19 Agosto 2025 - 9.34

In Italia più avvocati che idraulici: in Veneto gli ITS una alternativa professionale di successo

Quanti di voi ricordano la Scuola Radio Elettra?
Probabilmente pochi, se non avete i capelli bianchi. Eppure per decenni quel nome ha fatto parte dell’immaginario collettivo di milioni di italiani. Fondata a Torino nel 1951, la Scuola Radio Elettra ha formato a distanza oltre un milione e mezzo di tecnici, fino a metà degli anni ’90.
Al di là della vicenda in sé, quell’esperienza raccontava qualcosa di più profondo: l’Italia che usciva dal dopoguerra e correva verso il boom economico aveva fame di competenze tecniche.
La scuola tradizionale non bastava e serviva gente capace di mettere le mani nei fili, nelle valvole, nelle prime televisioni.
Non era solo formazione: era una scommessa sul futuro.
Eppure oggi, se vi si rompe un rubinetto o una finestra non chiude, vi accorgete subito che la situazione si è ribaltata.
Trovare un idraulico, un elettricista, un fabbro disponibile, diventa ogni giorno più difficile.
Non parliamo di scenari futuribili: è già così adesso, e i numeri lo confermano.
Secondo le elaborazioni della CGIA di Mestre su dati Inps e Infocamere, negli ultimi dieci anni sono scomparsi quasi 400 mila artigiani, un quinto del totale. Solo tra il 2023 e il 2024 il calo è stato di 72 mila unità: meno 5% in un anno. Un’emorragia silenziosa che impoverisce il tessuto economico del Paese.
Le cause? Tante.
Ma la principale è culturale: il lavoro manuale è stato svalutato. Una volta fare il falegname, il sarto, il panettiere, l’idraulico, l’elettricista, il meccanico significava avere una professionalità rispettata.
Oggi, nell’immaginario collettivo, vale meno.
Basta un dato per capire: in Italia abbiamo circa 237 mila avvocati contro appena 180 mila idraulici.
Un paradosso: un Paese in cui è più facile farsi difendere in Tribunale che farsi aggiustare la lavatrice.
Eppure, provate voi a chiamare un avvocato alle tre di notte per un tubo che perde.
La verità è che nell’ultimo trentennio i “mestieri del fare” hanno perso attrattiva, mentre le università continuano a sfornare laureati spesso destinati a disoccupazione o sotto-occupazione.
Al contrario, nei cantieri e nelle botteghe resistono sempre più stranieri, che spesso colmano i vuoti lasciati dagli italiani.
A peggiorare le cose c’è anche la trasformazione dei consumi: dal “fatto a mano” siamo passati al “fatto in serie”, dal calzolaio ad Amazon, dal prodotto che durava una vita all’usa e getta.
Così le botteghe chiudono, i centri storici si riempiono di saracinesche abbassate, e di B&B improvvisati.
Con loro sparisce anche un pezzo di vita di quartiere: il calzolaio che ti salutava, il falegname che aggiustava la sedia della nonna, il fotografo sotto casa.
L’Italia è diventata grande grazie a questo patrimonio di manualità e competenza. Ma se continuiamo a svalutarlo, rischiamo di ritrovarci un Paese con tanti laureati che “sanno come si fa”, e sempre meno persone che “lo sanno fare davvero”.
La politica, intanto, ha guardato altrove.
Dagli anni ’90 ad oggi gli Istituti professionali sono stati declassati a “scuole di serie B”, parcheggi per ragazzi svogliati, mentre i Licei sono diventati il percorso “nobile”.
Ma senza un ricambio generazionale l’artigianato rischia di diventare un mondo residuale. Un caso a parte sono diventati i corsi post scolastici ITS vere e proprie alternative alle Università e che sono una eccellenza anche in Veneto in cui si formano i ragazzi in varie discipline ed escono già pronti per il mondo del lavoro.
Eppure, paradossalmente, oggi certe professioni manuali sono più remunerative di molte lauree.
Lo dimostra un ricordo personale: un paio di anni fa vidi un idraulico arrivare al lavoro con una Porsche Cayenne. Non so quanti avvocati possano dire lo stesso, visto che l’Ordine lamenta che ce ne sono molti che fanno fatica a restare in linea con le quote di iscrizione.
Forse allora i ventenni dovrebbero farsi due conti: il futuro non è solo nel digitale o nell’impiego pubblico.
Potrebbe essere ancora lì, nelle mani di chi aggiusta, costruisce, inventa.
E se i giovani ventenni non si lasceranno sedurre solo dal mito del posto fisso o della toga, ma riscopriranno l’orgoglio di un mestiere artigiano, allora magari un giorno potremo tornare a vivere in un Paese dove a un rubinetto che perde si risponde con una chiave inglese……e non con un ricorso in Cassazione.
Baldo Umberto

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