11 Novembre 2021 - 11.40

Fedez in politica? Non è una novità e… occhio ai millennials

di Umberto Baldo

Il fenomeno di personaggi che, provenendo dal mondo dello spettacolo, ad un certo punto hanno deciso di darsi alla politica non è nuovo.
Per citarne alcuni fra i più famosi ricorderei Ronad Reagan, attore mediocre diventato presidente degli Usa, e Arnold Schwarzenegger che da Terminator è diventato governatore della California.
Ma negli anni il fenomeno ha interessato anche l’Italia, e la lista è lunghissima: da Alessandro Cecchi Paone a Elisabetta Gardini, da Enzo Tortora a Iva Zanicchi, da Enrico Montesano a Michele Santoro, da Gabriella Carlucci a Ombretta Colli a Mara Carfagna a Luca Barbareschi, e sicuramente ne ho tralasciato molti altri.
Ma se il passaggio dalle scene dello spettacolo alle aule parlamentari è ormai accettato da lunghi anni, perchè ha suscitato tanto scalpore il fatto che il noto rapper Fedez, all’anagrafe Federico Leonardo Lucia, noto anche per essere il marito ed il padre dei figli di Chiara Ferragni, abbia registrato sul web, tramite la sua società Zdf srl, il sito “fedezelezioni2023.it”?
Francamente la cosa non mi ha meravigliato più di tanto, perchè consideravo ineluttabile che prima o poi i cosidetti “influencer”, forti spesso di milioni di “seguaci” (chi parla forbito li chiama follower), valutassero l’opportunità di sfruttare questa enorme notorietà nel campo della politica.
A dire il vero alcuni hanno lanciato il fortissimo sospetto che si tratti dell’ennesima trovata finalizzata a sostenere il lancio delle innumerevoli iniziative (tipo il nuovo disco) messe in campo dai Ferragnez, che hanno dimostrato, come dei novelli re Mida, di saper trasformare in oro, in realtà bei dollari o euro, la loro vita quotidiana, trasformandola in una story, e così sfruttando il voyerismo di milioni di persone affascinati da questo spettacolo mediatico, e pronti ad acquistare i prodotti più o meno subliminalmente sponsorizzati dalla coppia che “non butta via niente”.
In realtà io trovo sbagliato cercare di minimizzare questa iniziativa, cercando di ridurla ad una banale operazione di puro cinismo commerciale, perchè altre volte operazioni analoghe hanno mostrato di non comprendere cosa stava maturando nella società italiana.
Ricordate la supponenza con cui certa “intellighenzia” accolse i primi vagiti di Silvio Berlusconi prima, e di Beppe Grillo poi? Ricordate questa frase di Piero Fassino rivolta appunto a Grillo: “Si faccia eleggere e poi ne discutiamo”.
Come sia andata a finire lo abbiamo visto tutti.
Fedez da tempo interviene nell’attualità politica italiana. Incrocia le lame con Salvini e con Renzi. Ha sponsorizzato il ddl Zan, ed in generale i diritti della comunità Lgbt. Ha monopolizzato la scena all’ultimo Concertone del Primo Maggio, accusando la Rai addirittura di censura. Assieme alla moglie ha firmato la proposta di referendum sull’eutanasia.
No, non si può proprio minimizzare quella che si profila già oggi come la rivoluzione dei prossimi anni.
Nella primavera scorsa Swg ha pubblicato un sondaggio secondo cui il 24% dei millenials oggi voterebbe per Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez. Trattandosi di uno dei più importanti e quotati Istituti di ricerche di mercato, è impressionante constatare che se l’influencer scendesse davvero in politica riuscirebbe a intercettare un quarto delle preferenze degli italiani nati fra il 1981 e il 1996. E questo consenso potrebbe addirittura salire al 27% se si prendesse in esame la sola “generazione Z”, la prima totalmente digitale.
Ma questo sondaggio fotografa a mio avviso la profonda spaccatura che si è venuta a creare fra il mondo digitale e quello della comunicazione “tradizionale”.
Il primo è il mondo di Fedez e degli influencer, dove il loro “capitale sociale” è facilmente ed immediatamente individuabile nel numero dei follower che lo seguono sul web, l’altro è il sistema dei media classici, televisioni, radio, giornali, molto più attenti a preservare gli equilibri politici e le logiche di partito.
Sono due mondi sempre più divisi, sempre più incomunicabili, che perciò fanno sempre più fatica a coesistere, soprattutto per il progressivo allontanamento dei giovani dalla televisione (secondo l’Istituto Harris Interactive il 64% delle persone fra i 16 e i 35 anni eliminerebbe la TV in favore dei servizi streaming e dei contenuti online).
In mezzo sta la politica, che ha capito che il vecchio armentario fatto di comizi, volantini, manifesti elettorali, tribune politiche, ormai è roba da archeologia, ma che non ha ancora la padronanza dei nuovi mezzi di comunicazione.
Certo le ultime campagne elettorali ci hanno mostrato un cambio di marcia anche da parte dei Capi partito, che sembrano aver deciso di adottare i metodi degli influencer per rivolgersi ad un pubblico, ad una potenziale base elettorale, che non riuscirebbero a raggiungere altrimenti.
Anche se a mio avviso i politici non hanno ancora ben compreso che i social, a differenza dei media tradizionali in cui lo spettatore o il lettore subisce passivamente il messaggio del politico di turno, sono caratterizzati dalla possibilità di interagire costantemente con il creatore del contenuto, per cui le parole o il messaggio dell’influencer possiedono una carica emozionale con cui nessun politico può sperare di competere.
Anche perchè, aggiungo, i nostri Demostene, che guidano Partiti ormai a struttura verticistica ed oligarchica, sono sempre meno abituati ad un vero confronto politico con la “base”, e danno sempre l’impressione di muoversi in logiche meramente elettorali, di equilibri di coalizione, di convenienze personali.
Diversamente dall’influencer, che quando lancia un messaggio od una battaglia, dà l’impressione di crederci davvero, e di conseguenza è in grado di intercettare le spinte dei forum e dei blog (ricordo che agli inizi il blog del Grillo “prima maniera” era uno dei più seguiti al mondo) che promettono un’informazione libera dal condizionamento dei partiti, delle lobbies, e dei gruppi editoriali.
Logico quindi che l’apparente schiettezza della comunicazione degli influencer, messa a confronto con quella paludata ed oscillante dei professionisti della politica, possa spingere una parte dell’opinione pubblica ad individuare nell’influencer il prototipo del leader del futuro, in grado di lottare per certe cause senza ripensamenti, ammiccamenti, o compromessi al ribasso, tipici della politica tradizionale.
Al di là di tutte queste considerazioni, io ritengo che i Partiti più che chiedersi quanto possa valere il potenziale bacino elettorale di Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, dovrebbero porsi la domanda se le intromissioni di certi influencer non vadano in realtà a riempire il grande vuoto della politica attuale.
Per quanto mi riguarda, pur essendo profondamente sfiduciato, in qualche momento nauseato, dal basso livello della nostra politica, vi confesso che non vorrei trovarmi un giorno Fedez premier o anche solo Ministro.
E non perchè ce l’abbia con lui, ma perchè vedrei questa eventualità come la pietra tombale di una visione della politica fatta di cultura, impegno, dedizione, onestà, che mi ha accompagnato durante tutta la vita.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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