Giovani veneti: per loro lavorare è… Instagram

I giovani veneti riconoscono di passare troppo tempo al cellulare, soprattutto sui social, e per molti di loro diventare influencer è considerato un vero lavoro, capace di garantire libertà e tempo per sé. È quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Uil del Veneto, che fotografa una generazione immersa nella tecnologia ma anche consapevole delle sue conseguenze.
Quasi la metà degli intervistati dichiara infatti di utilizzare lo smartphone per oltre cinque ore al giorno, principalmente per navigare sui social. A dominare è TikTok (49,2%), seguito da Instagram (42,2%). Facebook, invece, è quasi del tutto abbandonato dai giovani: solo l’1,3% ne fa ancora uso, confermandone il ruolo ormai relegato agli over 40.
Nonostante la dipendenza digitale, i ragazzi mostrano lucidità: il 64,6% teme che l’uso eccessivo del cellulare comprometta la capacità di scrivere bene, mentre il 66,8% ritiene che l’intelligenza artificiale renderà più difficile trovare un lavoro.
Il tema occupazionale resta centrale. Il 92,9% considera fondamentale fare esperienze lavorative da giovani, preferibilmente anche all’estero. Per più della metà (52,6%) diventare influencer equivale a ottenere un buon lavoro, mentre nella scelta tra uno stipendio migliore e più tempo libero vince la seconda opzione (54,5%).
A 18 anni le priorità sono chiare: il 37,4% desidera ottenere la patente, mentre il 32,2% punta all’Università. Guardando ai 30 anni, quasi la metà (47,2%) immagina un futuro con una famiglia, preferibilmente tradizionale: il 62,9% sogna ancora il matrimonio.
Grande attenzione anche alla salute: l’81,2% dichiara di evitare il cibo spazzatura. Lo sport è importante, anche se il 33,7% vi rinuncia per mancanza di tempo.
Poca invece la familiarità con il sindacato: l’85,7% non ha mai pensato di iscriversi, pur riconoscendo nel 61,7% dei casi l’utilità di manifestazioni e scioperi per raggiungere obiettivi comuni.
«La Uil Veneto continuerà a stare vicino ai giovani – ha dichiarato il segretario regionale Roberto Toigo – anche perché quasi il 60% spera di restare in Italia a lavorare. Devono sapere che ci siamo, impegnati a garantire loro un futuro certo, sicuro e più giusto».













