20 Marzo 2023 - 8.41

Non piove più. Le autobotti di Luca Zaia

Cos’è il “bel tempo” e cos’é il “brutto tempo”?

Da sempre noi umani associamo il concetto di bel tempo ai cieli sereni, al sole che splende, magari anche ad un po’ di brezza a mitigare la temperatura,  il che non guasta.

E per converso cielo grigio, nuvole basse, pioggia, neve e freddo al “cattivo tempo”.

E questa impostazione è ancora ben radicata nelle rubriche delle previsioni meteo, dove colonnelli dell’aeronautica impettiti nella loro divise, o procaci signorine ben fornite di tutto ciò che serve, ci annunciano col sorriso che “l’anticiclone garantirà a tutta la penisola sole e cieli azzurri”, oppure, quasi scusandosi, ci dicono che il giorno dopo dovremo indossare capi pesanti e portare l’ombrello.

Io credo che il cambiamento climatico in atto, con tutte le conseguenze negative collegate, porterà ad un netto cambio di percezione del tempo atmosferico, e può essere che fra qualche anno sempre i colonnelli e le signorine ci diranno con faccia contrita “domani brutto tempo, sole e cieli sereni ovunque”!

E così potrebbero cambiare anche proverbi per cui il “piove Governo ladro” potrebbe diventare “c’è il sole Governo ladro” (il che non cambierebbe il giudizio sui nostri governanti), e così “rosso di sera, brutto tempo si spera”.   

D’altronde basta andare a rivedere in rete le raccolte dei “proverbi” e dei “modi di dire” sul tempo per rendersi conto che sono di fatto quasi tutti superati, o che non trovano più alcun riscontro nella fase climatica che stiamo vivendo. 

Pensate sia una provocazione?

Lo so bene che, come abbiamo avuto nei due anni precedenti i “No vax” ed i “No Covid”, da decenni sono piuttosto attivi anche i “negazionisti del cambiamento climatico”.

E non si può negare che le loro argomentazioni, basate sulla storia climatica del pianeta, non abbiano un qualche fondamento.

E’ infatti storicamente provato che il clima decisamente mite di cui poté godere l’Europa tra il X e il XIII secolo spinse la coltivazione della vite fino in Scozia, in quella regione che oggi è patria del whiskey, ma in cui l’uva e il vino si trovano, al momento, solo al supermercato. 

Ma già durante il XV secolo, in un’epoca segnata dal clima eccezionalmente rigido della “Piccola Era Glaciale”,  con stagioni assai piovose, inverni molto rigidi, e frequenti improvvise gelate fuori stagione anche nel cuore dell’estate, tutta l’Europa soffrì di frequenti e gravi periodi di carestia, alcuni dei quali misero addirittura fine a coltivazioni secolari.

Tutto vero, tutto documentato, la terra non è un qualcosa di statico; è un pianeta vivo in cui il clima subisce periodicamente variazioni anche significative.

Quindi quello cui stiamo assistendo rientra nella norma?  Non dobbiamo avere alcuna preoccupazione?

Pur non indulgendo in un ambientalismo estremo, credo che non sia proprio così, e basta guardare le immagini del Po, dei nostri fiumi, dei laghi, degli invasi delle dighe, i cui livelli attuali a metà marzo sono quelli di pieno agosto, per rendersi conto che siamo di fronte a quella che giustamente viene segnalata come un’emergenza.

Non piove, non nevica, splende il sole che secca la terra; e con l’acqua come la mettiamo?

Vedete, spesso dimentichiamo che noi alle strette possiamo fare a meno di quasi tutto; escluse due cose; l’aria e l’acqua.

E se è vero che nel passato ci sono stati secoli siccitosi (recenti studi dimostrerebbero che i Vichinghi abbandonarono la Groenlandia nel XIV secolo a causa della siccità), quel che è cambiato, profondamente cambiato, è il rapporto fra noi e l’acqua, il modo in cui la utilizziamo.

A parte gli antichi romani, che grazie alle “terme” furono uno dei popoli più puliti della storia, dal Medioevo fino al 1800 non è che il genere umano indulgesse in pulizia, e l’acqua serviva per lo più a dissetarsi e a cucinare.

Noi oggi utilizziamo l’acqua per tutto.

Per fare solo qualche esempio ci facciamo anche due o più docce al giorno, tiriamo lo sciacquone del Wc, ci laviamo i denti lasciando il rubinetto aperto, andiamo in piscina, usiamo lavatrici e lavastoviglie, la utilizziamo in grandi quantità sia nelle centrali idroelettriche che in quelle nucleari, la usiamo in innumerevoli processi produttivi della nostra industria, irrighiamo i campi, la beviamo, sia nella versione “del sindaco” che in quella “minerale in bottiglia”…..

In percentuali di utilizzo che per la nostra Italia risultano  il 45% per l’uso irriguo,  il 20% per l’industriale, il 15% per uso energetico, e il restante 20% per quello idropotabile, cioè per le esigenze domestiche.

Non dobbiamo mai dimenticare che proprio nell’acqua ha avuto inizio la vita sulla Terra: non sorprende quindi che tutti gli esseri viventi del pianeta azzurro ne abbiano bisogno.

E non sorprende quindi se il problema della siccità stia giorno dopo giorno conquistando le prime pagine dei giornali e dei media, e si cominci  a parlare senza tanti giri di parole di possibile “razionamento”.

Come non sorprende che anche la nostra Regione, terra di acque come si usava dire, cominci a porsi seriamente il problema, tanto da indurre il Presidente Luca Zaia a firmare un’ordinanza in cui, pur con toni non apocalittici, mette in evidenza tutte le criticità, prevedendo fra l’altro di: “incaricare i Sindaci, sentiti i Consorzi, di attivare con urgenza campagne di informazione sull’uso accorto della risorsa idrica; di demandare alla Direzione Difesa del Suolo e della Costa ogni sforzo per garantire una sufficiente vivificazione dei canali; di adottare misure di contenimento dei prelievi da acque sotterranee per gli usi non prioritari; di promuovere campagne d’informazione per l’uso accorto della risorsa idrica rivolte in particolare ai titolari di concessione per auto-approvvigionamento per usi non prioritari; di predisporre Piani di emergenza per l’approvvigionamento potabile come interconnessione delle reti, approvvigionamento con autobotti, interventi di riduzione delle perdite; di verificare la possibilità di orientare la gestione degli invasi promuovendo l’accumulo; di programmare, da parte del Consorzio Delta Po, la predisposizione della barriera alla risalita del cuneo salino sul fiume Adige; di introdurre l’obbligo di analisi qualitative periodiche della risorsa idrica emunta dai pozzi per verificare che, di fronte all’attuale carenza idrica, siano garantiti i requisiti di potabilità per il consumo umano”.

Vaste programme, viene da dire.

Ma per risolvere il problema idrico servono anni, adeguate risorse, ed una visione di insieme, ed è evidente, al di là del linguaggio burocratico, che se non dovesse piovere a sufficienza in aprile e maggio, i gestori delle spiagge e delle località turistiche in genere avranno seri  problemi a garantire la fruizione di docce, piscine o campi da golf ai turisti, per non dire dell’acqua ad uso domestico.

E se leggete bene c’è un termine contenuto nell’ordinanza che mi ha particolarmente colpito; autobotti.    

In questa parola sta a mio avviso tutta la drammaticità della situazione, perché il solo averle citate vuol dire che non si esclude di dovervi ricorrere.  

E a cascata, di autobotti parlano anche i Sindaci, come quello di Padova nei giorni scorsi.

Come sempre avviene per gli eventi che non possiamo controllare c’è chi si rivolge al soprannaturale: e così a Verona, ad esempio, in Duomo è stata esposta la “Sacra Spina”, la lisca di pesce utilizzata dagli antichi romani per decapitare i martiri Fermo e Rustico. Come mai? Perché, secondo la tradizione medievale, questa reliquia esaudisce le preghiere della popolazione, facendo cadere la pioggia.

Certo pregare non fa mai male; ma è bene anche premunirsi cercando ognuno nel proprio ambito di non sprecare neanche una goccia d’acqua, in attesa che arrivi dai bollettini meteo e dalla Televisioni l’annuncio: “bel tempo, piove in tutta la penisola”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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