti, ne deve sborsare quasi il doppio per tasse e contributi, e che di conseguenza offre le condizioni che può permettersi, e non quelle previste dalle norme.
Da questa realtà derivano le diffuse irregolarità nel settore, il diffondersi dei cosiddetti “contratti pirata”, i “finti” part-time involontari che camuffano contratti full time ( lavoro grigio ) con il duplice scopo di pagare basse retribuzioni ai lavoratori e risparmiare sui contributi, la totale assenza di ferie e permessi, i nastri orari spesso superiori alle 14 ore, l’elevata precarizzazione del lavoro, addirittura il ricorso al lavoro “in appalto”, che vuol dire utilizzare personale non dipendente dall’impresa, bensì fornito da terzi e ulteriormente sottopagato, pratica questa che sconfina nell’illegalità.
Capite bene come questa situazione degli addetti strida di fronte ad un settore, quello turistico, che nel 2018 (dati WTTC) ha contribuito all’economia nazionale con 232 miliardi di euro, essendo così il secondo settore in termini di contributo al Pil (13,2%), prima di quello delle costruzioni ( 11,4%) e della sanità (11,2%), e appena dietro al retail (14,4%).
In conclusione, non esistono soluzioni miracolistiche per ottenere il rispetto delle regole, per invertire una tendenza che in questo settore ha portato ad un progressivo impoverimento del lavoro, che inevitabilmente rende meno interessanti le opportunità occupazionali che pur ci sono.
Ma credo che per un rilancio vero del turismo italiano sia imprescindibile che mondo dell’impresa e mondo del lavoro costruiscano un progetto di sviluppo e rilancio sostenibile dell’intera filiera basato sulla qualità del prodotto, che non può prescindere dalla soddisfazione degli addetti.
Un’ultima notazione. Quando siete al ristorante, o in un albergo, e magari notate qualche “sbavatura” nel servizio di un cameriere piuttosto che della signora che vi rifà la stanza, prima di esprimere un giudizio negativo, pensate che magari si tratta di un uomo o di una donna costretti ad accettare per bisogno uno stipendio misero, e condizioni di lavoro precario.
Invece di lamentarvi, magari alzando la voce, fate loro un sorriso! Spesso vale più di mille parole!
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA