9 Marzo 2023 - 8.38

PILLOLA DI ECONOMIA: La “Banca segreta” cinese presente anche in Veneto

Ve ne avevo già parlato il 16 aprile dell’anno scorso, in un pezzo dal titolo “L’imprenditoria cinese in Italia: un buco da due miliardi”, in cui commentavo l’ennesima denuncia di un Comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia sulle dinamiche truffaldine su cui si base l’economia cinese in Veneto ed in Italia.

Parliamo principalmente del sistema dell’ “apri e chiudi” delle imprese (vita media 900 giorni), delle sistematiche evasioni e frodi fiscali, dei trasferimenti di soldi all’estero.

A tal proposito nei giorni scorsi un grande quotidiano italiano ha reso noto che esiste una Banca segreta, che gli investigatori italiani, a partire da quelli della Guardia di Finanza chiamano “China Underground Bank”,  con filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria, che muove miliardi di euro verso la Cina, offrendo “servizi speciali per clienti speciali”.

E per clienti speciali si intendono anche narcotrafficanti o mafiosi,  evasori fiscali o truffatori di “alto rango”, oltreché ovviamente per i cinesi attivi nel nostro Paese, compresi quelli con attività in nero o fuori di ogni regola. 

La sigla “China Underground Bank” è così entrata anche nei sistemi dell’Europol, che ha allertato tutte le polizie dell’Unione Europea.

La scoperta di questa “Banca segreta” risponde ad una domanda che immagino tutti noi ci siamo sempre posti: dove mettono i cinesi i soldi che evadono, e come fanno a muoverli senza essere scoperti, viste i controlli e le stringenti normative in tema di anti-riciclaggio?

Come abbiamo visto questi “sportelli” sarebbero attivi anche in Veneto, ed un quotidiano di Padova l’altro giorno ne segnalava uno presente all’Interno del Centro Ingrosso Cina, con tanto di denominazione (comunque subito prontamente cambiata).

Non so se avete capito bene, ma qui non si tratta dell’attività truffaldina occasionale di singoli imprenditori che inviano alla Madrepatria soldi frutto di riciclaggio ed evasione o comunque dell’economia illegale cinese in Italia; qui parliamo di un sistema consolidato e strutturato, non dico organizzato ma sicuramente ben noto allo Stato cinese, che ovviamente vede di buon occhio l’afflusso di ingenti quantità di denaro nelle casse delle proprie Banche.

Per usare le parole degli inquirenti: “Nel sottosuolo del nostro Paese si sta muovendo un sistema organizzato e complesso”. 

In pratica la “China Underground Bank” è un’entità (definirla Banca mi sembra veramente troppo) in grado di riciclare somme miliardarie, facendo così arrivare un fiume di denaro nei conti correnti delle grandi banche di Stato cinesi, il tutto senza lasciare traccia, ed al costo di una provvigione compresa fra i il 2 e il 5  per cento dell’importo trasferito.

E data la particolarità dei servizi offerti, e soprattutto  in ragione della segretezza, è logico che ad essa si rivolgano non solo le partite Iva cinesi, ma anche  narcotrafficanti legati alla camorra e alla ‘ndrangheta, imprenditori in gran parte del Nord Est, oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia,  super ricchi cinesi che vogliono fare acquisti in Italia ed in Europa.

In estrema sintesi si tratta di una “grande lavatrice” a disposizione dell’economia criminale del nostro Paese per trasferire e pulire denaro. 

Io credo sia tempo di dire un bel “basta”!

Sono decenni che se ne parla, e credo sia giunto il momento di pretendere  maggiore trasparenza nell’opaco sistema dei trasferimenti di soldi fra Italia e Cina.

Non possiamo permettere che il denaro delle tasse evase o delle attività illecite venga riciclato nel nostro Paese per poi finire nelle casse delle Banche di Pechino oppure a  di governi stranieri  per finanziare guerre e narcotraffico. 

Di cosa abbiamo paura?   Di irritare Xi Jinping?

Spero proprio non sia così!

Anche perché se le porte della Cina sono aperte per i capitali in entrata, sembra  lo siano molto meno se invece si vogliono portare via i propri soldi.

Questo almeno stando a quanto dichiarato il 2 marzo a Fox Business (poi ripreso da Reuters e Cnn) dall’investitore Mark Mobius, uno che per trent’anni ha guidato gli  investimenti nei mercati emergenti alla Franklin Templeton Investments, ed è si è sempre caratterizzato per la sua ottimistica visione della Cina (tanto che si autodefiniva l’Indiana Jones degli investimenti nei mercati emergenti).

Ebbene Mobius ha denunciato: “Ho un conto con HSBC a Shanghai. Non posso fare uscire i miei soldi. Il governo limita il flusso di denaro fuori dal Paese.   Non mi spiego perché fanno questo…Mettono tutti i tipi di barriere. Loro non dicono No, tu non puoi far uscire i tuoi soldi. Ma dicono: dacci tutti i documenti degli ultimi 20 anni su come hai fatto questi soldi… È folle”

Adesso Mobius sembra aver cambiato idea, tanto da avvertire di stare “molto, molto attenti” ad investire in quel Paese.

La sua analisi si basa sulla conclusione che la Cina si muove in una direzione completamente differente rispetto a quella che Deng Xiaoping ha definito quando si è avviato il grande “programma di riforme”.

Secondo Mobius adesso la Cina di Xi Jinping  è caratterizzata da “un governo che mantiene golden shares in tutta la Cina. Questo vuol dire che provano a controllare tutte queste compagnie…Così io non penso sia una bella fotografia quando vedi un governo che diventa sempre più orientato al controllo nell’economia”.

Ricapitolando, credo sia profondamente ingiusto consentire alle Partite Iva cinesi di non pagare le tasse dovute, facendo così concorrenza sleale ai nostri imprenditori.

Nel mio pezzo di un anno fa  scrivevo testualmente “Io penso sia tempo di mostrare un po’ i denti alla comunità cinese, magari stabilendo la revoca del permesso di soggiorno in caso di provata evasione”. 

Non ho cambiato idea!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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