7 Gennaio 2022 - 13.41

Decorazioni di Natale: dalla ‘golden shower’ di Vicenza agli inquietanti babbi natale che salgono sul terrazzo

di Alessandro Cammarano

“L’Epifania tutte le feste si porta via”: così recita un antico detto, valido oggi fino ad un certo punto anche perché dal 5 gennaio hanno fatto la loro comparsa crostoli e frittelle capaci di fare sì che sia subito Carnevale senza lasciare nemmeno mezza giornata per digerire i dolciumi della calza o, se si è stati cattivelli, di metabolizzare il carbone ricevuto.

Vabbè … la società dei consumi questo chiede e noi tutti ci adeguiamo.

La fine delle festività natalizie – celebrate quest’anno con maggiore serenità rispetto a quelle orribilmente blindate dello scorso anno quando il vaccino faceva ancora timidamente capolino nella lotta al virus – porta comunque a fare dei bilanci: dalle calorie ingurgitate ai regali fatti e ricevuti, dai pranzi finiti in vacca grazie allo zio grullo sempre pronto a rivangare ruggini secolari alle tombolate perverse e divertentissime con gli amici di una vita.

Non ci si può nascondere però che una delle componenti di maggior rilievo, in posito ed in negativo, delle feste è senza dubbio alcuno costituita dagli addobbi luminosi e delle loro molteplici declinazioni sia in ambito pubblico che privato.

Le decorazioni natalizie sono un po’ come le Macchie di Rorschach, ognuno alla fine ci vede quello che gli pare e sostanzialmente non esiste un “giusto o sbagliato” anche se finiscono per rivelare perfettamente la personalità di ciascuno.

Le amministrazioni locali fanno quello che possono con i soldi che hanno, spesso aiutate dai contributi dei commercianti per altro sempre meno propensi ad allentare i cordoni della borsa, raggiungendo spesso risultati soddisfacenti ma altrettanto frequentemente rasentando la caduta nel baratro del trash.

A scorrere la stampa nazionale e seguendo i vari notiziari c’è stato da rabbrividire: dai portici del superchic Corso Vittorio Emanuele a Milano illuminati dal light-designer di un circo di paese o ancora quelle proposte da una ridente località di villeggiatura che si affaccia sull’Adriatico dove – del tutto involontariamente, si intende – le palme del lungomare sono state trasformate in giganteschi falli fronzuti.

Le strade centrali di Vicenza invece nelle settimane scorse sono state illuminate da graziose stellone niente affatto brutte, anzi parecchio gradevoli nella loro lineare semplicità.

La tecnologia LED – sempre sia benedetta per efficienza e risparmiosità – ha aiutato parecchio a ridare vita a quelle che con termine milanese imbruttito vengono definite “vie dello shopping” penalizzate nei mesi passati da chiusure di negozi e da un generale intristimento del centro storico, facendo dimenticare per qualche giorno le vetrine vuote dei troppi negozi che hanno pagato con la chiusura il loro orrendo tributo alla pandemia.

Alle stelle hanno risposto con garbo le capannucce di legno in stile tirolese del mercatino di Natale, parcellizzato con intelligenza in varie zone del centro in modo da evitare assembramenti eccessivi, che hanno permesso a chi cercava ristoro tra un acquisto e l’altro di intingere un tarallo pugliese in una cioccolata calda al cardamomo o di addentare un panino con la porchetta umbra mentre si annusano essenze profumate rigorosamente bio.

Non manca la oramai tradizionale “Golden shower”, la cascata di luci che partendo dalla Torre Bissara che da qualche anno ammanta la Piazza dei Signori

Comunque tutto assai meglio delle decorazioni orientaleggianti e molto rosse che qualche anno fa trasformarono Corso Palladio e strade limitrofe in un bordello manciuriano a cielo aperto.

Il meglio comunque lo danno i privati cittadini che ogni anno decorano balconi e facciate – quest’anno molte “incartate” dalle impalcature erette a seguito dei vari bonus per le ristrutturazioni edilizie – delle loro case, offrendo spesso spettacoli agghiaccianti.

I nostalgici appendono alla ringhiera del terrazzo il famigerato Babbo Natale che si arrampica, o meglio quel che ne resta, dato che la più tragicamente brutta di tutte le decorazioni non è più in commercio da almeno un decennio.

Dal balcone dunque pende un grumo di stracci rossi con inserti di peluche bianco che sembra uscito da uno di quei programmi tipo “I delitti della palude” o “Un crimine da ricordare” dove si ritrovano persone scomparse e seppellite vent’anni prima dal serial killer di turno.

Abominevoli anche le miscele di luci calde e fredde intrecciate insieme in un abbraccio mortale e frutto di acquisti fatti nel corso degli anni. Come disfarsi del filo di lampadine colorate che nonno Elfranco ci aveva regalato nel 1972 e che sono patrimonio di famiglia? Semplicemente non si può e dunque lo si mescola ad una serie di duemila LED a luce gelida e capaci di illuminare la pista di un aeroporto intercontinentale, dando così vita a un ibrido luminoso che neppure la più perversa delle menti oserebbe immaginare.

I più abbienti si forniscono di pupazzo di neve gonfiabile alto almeno due metri e capace di ingombrare più di un posto di blocco ponendolo nel giardinetto due metri per due di casa loro.

Solitamente il motorino che alimenta il suddetto manufatto smette di funzionare a Santo Stefano e il povero pupazzone comincia inevitabilmente ad afflosciarsi partendo dal naso a carota per finire accasciato su stesso a mo’ di vescica vuota.

Volete vedere un Natale mozzafiato? Andate in Salento dove Santa Claus si sposa con Bollywood: lì si che con le luci ci sanno fare davvero.

Alessandro Cammarano

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