30 Giugno 2022 - 10.42

Il covid è ormai anche una questione di senso civico

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di Umberto Baldo

Che il nostro sia un Paese dominato dalle emozioni del momento lo possiamo constatare ogni giorno sui media.
E così, dopo due anni in cui ci hanno sfracellato i c….. con le cronache dal Covid, tanto che se uno desiderava non sentire parlare di vaccini, rianimazioni e quant’altro, non gli rimaneva che rivolgersi ai canali on demand, da qualche mese la pandemia è un argomento da articoli brevi nelle pagine interne, o da notizie in coda ai telegiornali.
No, decisamente l’Italia non è il Paese dell’ “est modus in rebus”.
Certo adesso le attenzioni si sono spostate sulla guerra in Ucraina, sull’inflazione galoppante, sulla Nato, sulla siccità, su Di Maio (sic!), ed il virus sembra sparito dalla faccia della terra, o al massimo un brutto ricordo da archiviare.
E poi con questi chiari di luna, forse con una recessione alle porte, qualcuno deve aver suggerito ai media che non sarebbe proprio il caso di disturbare con le solite ubbie sulle precauzioni sanitarie gli operatori turistici, e gli italiani impegnati a godersi le tanto agognate vacanze.
Peccato che i micro-organismi non leggano i giornali e non ascoltino le Tv.
Per cui non solo non hanno capito che la parola d’ordine è “il Covid non c’è più”, ma continuano imperterriti a fare il loro sporco lavoro.
E a dirla tutta, l’ultima variante Omicron, contando sulla sua maggiore trasmissibilità, ce la sta mettendo proprio tutta per infettare il maggior numero di umani di stirpe italica, che da parte loro sembrano stiano facendo il possibile per farsi contagiare.
Guardate, non perdo tempo nello sciorinare i numeri dei nuovi contagi, che stanno avviandosi verso un picco a fine luglio, con tutto quello che questo potrebbe comportare per le strutture sanitarie, in un periodo in cui almeno la metà dei medici e degli operatori è in ferie, ed i posti letto sono molto ridotti.
Non lo faccio perché è ormai evidente che si tratta di tempo perso, in quanto la maggioranza degli italiani non li vuole neppure sentire, fidando sul fatto che il caldo estivo inattiverebbe il Covid, e la vita all’aria aperta renderebbe più difficili i contagi.
Senza spiegare però come mai in India ed in Texas, per fare due soli esempi di Paesi notoriamente caldi, il virus ha continuato a circolare anche a 45 gradi.
E senza tenere nel debito conto che anche se si è all’aperto, ma tutti appiccicati su una pista da ballo o ad un maxi concerto, le condizioni sono simili a quando si è al chiuso, e quindi anche le possibilità di contagiarsi sono le stesse.
E ciò vale a maggior ragione per chi non ha voluto sentire ragione e non si è vaccinato, ma purtroppo anche per chi le punture se le è fatte tutte e tre.
Intendiamoci, quando si parla di malattie infettive il rischio zero non esiste, ma è altrettanto vero che gli assembramenti, anche “en plein air”, sono comunque pericolosi.
Per questioni di logica, e per non offendere la vostra intelligenza, non mi soffermo neppure sugli ambienti chiusi, in cui la mancanza di ricambio d’aria porta alla saturazione dell’ambiente, e di conseguenza le probabilità di infettarsi sono infinitamente più alte che all’aperto.
Diciamocela tutta!
La sensazione di respirare liberamente senza l’intralcio della mascherina, che con il caldo torrido è oltre modo fastidiosa, è impagabile.
E’ paragonabile alla libertà dopo un periodo di carcerazione!
E non ci pare vero che, dopo due anni, sia finita l’ossessione dei media che ci ricordavano ad ogni piè sospinto di indossarla.
E per rendersene conto basta guardarsi attorno ovunque.
Nei supermercati, nelle pizzerie, nei ristoranti, ai concerti, alle manifestazioni, a indossare la Fp2 o la chirurgica è ormai solo uno sparuto gruppo di vecchietti come me, irriducibili nella loro fiducia negli infettivologi, che a dire il vero da qualche giorno la consigliano anche in spiaggia.
Per non sbagliare io ho la Fp2 sempre in tasca, e la indosso sempre solo quando entro in un ambiente chiuso, anche se talvolta intravvedo negli astanti qualche sorriso di compatimento.
Questi sorrisi non mi turbano affatto, perché penso che ognuno abbia il diritto di proteggere la propria salute, anche se magari ciò “non fa figo”.
Ma quando vedo questi sguardi di scherno, soprattutto se provengono da giovani, non posso non pensare: “avessi la vostra età forse mi comporterei come voi, ma non potete dimenticare che magari dopo esservi infettati all’apericena tornate a casa dai vostri genitori, o andate a trovare i nonni anziani, esponendoli magari a rischi di ospedalizzazione o peggio”.
E’ una questione di responsabilità, che non può essere elusa o giustificata dal solito “cosa vuoi, sono ragazzi”!
Quindi, poiché di questo virus non ce ne libereremo tanto presto, tanto che in Cina parlano di almeno altri 5 anni, ognuno dovrebbe fare un piccolo esame di coscienza, e chiedersi: “ma in fondo cosa mi si domanda, se non di indossare una mascherina nei locali chiusi o quando mi trovo in un assembramento?”
Per me oltre che una questione sanitaria è anche una questione di senso civico, merce ormai sempre più rara in questa nostra società.
Umberto Baldo

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