11 Luglio 2022 - 10.03

Putin sta scavandosi la fossa da solo

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di Umberto Baldo

Decisamente la guerra in Ucraina ci ha messo molto meno del Covid a sparire dalle prime pagine di giornali e media.

D’altronde, cosa volete, lo scontro sul campo si sta trasformando in una guerra di logoramento, poco spendibile, diciamo così, sul piano giornalistico.

E poi è arrivata l’estate, e si sa che a luglio ed agosto le priorità degli italiani si concentrano sulle vacanze.

Volete disturbare la gente con immagini cruente di morti e feriti, di città fantasma, di gente costretta a vivere negli scantinati senza luce ad acqua, di vecchie nonne disperate che versano le loro ultime lacrime di fronte alle loro case distrutte, di bambini rimasti senza genitori?

Suvvia volete disturbare il clima festaiolo fatto di apericene, di bagni in mare, di costumi all’ultima moda, di notti in discoteca?

Tutto il resto è noia, come cantava Franco Califano, compresa ovviamente la ripresa alla grande dell’infezione da Covid,  e ne riparleremo a settembre!

Eppure da quel 24 febbraio, in cui ebbe inizio l’Operazione speciale di Putin, ne sono successe di cose, e forse fare il punto della situazione non è poi così sbagliato.

Il 27 febbraio, scrissi un pezzo titolato “Putin è un nano, che però ci fa paura!”, in cui tentavo di dimostrare che dal punto di vista economico,  ma anche militare, la Russia è enormemente distante dall’Occidente, Usa ed Europa in primis.

Per capirci meglio, l’economia russa prima della guerra aveva un prodotto interno lordo di circa 1800 miliardi di dollari, contro circa 25mila degli Stati Uniti e gli altrettanti 25mila dell’area europea; quindi il rapporto di forza relativa è di circa 1 a 30.

Per di più le entrate dello Stato russo sono basate unicamente sull’esportazione di materie prime, il complesso industriale è enormemente arretrato tecnologicamente, e questo divario è destinato ad allargarsi esponenzialmente in conseguenza delle sanzioni.

In definitiva, la Russia è un’economia “piccola”, che nonostante l’ingente quantità di materie prime disponibili, si sta progressivamente impoverendo.

Il punto di partenza resta sempre questo, ma è bene rivisitarlo dopo circa sei mesi di guerra, per vedere   se Putin abbia fatto bene i suoi calcoli quando ha deciso di invadere l’Ucraina.

Vi ho scritto varie volte che questa guerra costituirà comunque per gli equilibri geopolitici  uno spartiacque,  determinerà un prima ed un dopo,  ed il dopo è rappresentato dalle contromisure che l’Occidente sarà costretto ad adottare per arginare il neo imperialismo di Mosca, ed affrancarsi dalle sue dipendenze energetiche

In altre parole, Putin ha scatenato dei processi che inevitabilmente gli si ritorceranno contro nel futuro.

Vediamone alcuni, anche se molto schematicamente.

IL RIARMO: L’avventura di Putin ha indubbiamente messo paura agli europei, determinando le condizioni politiche per un incremento senza precedenti della spesa militare in Occidente.

Basti dire al riguardo che la sola Germania, dopo decenni di inerzia, ha deciso di investire 100 miliardi di euro per rinnovare il suo apparato bellico.

Considerando che le spese militari si calcolano come percentuale sul Pil, il 2% degli Stati Uniti e degli Stati europei vale circa da 1000 a 1500 miliardi di dollari, mentre il 10% che la Russia, svenandosi, dedica agli armamenti, vale al massimo 150 miliardi, un decimo.

Come si vede, la competizione è persa in partenza, e il disastro sarà ancora più evidente in futuro sul piano tecnologico, con un sempre maggior strapotere dell’Occidente.
Qualcuno di voi starà pensando, Putin ha però il più grande arsenale di armamenti atomici!

Vero!   Ma se ci pensate bene, nessuna Cancelleria sta paventando rischi atomici, perché lo stesso Putin sa bene che una guerra nucleare sarebbe un’Apocalisse anche per la sua Russia. In definitiva l‘arsenale nucleare è una spada di Damocle alquanto spuntata.

LE ALLEANZE: Il conflitto ha creato un acuto senso di pericolo nei paesi baltici e in Polonia, e la prima conseguenza è stata la richiesta di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia.

Se il suo obiettivo era quello di indebolire e dividere gli europei, Putin ha ottenuto una Nato più aggressiva, più determinata, e per di più allargata.

L’ECONOMIA:  In questa prima fase lo zio Vladimir ha messo in seria difficoltà gli Stati europei, che stavano faticosamente riprendendosi dalla crisi economica conseguente alla pandemia.

Deflagrazione dell’inflazione, rischi quasi certi di recessione, mercato delle materie prime impazzito; questi gli effetti immediati della guerra del gas e del petrolio innescata da Putin.

Ma anche in questo caso, se l’obiettivo era quello di far rientrare le sanzioni contro la Russia, l’autocrate del Cremlino ha sbagliato i calcoli, perché l’Occidente di fronte ai massacri di civili, ed ai crimini di guerra, difficilmente tornerà indietro.

Ma il vero punto di svolta è rappresentato dal fatto che la guerra del gas sta spingendo i Paesi occidentali alla ricerca di fonti di approvvigionamento alternativo, con l’obiettivo dichiarato di affrancarsi della dipendenza russa.

Quindi maggiori risorse per la  ricerca di nuovi giacimenti, investimenti nelle fonti alterative, dall’eolico al solare, sdoganamento politico del nucleare di quarta generazione (recente inserimento nella lista delle fonti green da parte dell’Europarlamento), accelerazione nella costruzione di nuovi gasdotti e impianti di rigassificazione.

Certo in Italia le cose saranno più difficili che altrove visto il proliferare di Comitati per il “No a tutto”, e che si sublimeranno nel “NO alle centrali nucleari”.

Faremo quel che si può, cercando di imbrigliare queste contestazioni anacronistiche, e nella peggiore delle ipotesi compreremo l’energia elettrica prodotta dagli impianti nucleari che altri Stati, spesso con noi confinanti, sicuramente costruiranno.

Nell’immediato non saranno rose e fiori.  Il 2022 sarà sicuramente un anno difficile, forse anche di razionamenti, il 2023 un anno di transizione, ma ragionevolmente dal 2024 i ricatti russi sull’energia non avranno più effetto in Europa.

In pratica per l’Occidente si tratta di resistere altri 12/18 mesi.

Dopo di che Putin si accorgerà che il suo gas ed il suo petrolio, se riuscirà ancora ad estrarli visto l’embargo di indispensabili componenti tecnologiche occidentali, potrà venderli solo alla Cina e all’India, ma a prezzi stracciati, ovviamente decisi dai cinesi.

Ma a quel punto i problemi per l’economia potrebbero essere drammatici, e la Russia potrebbe trasformarsi in un’enorme Corea del Nord, sparita de facto dal novero delle grandi potenze mondiali.

E la Cina?   Vi ho sempre detto che i cinesi guardano sempre più lontano degli altri, e sono convinto che non saranno disposti a far arretrare economicamente l’ Impero del Dragone per occupare Taiwan, o per sostenere un Putin che vuole appropriarsi del Donbas e anche di Severodonetsk, una cittadina di 100mila abitanti, immersa nei campi di grano, ma ormai distrutta e disabitata.

Le guerre, anche quella in Ucraina, nascono sempre sulla scia di grandi motivazioni ideologiche, religiose o politiche, ma alla fine a dominare sono sempre le ragioni dell’economia.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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