Sentenza Pfas, una “sentenza storica”: i commenti di enti, istituzioni, amministratori

| Zaia: “Una sentenza che segna un passaggio fondamentale di giustizia per il Veneto. La regione nel 2013 per prima segnalò l’inquinamento” – “La sentenza di oggi della Corte d’Assise di Vicenza, che riconosce il reato di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque e prescrive condanne tra gli 11 e i 17 anni ai vertici della Miteni, è un passaggio fondamentale di giustizia per le comunità venete colpite e per tutti coloro che hanno lavorato con impegno alla ricerca della verità. Fu proprio la Regione del Veneto, su mio mandato, nel 2013, a segnalare per prima alla magistratura – tramite ARPAV – gli effetti gravissimi e irreversibili dell’inquinamento da PFAS, scoperto nell’ambito di una ricerca sperimentale del CNR e del Ministero dell’Ambiente su inquinanti emergenti nei principali bacini fluviali italiani. In Veneto, gli inquinanti furono individuati nei corpi idrici della Valle del Chiampo, in corrispondenza dello stabilimento chimico Miteni di Trissino, poi rivelatosi la fonte primaria della contaminazione che ha interessato oltre 190 km² tra le province di Vicenza, Verona e Padova. In un quadro normativo allora assente, la Regione ha agito con determinazione, imponendo ai gestori idrici la filtrazione delle acque, stanziando fondi per la messa in sicurezza e attivando, nel 2016, un Piano di Sorveglianza Sanitaria aggiornato nel 2018, che ha coinvolto 127.000 cittadini dell’Area Rossa. Abbiamo investito risorse regionali, richiesto e ottenuto lo stato di emergenza nel 2018, e sostenuto in sede giudiziaria una tra le più ampie documentazioni tecnico-scientifiche mai prodotte in un processo ambientale in Italia. Alla Regione Veneto, costituitasi parte civile, la sentenza riconosce oggi un danno superiore ai 6,5 milioni di euro, che i condannati, insieme ai responsabili civili Mitsubishi Corporation e ICIG, saranno tenuti a risarcire. È il riconoscimento del ruolo istituzionale svolto con dedizione, scientificità e trasparenza: un ruolo che ci ha visti in prima linea non solo nel denunciare, ma anche nel rimediare, con l’installazione di barriere idrauliche, filtri a carbone attivo e la predisposizione del progetto di bonifica del sito Miteni. Ringrazio tutti coloro che in questi anni hanno lavorato con rigore, passione e senso civico: tecnici, legali, amministratori. Questa sentenza rafforza il nostro impegno e ribadisce un principio essenziale: chi inquina paga. Il Veneto continuerà a battersi per l’ambiente e la salute, con la stessa determinazione dimostrata sin dall’inizio”.Così il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, commenta l’esito del processo sul disastro ambientale da PFAS, giunta oggi la sentenza del primo grado. |
La dichiarazione del sindaco Giacomo Possamai – «L’applauso liberatorio delle “mamme No Pfas” alla lettura della sentenza della Corte d’Assise di Vicenza testimonia tutta l’apprensione con cui la comunità vicentina, e non solo, ha seguito il lungo percorso giudiziario che ha portato al riconoscimento del reato di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque, prevedendo per i manager della Miteni condanne tra gli 11 e i 17 anni. È un successo storico, frutto dello straordinario coraggio delle mamme no Pfas e di tantissimi attivisti, che ora va consolidato e trasformato in azione politica e legislativa.
L’amministrazione comunale di Vicenza, la cui zona ovest è stata parzialmente interessata dalla contaminazione, ha previsto fin dall’approvazione delle Linee di mandato un’attenzione fortissima al tema, costituendo l’Osservatorio ambientale sul rischio di inquinamento da Pfas con esperti che ci stanno aiutando a comprendere e monitorare il problema, per prevenire qualsiasi nuovo rischio futuro».
| Lanzarin: “Giustizia per i cittadini e riconoscimento per l’azione precoce e lungimirante del Veneto. La sanità regionale è stata in prima linea sin dal 2013” – “La sentenza della Corte d’Assise di Vicenza, che riconosce il reato di disastro ambientale doloso e condanna i vertici della Miteni, è un atto di giustizia atteso da anni e rappresenta un riconoscimento importante per tutte le comunità coinvolte. Esprimiamo soddisfazione per l’esito del processo e un sincero ringraziamento alla Magistratura e agli inquirenti che hanno lavorato con determinazione, rigore e competenza per accertare i fatti e far valere i diritti dei cittadini”.Lo afferma l’Assessore alla Sanità della Regione del Veneto, Manuela Lanzarin, sottolineando che “sin dall’inizio questa vicenda ha visto un impegno corale e coordinato: da un lato l’attività giudiziaria, dall’altro l’intervento della Regione sul fronte della salute pubblica, con una risposta precoce, scientificamente fondata e tempestiva”.“Nel 2013, in un contesto privo di riferimenti normativi specifici – ricorda Lanzarin – la Regione Veneto, attraverso ARPAV e la Direzione Prevenzione dell’Area Sanità e Sociale, segnalò la gravità della contaminazione da PFAS alle Procure delle province di Vicenza, Verona e Padova. In parallelo, fu inviata una richiesta formale al Ministero della Salute per ottenere limiti di riferimento utili alla tutela sanitaria della popolazione”.Da quel momento, spiega l’Assessore, “il Veneto ha attivato una delle più articolate e rigorose risposte sanitarie mai viste in Italia in materia ambientale: piani di sorveglianza sanitaria, biomonitoraggi, studi epidemiologici su mortalità, tumori, patologie cronico-degenerative e salute materno-infantile, oltre a specifici approfondimenti sui lavoratori dell’ex stabilimento Miteni. Gli interventi si sono sviluppati lungo filoni distinti: biomonitoraggio umano (con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità), sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta e sui lavoratori, studio dell’associazione tra PFAS e biomarcatori, oltre alla ricostruzione storica della mortalità delle coorti residenti nell’area contaminata. L’insieme delle analisi è stato trasmesso all’ISS, che ha riconosciuto formalmente la risposta del Veneto come un esempio eccellente di sanità pubblica”, aggiunge l’Assessore”. “La collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità continua – conclude Lanzarin – e, grazie al coordinamento di Azienda Zero e della Direzione Prevenzione dell’Area Sanità e Sociale, sono stati attivati anche recentemente nuovi approfondimenti, fondamentali per monitorare le ricadute sanitarie anche alla luce dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche. Questa sentenza rafforza il nostro impegno: tutelare la salute dei cittadini rimane la nostra priorità assoluta”. |
Acquevenete – Per acquevenete la sentenza di primo grado emessa oggi rappresenta un momento importante, anche se non risolutivo. La società pubblica con sede a Monselice, che gestisce il servizio idrico integrato in 107 Comuni costituitasi parte civile nel processo, prende atto delle condanne inflitte agli imputati, ma esprime profonda amarezza per una vicenda che lascia dietro di sé un danno ambientale e sociale incalcolabile. Il commento di Piergiorgio Cortelazzo, presidente di acquevenete: “Questa sentenza, applicando il principio chi inquina paga, suggella in maniera equa l’importanza della protezione della salute e dell’ambiente, indicando una priorità fondamentale la necessità di introdurre la responsabilità estesa a tutti quei soggetti che producono o utilizzano sostanze poli e perfluoroalchiliche. Bisogna mettere in campo tutte quelle azioni volte a sostituire i Pfas nei numerosi impieghi civili e industriali – aggiunge Cortelazzo – affinché, anche in futuro, i maggiori costi operativi e infrastrutturali per garantire la sicurezza dell’acqua non ricadano integralmente sulle tariffe dei cittadini”.
L’eurodeputata dei Verdi, Cristina Guarda, commenta la conclusione del maxi processo Miteni al Tribunale di Vicenza. – “Questa è una sentenza storica, che va addirittura oltre le richieste dei pubblici ministeri e che ha un valore altissimo per la mia comunità. Viene finalmente riconosciuta la fatica della battaglia, che dura da oltre un decennio, per la difesa della nostra salute, dell’ambiente in cui viviamo e del cibo che mangiamo. Al tempo stesso, la sentenza ha un altissimo valore politico, perché riconosce il principio che ‘chi inquina, paga’. Da oggi, ha più forza la nostra richiesta per un divieto universale dei Pfas a livello europeo,” dichiara Cristina Guarda, eurodeputata dei Verdi eletta nelle liste di Alleanza Verdi Sinistra (AVS), già consigliera regionale in Veneto. “Rimane l’amarezza per il ritardo e le lacune con cui le istituzioni si sono occupate della contaminazione, il più grande caso di inquinamento da Pfas conosciuto al mondo. Da consigliera regionale, dal 2015 ho lottato per acqua priva di Pfas dai rubinetti, studi epidemiologici, campagne di informazione, supporto alle donne che voglio avere figli e ricerche per la sicurezza cibo e tecniche per la tutela delle coltivazione. Non c’è stata la giusta attenzione, le nostre richieste sono sempre state trattate come quelle dei ‘soliti ambientalisti’ che si lamentano: avrei voluto politici impegnati come se fosse la loro acqua quella contaminata, ma non è stato così. Ora la battaglia prosegue in Europa, per la completa rimozione di queste sostanze dai beni di consumo, dalla produzione agricola e industriale,” conclude l’eurodeputata.
Baldin (M5S) – “La sentenza Miteni, come il diniego di ieri al progetto di un inceneritore di fanghi a Fusina, dicono che inquinare non paga. Anzi, costa molto a chi lo pratica, viste le condanne a pene afflittive e i risarcimenti stabiliti dal Tribunale di Vicenza». Così Erika Baldin, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale del Veneto che aggiunge: “Ma, purtroppo, è costato molto di più, ovvero la salute, alla popolazione, alla fauna e all’ambiente delle aree attraversate dai corsi d’acqua inquinati dai PFAS che l’azienda ha sversato nel territorio, nonostante siano state ignorate le denunce delle associazioni ambientaliste, dei comitati civici, delle organizzazioni sindacali e le battaglie del M5S. Ora, occorre necessariamente vigilare affinché non si ripetano situazioni analoghe, mascherate o surrettizie, in nome del profitto”.
| Bottacin: “Primi a denunciare e porre limiti alle acque potabili” – “Oggi si chiude finalmente una vicenda lunga, complessa e dolorosa, che ha segnato profondamente il nostro territorio e il dibattito pubblico negli ultimi anni. Desidero ricordare che la prima denuncia sull’inquinamento da PFAS fu presentata dalla Regione Veneto, attraverso ARPAV, in un momento in cui ancora non esisteva alcun limite normativo per queste sostanze. In questi anni abbiamo anche e sempre garantito la massima collaborazione agli inquirenti, ad iniziare dai Carabinieri del NOE, che hanno lavorato con il supporto di Arpav, e alla Procura, avendo massima fiducia nella magistratura che ha operato con estrema terzietà ed obiettività. E che anche per questo ringrazio”. Lo dichiara l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, a seguito della lettura della sentenza PFAS da parte della Corte d’Assise di Vicenza con cui si chiude un processo senza precedenti in Italia ed Europa: il procedimento penale per il disastro ambientale causato dai PFAS nella zona rossa veneta e che ha visto le condanne dei vertici delle aziende responsabili e il risarcimento dei danni alle parti offese, tra cui la Regione.”In assenza di un intervento statale, ci siamo assunti, pur non avendone la competenza – prosegue l’assessore -, l’onere di fissare limiti precisi sia per le acque potabili che per gli scarichi industriali, assumendoci responsabilità e rischi, ed esponendoci a numerosi ricorsi legali.La Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sugli ecoreati ha successivamente confermato in modo inequivocabile che la competenza in materia di limiti per queste sostanze era e resta dello Stato.Sono stati per me anni difficili, segnati da accuse gravi e infondate, che hanno spesso rovesciato la realtà, dando quasi l’idea che fossi io il responsabile dell’inquinamento. Oggi, con la conclusione di questo processo, si ristabilisce almeno in parte la verità dei fatti.Ma non possiamo fermarci qui – conclude Bottacin-. Questa sentenza rende ancora più urgente l’adozione di limiti nazionali chiari, uniformi ed efficaci per la presenza di PFAS nelle acque e negli scarichi. Su questo, come Regione, abbiamo già dato la nostra disponibilità al Governo per collaborare pienamente.La tutela dell’ambiente e della salute pubblica resta per noi una priorità assoluta”. |
Legambiente: “Oggi sentenza storica e grande vittoria per il popolo inquinato – “Oggi sentenza storica e grande vittoria per il popolo inquinato. Dopo anni di denunce, vertenze e battaglie, portate avanti anche da Legambiente e dai suoi circoli, chi ha inquinato finalmente paga per aver avvelenato senza scrupoli il territorio veneto danneggiando non solo l’ambiente, ma anche la salute dei cittadini. Un grande lavoro, a partire dalla prima denuncia nel 2014 fatta dal Circolo “Perla Blu” di Cologna Veneta e dall’avvocato Enrico Varali coordinatore regionale del Centro di azione giuridica di Legambiente, che in questi anni si sono battuti, dentro e fuori le aule del tribunale, per ottenere ecogiustizia. Con la sentenza di oggi a Vicenza si conclude, infatti, uno tra i più grandi processi di inquinamento ambientale che la storia d’Italia ricordi: il processo ai vertici delle aziende che si sono avvicendate nella gestione del sito produttivo Miteni, oggi condannate per aver contaminato l’acqua da PFAS, compresa l’acqua potabile, della seconda falda acquifera d’Europa a servizio di più di 300.000 persone nella regione Veneto. Ora si proceda quanto prima alla bonifica del sedime inquinato, che ha provocato e continua a provocare una delle più estese contaminazioni acquifere con cui i cittadini veneti sono costretti a confrontarsi da decenni: dalle acque di falda – rese pericolose ai fini idropotabili ed irrigui in un’area di più di 180 km quadrati – ai corsi d’acqua superficiali che attraversano quei territori (Fratta Gorzone, Bacchiglione, Retrone, Adige) esposti ad una persistente presenza di questi forever chemicals, con conseguenze negative per l’ecosistema, la salute e per l’economia produttiva”, questo il commento di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, che unitamente a Legambiente Veneto e al circolo locale si sono costituite parti civili nel processo e presenti oggi in aula alla lettura della sentenza.Per quanto riguarda la bonifica del sito produttivo, in questi giorni, ricorda Legambiente, è arrivato un primo importante segnale, ossia l’approvazione in conferenza dei servizi del Comune di Trissino del “documento di analisi del rischio” propedeutico al progetto di bonifica, che dovrà portare all’elaborazione, entro sei mesi, di un piano di bonifica del sito Miteni a cura di tutte le aziende a vario titolo coinvolte. Rispetto alle acque di falda inquinate non è invece ancora stato attivato alcun percorso.
Luisetto e Bigon (Pd) – “Si tratta di una sentenza esemplare, che ha portato a nette condanne e risarcimenti e che rappresenta una pagina di giustizia da consegnare per sempre alla memoria, come bussola e monito per evitare il ripetersi di un disastro epocale come questo. Una giornata storica per il diritto alla salute di tantissimi cittadine e cittadini del territorio veneto e non solo”. Il commento alla sentenza pronunciata oggi al Processo Pfas è delle consigliere regionali del Pd, Chiara Luisetto e Anna Maria Bigon, presenti stamani in tribunale a Vicenza. Le esponenti dem parlano di “esito che dimostra l’assoluta fondatezza delle accuse e delle denunce sostenute attraverso un impegno civile: impossibile dimenticare in questo senso la battaglia fatta col cuore e con coraggio dalle Mamme No Pfas assieme a tutti i gruppi civici che fin da subito hanno messo in luce e informato sulla pericolosità di queste sostanze. Una tenacia encomiabile la loro, spesso andando controcorrente. Sono stati anni in cui, a livello istituzionale, abbiamo da parte nostra messo costantemente sul tavolo della Regione una richiesta di trasparenza e di intervento, riscontrando purtroppo una passività che deve finire”. “Ora, dopo questa svolta, è il momento infatti di incidere sul fronte della tutela sanitaria e ambientale. Chiediamo due passaggi fondamentali: si dia innanzitutto avvio allo studio epidemiologico fermo da anni per mettere a sistema i dati raccolti in questi anni: una base scientifica necessaria anche a costruire una legge nazionale che metta al bando queste sostanze. Al tempo stesso, esattamente come ha deciso il Consiglio regionale del Piemonte, si istituisca un Osservatorio tecnico-scientifico in Italia per la riduzione della presenza di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nell’ambiente. Il lavoro da fare – concludono Luisetto e Bigon – è ancora molto e questa sentenza indica la strada da percorrere”.
ViAcqua – Processo per l’inquinamento da Pfas davanti alla Corte d’Assise di Vicenza, i giudici danno ragione alle parti civili. Fra queste, c’è Viacqua che – per affrontare l’emergenza – ha dovuto investire dal 2013 al 2026 qualcosa come 20 milioni di euro. «Siamo soddisfatti, perché è stato rispettato il principio che chi inquina paga», scandisce il presidente della società idrica Federico Ginato, «e soprattutto perché è stato ribadito il dovere al ripristino ambientale, ovvero l’obbligo di riportare il luogo e la risorsa nello stato in cui erano prima, un aspetto particolarmente rilevante per i gestori idrici.» Una sentenza esemplare, dopo la quale Ginato guarda al futuro: «La sentenza è un punto di arrivoe allo stesso tempo di partenza. Auspichiamo che i Pfas vengano progressivamente eliminati dal sistema produttivo. L’inquinamento da Pfas provocato dalla Miteni è uno dei peggiori disastri ambientali in Italia. Ha contaminato le falde acquifere di Vicenza, Verona e Padova, mettendo a rischio l’acqua di oltre 350.000 persone», ricorda il presidente che rilancia: «Serviranno decenni di interventi per ridurre l’impatto di queste sostanze, che sono tra gli inquinanti più difficili da eliminare, perché non si degradano facilmente, per questo vengono chiamati “inquinanti eterni”».













