Cara Meloni l’Italia non è il “giardino di casa” del Vaticano

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Credo si possa dire tutto della nostra Presidente Giorgia Meloni, tranne di non aver fiuto politico, di non sapere annusare l’aria per capire da dove tiri il vento.
E dopo anni di ammuina, di rinvii, di reprimenda e solleciti della Corte Costituzionale, la Premier deve aver realizzato che l’arrocco del Centro destra, al traino degli ambienti più retrivi del cattolicesimo romano, è piuttosto sfasato rispetto al «sentiment» di un Paese che, come spesso accade sui temi etici, è molto più avanti del Palazzo.
Per meglio dire ha capito che a poco a poco “neaaaa Nazzzzziiiioooone” si sta creando un clima molto simile a quello che ha portato qualche decennio or sono ai Referendum sul divorzio prima, e sull’aborto poi, che videro i cittadini, anche cattolici, superare di slancio le posizioni attendiste e timorose della classe politica.
Da qui sembrano sia partite sue precise indicazioni di “accelerare” sulla legge che a luglio arriverà in Senato, cui sarebbero seguiti anche moniti di Ignazio la Russa di messa in guardia da ulteriori rinvii.
Fin qui tutto bene, nulla da eccepire.
Finalmente, mi permetto di dire, la destra sembra voler superare un tema che finora è stato un tabù, e questa sarebbe la prima volta che questa parte politica si misura con l’esigenza e con la ricerca di un equilibrio, per intenderci, tra il principio della «vita indisponibile» caro ai cattolici più intransigenti, e l’eutanasia.
Come ho già detto, questa apertura, non facile per una Giorgia Meloni che rigetta i compromessi in nome di «coerenza» e di bandiere identitarie, è assolutamente apprezzabile.
Se non che, c’è un elemento che disturba, almeno per quanto mi riguarda.
Il leggere su giornali e social che la legge sul fine vita deve passare da una trattativa, forse già in corso, fra Stato e Chiesa.
Ho letto di colloqui a Villa Madama fra i negoziatori delle due sponde del Tevere, precisamente il cardinale Pietro Parolin e il vicepremier Antonio Tajani.
Credo sia inutile dire che, a me laico della prima ora, cresciuto abbeverandomi alle dottrine di Mazzini, e comunque sempre riconoscendomi nel fronte liberale della politica italica, questa cosa mi faccia letteralmente uscire dai gangheri.
Ma davvero nel 2025 lo Stato italiano ha ancora bisogno del nulla osta del Papa per regolare i diritti dei propri cittadini?
Davvero dobbiamo contrattare come sensali su una legge laica, per il timore di offendere “la sensibilità religiosa”?
Ma dai.
C’è una parola che dovrebbe mettere tutti d’accordo, almeno in uno Stato moderno e civile: laicità.
E invece, ogni volta che si discute di temi etici, come il fine vita, eccoli là: i soliti incontri riservati, le trattative sottobanco tra rappresentanti dello Stato e i vertici della Chiesa.
E allora ti chiedi: ma dove siamo finiti?
In una Repubblica democratica o in uno Stato confessionale mascherato da democrazia?
L’Italia come Stato unitario è nata laica.
È nata contro lo Stato Pontificio. Porta Pia, ricordate?
Quel 20 settembre del 1870 fu la fine di uno Stato teocratico che imprigionava le coscienze.
I martiri del Risorgimento, impiccati, fucilati, incarcerati dal potere papalino, oggi si rivoltano nella tomba vedendo che i loro sacrifici sono usati come carta straccia.
Qui siamo ancora fermi al Vaticano che considera l’Italia come il proprio “cortile di casa”, con la stessa arroganza con cui Monroe definiva l’America il “cortile di casa degli Usa”.
Nel frattempo, mentre in Spagna, Belgio, Olanda e Lussemburgo l’eutanasia è legge, noi ci balocchiamo con i “sentimenti religiosi”.
In Francia si legifera in Parlamento, in Inghilterra si discute.
Qui si va a Roma, ma non a Montecitorio: si va in Vaticano.
E i “Patrioti” che ci governano, quelli che si battono il petto in nome “deaaa Naaazzzziiiooone”, non trovano di meglio che inginocchiarsi come pellegrini in piazza San Pietro.
Capirei fossimo ancora nel 1946.
Allora la Chiesa controllava veramente le coscienze, i preti dettavano legge anche in famiglia.
Ma oggi?
In un’Italia secolarizzata, dove la pratica religiosa è in calo verticale, dove le coscienze sono libere e le famiglie parlano serenamente di eutanasia, di testamento biologico, di dignità della morte… oggi la politica continua a comportarsi come se il Papa avesse ancora il potere di scomunicare una Nazione.
Oggi le chiese sono sempre più vuote, le famiglie discutono di bioetica più di quanto i vescovi riescano a capirne, e la società – lo si voglia o no – è laica, libera, e in cerca di dignità, non di dogmi.
A questo punto, forse converrebbe istituire un nuovo Ministero del Culto, con delega alla trattativa preventiva col Vaticano. Così ci togliamo il pensiero, e faremmo tutto alla luce del sole, senza sotterfugi.
Ma se invece volessimo fare sul serio, basterebbe un po’ di coraggio politico ed un pizzico di memoria storica.
Mi ripeto, l’Italia è figlia di una battaglia culturale e politica che aveva un cuore chiaro e limpido: “libera Chiesa in libero Stato”, come proclamò Camillo Benso di Cavour.
Giuseppe Mazzini, che voleva un’Italia laica, repubblicana e fondata sulla coscienza civile, si rigirerebbe nella tomba.
Garibaldi, che non esitò a definirsi nemico del potere temporale dei Papi, ci direbbe che abbiamo gettato alle ortiche un secolo e mezzo di progresso.
E Pisacane, che morì per l’idea di un popolo sovrano e maturo, resterebbe basito di fronte a un Parlamento che abdica al suo compito in favore del clero.
Ma oggi sembra che la libertà valga solo per la Chiesa, mentre allo Stato resta il ruolo del garzone.
Via Onorevole Meloni, non ci faccia ritornare la voglia di riprendere i pellegrinaggi in Campo dei Fiori per ricordare il martirio di Giordano Bruno!
Ed è ora che qualcuno lo dica forte.
Che la politica si ricordi di essere tale. Che i deputati li eleggono i cittadini e non sono designati dai Vescovi.
Che le leggi si scrivono in Parlamento, non in sacrestia. Che i tempi di Canossa sono finiti speriamo per sempre.
E se a qualcuno non piace la libertà altrui, è libero di non usarla, ma non ha alcun diritto di impedirla agli altri.
Il Vaticano pensi pure alla salvezza delle anime, lo Stato italiano, invece, pensi alla dignità della vita e della morte dei cittadini, senza più inginocchiarsi
Umberto Baldo
PS: da sempre il Centrodestra è contrario all’ipotesi di lasciare l’ultima parola ad un giudice, mentre è favorevole alla costituzione di un Comitato Etico Nazionale i cui membri sarebbero scelti attraverso un Dpcm.
Io credo che il faro dovrebbe essere la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che ha definito quando non può essere punibile chi aiuta una persona che voglia compiere un suicidio assistito. E cioè quando si tratta di “pazienti pienamente capaci di prendere decisioni, tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, che soffrano di una patologia irreversibile, che sia fonte di sofferenze fisiche e psicologiche considerate intollerabili”. Non c’è bisogno di comitati etici con membri inevitabilmente vicini ai pro-life, sostenitori al massimo delle cure palliative.