17 Agosto 2025 - 11.16

Gli odiatori, la grande cloaca dei social che commenta ad occhi chiusi

Viviamo in un’epoca straordinaria. Mai, nella storia dell’umanità, così tante persone hanno avuto così tanto da dire… con così poca voglia di leggere.
È un paradosso perfetto, quasi poetico, se non fosse tragicamente comico.
Sembra che l’umanità, dopo millenni di evoluzione culturale e tecnologica, abbia deciso improvvisamente che la lettura è un optional, ed il commento è obbligatorio.
Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: pubblichi un articolo, ti sei sforzato di verificare i fatti, di argomentare con un minimo di coerenza e persino di scrivere in italiano decente, e nel giro di trenta secondi compare il primo commento indignato.
È quasi matematico.
È come se l’universo avesse programmato un timer invisibile: trenta secondi e qualcuno scatta.
A volte il commento non ha nulla a che fare con ciò che hai scritto, ma non importa: la reazione è pronta, immediata, imperitura.
Ed il bello è che, molto spesso, si capisce subito che l’autore del commento non ha letto nemmeno il primo paragrafo. A volte nemmeno il titolo per intero.
Non è questione di distrazione: è un talento innato, qualcosa che sfugge ai manuali di comunicazione ed alle scuole di giornalismo.
Io li chiamo i “commentatori a pedale”: funzionano come le biciclette con la dinamo di una volta. Appena il titolo dà una scintilla, partono a pedalare indignazione e sarcasmo a velocità supersonica.
Credo sia un talento che sui social vale più di un dottorato: la capacità di commentare un articolo senza averlo letto bene, senza essersi fermati a meditare un attimo.
Non è pigrizia: è arte pura, una disciplina olimpica, un esercizio di fiducia in sé stessi.
Si tratta di persone convinte che l’informazione sia come la minestra in busta: basta un titolo e due opinioni a caso, e il piatto è servito.
E se scopri che il pezzo diceva l’esatto opposto di ciò che hanno scritto… beh, loro non arretrano di un millimetro. “Eh, vabbè, ma il concetto era quello”. Certo, come no!
La piazza social pullula di questi guerrieri della tastiera: pronti a difendere o attaccare senza avere la minima idea del contesto.
E attenzione, non sto parlando necessariamente degli “haters” (letteralmente odiatori).
Questi ultimi appartengono ad una specie diversa, anche se talvolta si incrociano con i “commentatori a pedale”.
Qual è la differenza sostanziale?
Il commentatore senza lettura, o “commentatore a pedali” se preferite, è guidato dalla fretta e dalla superficialità.
Potrebbe non essere ostile, semplicemente scrive sciocchezze perché non ha letto, o non ha capito.
È come il turista che fotografa una statua pensando sia un lampione artistico: tutto molto innocuo, se non fosse per la folla di imitatori che lo circonda.
L’hater, invece, è un animale diverso.
Parte prevenuto: non importa cosa scrivi, troverà un appiglio per criticare, insultare o denigrare. Legga o meno, il suo obiettivo non è capire, ma colpire. Non cerca di argomentare: cerca una reazione, meglio se indignata.
Per parlare in termini zoologici: il commentatore senza lettura è una gallina che razzola a caso; l’hater è una vespa che punge di proposito.
E quando i due tipi coincidono… nasce quello che chiamo “super-hater automatico”: un fenomeno che potrebbe attaccare un articolo di meteorologia accusandolo di propaganda politica. È una creatura rara, ma incredibilmente rumorosa.
E se pensate che questa descrizione sia esagerata, basta guardare un po’ di storia: già nell’antica Roma si diceva che il popolo fosse pronto ad indignarsi a comando, anche senza capire nulla della politica in discussione.
Cambiano i secoli e le tecnologie, ma il comportamento umano resta sorprendentemente coerente.
Oggi, ovviamente, la velocità è quintuplicata, la piattaforma è globale, ed il numero di indignati simultanei inimmaginabile.
Se dovessi fare una stima dei comportamenti dei lettori online sulla base della mia esperienza, direi che: i “lettori silenziosi”, quelli che leggono e non interagiscono, sono il 90-95%; quelli che mettono un like o una reazione ma non commentano si fermano al 4-8%; i “commentatori attivi”, quelli che scrivono almeno una risposta, sono l’1-2%.
Dentro quell’1-2%, chi ha effettivamente letto tutto l’articolo ed ha fatto un minimo di riflessione, probabilmente è meno della metà.
Morale: il rumore sui social è prodotto da una minuscola minoranza… ma questa minuscola minoranza sembra sempre la maggioranza.
Cercando di concludere, possiamo dire che ci sono due categorie di persone: chi legge e poi commenta, e chi commenta e basta.
Sui social vince sempre la seconda categoria: titolisti improvvisati, indignati a prescindere, campioni mondiali di logica creativa.
Il testo? Il contenuto? Un optional. L’importante è avere un’opinione pronta, meglio se sbagliata.
Vale la pena ricordare che i “commentatori a pedale” non si limitano a leggere male: spesso interpretano le parole secondo uno schema tutto loro, una grammatica mentale invisibile, quasi arcana.
Un titolo di politica estera diventa un attacco personale; un articolo sulla meteorologia si trasforma in una denuncia contro la scienza moderna.
Ogni riga è flessibile, ogni virgola un’opportunità per sbagliare.
Varrebbe la pena fare un esperimento: pubblicare un articolo con un titolo roboante ed un testo completamente inventato che parla di tutt’altro.
Così, giusto per contare quanti ci cascano.
Ho il sospetto che parecchi commentatori a pedale non si accorgerebbero di nulla, anzi: raddoppierebbero la foga.
E mentre noi osserviamo, possiamo solo prendere appunti e sorridere, o disperarci, a seconda dei punti di vista.
Ma alla fine, è uno spettacolo che nessun altro periodo della storia umana avrebbe potuto offrirci: milioni di voci, velocissime, tutte pronte a commentare… senza leggere.
Quindi forse dovremmo ringraziare i commentatori a pedale e i super-haters: ci ricordano che la velocità dell’informazione e l’arte della comunicazione sono una cosa, l’attenzione e la comprensione un’altra.
E che la pazienza, in fondo, resta un privilegio per pochi.
Umberto Baldo

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