30 Luglio 2025 - 10.03

Turismo da panino e borraccia, l’invasione degli ultra-cheap

Umberto Baldo

Una volta – e non parliamo delle guerre puniche – albergatori e commercianti si lamentavano perché “non c’era nessuno”.
Adesso che l’Italia è invasa come la Normandia il 6 giugno ’44, indovina un po’? Si lamentano lo stesso.
E’ la vendetta del selfie.
Un’intera umanità in ciabatte e canottiera, evocata dagli stregoni digitali chiamati influencer, ha invaso ogni angolo d’Italia col sacro obiettivo di scattarsi una foto davanti a qualunque cosa. Un portone antico, un campo di patate, un cesso panoramico: tutto fa Instagram.
Sono i dannati della vacanza, versione balneare o montana dei gironi danteschi.
Fanno code per ore davanti a una funivia come se li aspettasse Dio in persona, si stipano come aringhe nelle navette per raggiungere la baita trendy, si aggirano per Venezia come anime perse, sfamando i piccioni con briciole di cracker (a volte contesi con i familiari).
Mangiano, quando capita. Panino con la mortadella, in modalità “spartizione socialista”.
I più benestanti? Quelli fanno i generosi: una pizza in quattro. Il bere è riservato agli audaci, o ai milionari: a 1500 metri, una bottiglia d’acqua costa quanto un amarone del 2010.
E allora via, borraccia alla mano, come pellegrini al Giubileo.
Ma qui scatta il cortocircuito. Perché il turista che viene, ma non spende, diventa automaticamente l’invasore barbaro.
Sporco, brutto, cattivo… e tirchio. Una combo micidiale. Sciamano come cavallette e lasciano dietro di sé non solo campi devastati, ma anche ristoratori affranti e negozianti disperati.
Epica l’intervista al presidente dei commercianti di piazza San Marco, il gioielliere Setrak Tokatzian, che col cuore spezzato racconta l’orrore: famiglie che si dividono un piatto di pasta! Gente che beve dalle fontanelle invece di comprare una bottiglietta da 5 euro e 50! Orrore, disgusto, miseria!
«Dov’è la bella gente?» si chiede il nostro Setrak, come se stesse evocando l’epoca dorata di Audrey Hepburn e Cary Grant.
Quella che entrava nei negozi, comprava diamanti, e soprattutto non consumava spazio pubblico gratis. Quella che faceva girare l’economia senza calpestare i prati delle nostre Dolomiti.
E vuoi vedere che, magari, tra un’invasione e l’altra, perfino i residenti – quelli veri, quelli che la città la vivono 365 giorni l’anno – hanno un po’ ragione quando dicono che la qualità della loro vita è scesa sotto quella di un condominio a Kabul?
Vuoi vedere che anche i montanari, quelli che si vedono calpestare i pascoli da file di zombie del selfie, potrebbero avere qualche diritto, tipo non dover rincorrere coi forconi chi si fa la grigliata sotto le Pale di San Martino?
E così, finalmente, anche albergatori e commercianti cominciano a capire che l’overturismo non è il Bengodi che promettono i Ministri del Turismo col sorriso fisso da spot di Trenitalia. Che forse, tra un panino col tonno e una borraccia da Decathlon, non c’è solo Pil da incassare ma anche città da salvare.
Poi, come in ogni fenomeno di massa, arriverà la fase due: quella in cui i residenti, stufi di essere comparse nel Truman Show vacanziero, inizieranno a usare lo strumento più subdolo e potente che hanno: il voto.
E allora voglio proprio vedere il prossimo ministro del Turismo spiegare come monetizzare i piccioni ingrassati a cracker.
Umberto Baldo

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