14 Marzo 2023 - 8.36

PILLOLA DI ECONOMIA: il crack di Silicon Valley Bank spiegato in parole semplici

Sicuramente vi saranno giunti gli echi del fallimento della Banca Americana Silicon Valley Bank (SVB), e può essere che questo fatto vi abbia messo un po’ in apprensione relativamente ai vostri soldi depositati presso la vostra Banca, o investiti in Borsa, visti i pesanti ribassi degli ultimi giorni. 

Il precedente di Lehman Brothers, con la terribile crisi che abbiamo poi dovuto affrontare, è ancora ben vivo nella nostra memoria, e quindi, come si dice, anche lo stormir di fronde in California può essere percepito come l’inizio di una tempesta.

D’altronde la teoria del caos postula che “una battito d’ali di una farfalla a Pechino può generare un uragano a New York”, per cui……

Quindi trovo legittimo che ognuno di noi nutra un po’ di preoccupazione per quello che potrebbe succedere ai propri risparmi se dal crollo di SVB si generasse un effetto a catena sull’intero comparto bancario-finanziario mondiale, come in effetti avvenne dopo l’affaire Lehman Brothers. 

Certo ognuno di noi ha una diversa cultura e preparazione finanziaria, per cui i più addentro alla materia si saranno gettati sulle dotte considerazioni degli analisti piene di termini quali “leverage finance”, “Immaculate disinflation”, “soft landing” e quant’altro, e chi invece di economia ne mastica pochina si sarà accontentato di “intuire” cosa sia avvenuto, magari capendoci ben poco.

Per questa ultima categoria di persone, sicuramente la maggioranza, cercherò di spiegare in parole semplice la vicenda della Silicon Valley Bank, e la situazione innescata dal suo fallimento.

Alla fin fine si tratta di cercare di capire come mai una Banca che aveva fra i suoi asset alcuni fra i beni più sicuri al mondo sia potuta fallire in due giorni. 

Innanzi tutto cerchiamo di capire di che razza di Banca si trattava.

SVB era stata fondata  nel 1983 a Santa Clara in California, e in poco tempo era diventata una delle principali banche della Silicon Valley, dove iniziavano a concentrarsi le aziende informatiche. Nel 2021 la Banca gestiva circa la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le Startup: era cresciuta velocemente e aveva attirato numerosi investitori, interessati ad avere una Banca specializzata negli investimenti del settore tecnologico.

Per lungo tempo gli affari erano andati molto bene, complici i successi e la veloce crescita delle società tecnologiche.  SVB aveva raccolto risorse finanziarie di vario tipo per 200 miliardi di dollari, una cifra importante, ma comunque distante da quelle raccolte dalle Banche più grandi degli Stati Uniti, solitamente nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari.

Come si è arrivati alla crisi?

Come abbiamo visto Silicon Valley Bank privilegiava come clienti principalmente Startup e società di venture capital (fondi investiti a lungo termine in imprese caratterizzate da un elevato grado di rischio). Durante la pandemia, queste Startup avevano ottenuto un sacco di liquidità, il che aveva portato a un’impennata dei depositi. SVB aveva così chiuso il primo trimestre del 2020 con poco più di 60 miliardi di dollari di depositi, poi saliti alle stelle a poco meno di $ 200 miliardi entro la fine del primo trimestre del 2022.

Cosa ha fatto la Banca con quei soldi?

SVB Financial ha fatto quello che fanno tutte le Banche, ed ha acquistato decine di miliardi di dollari di attività apparentemente sicure, principalmente titoli del Tesoro USA a lungo termine, e titoli ipotecari garantiti dal Governo. Il portafoglio titoli di SVB è così passato da circa 27 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2020 a circa 128 miliardi entro la fine del 2021.   Sottolineo che parliamo titoli considerati super-sicuri!

Perché questo è diventato un problema?

Come accennato, questi titoli del Tesoro Usa non corrono praticamente alcun rischio di insolvenza. Pagano tassi di interesse fissi per molti anni (duration). Questo della cosiddetta “duration” non è necessariamente un problema, a meno che la Banca non abbia improvvisamente bisogno di venderli.   Poiché la FED (come la Bce in Europa) ha aumentato i tassi di interesse,  il prezzo di mercato di quei titoli è improvvisamente  calato (vedi nota 1) rispetto al valore iscritto nei libri contabili della Banca. Di conseguenza una eventuale vendita si sarebbe trasformata in una perdita secca, come poi è avvenuto nella realtà.

Cos’ è andato storto?

Che con l’aumento dei tassi gli afflussi di depositi in SVB si sono improvvisamente trasformati in deflussi, poiché i suoi clienti hanno bruciato contanti e hanno smesso di ricevere nuove risorse da offerte pubbliche o raccolte di fondi.  I depositi della Banca sono così scesi dai quasi 200 miliardi di dollari alla fine di marzo 2022 ai 173 miliardi di dollari alla fine del 2022.  Ed il deflusso è continuato a due cifre anche nel 2023.  Altro elemento determinante è che le regole contabili Usa consentono alle Banche con meno di 250 miliardi di attivo di non considerare ai fini del calcolo dei coefficienti patrimoniali le perdite sui titoli disponibili per la vendita.

Come si è arrivati al crac?

Avendo bisogno di ripristinare i requisiti patrimoniali, mercoledì 8 marzo SVB ha annunciato di aver venduto titoli per circa 21 miliardi, realizzando una perdita secca di 1,8 miliardi di dollari.  Questo annuncio è stato un po’ l’inizio della fine, perché  le società di Venture Capital hanno cominciato a consigliare alla loro clientela di ritirare i depositi da SVB, cosa che si è realizzata, con richieste di prelievi per ben 42 miliardi di dollari.  In breve fine dei contanti, intervento della Fed, e chiusura della Banca 

Cosa succederà ai soldi dei clienti?

La Federal Deposit Insurance Corp, che corrisponde al nostro Fondo Interbancario di tutela dei Depositi, garantisce i depositi fino al limite dei 250mila dollari.  Ma i clienti di SVB hanno quasi tutti depositi che superano anche di molto questa cifra (molto addirittura miliardari), per cui il rischio sarebbe stato l’innesco di una serie di fallimenti  a catena di queste Startup.

Cosa dovrebbe insegnarci la vicenda SVB?

Una delle grandi domande che emergeranno da questo crac sarà quali Banche hanno valutato erroneamente la corrispondenza tra il costo e la durata dei loro depositi, ed il rendimento e la durata delle loro attività. Come vedete si tratta di un problema totalmente diverso dalle domande relative ai cattivi prestiti che hanno invece caratterizzato la crisi del 2008!

Paradossalmente la ricerca di redimenti “sicuri” da parte delle Banche potrebbe essere la causa di questo nuovo tipo di crisi.

Per il momento si può dire che i rialzi dei tassi decisi dalle Banche centrali, e ancora in corso, iniziano a mietere le prime vittime.

E nonostante tutti gli addetti ai lavori si affrettino ad affermare che per la  specificità di SVB non dovrebbero esserci particolari rischi per il resto del settore bancario Statunitense, e a maggior ragione europeo, il timore di contagio c’è, e lo dimostra il pesante crollo del comparto dei titoli bancari ( e non solo) in tutte le Borse mondiali, Milano compresa. 

E ciò fa ridiventare di attualità il problema della massa di Btp in pancia alle Banche italiane, che noi  pretendiamo siano considerati a rischio zero, ma non così la pensano ad esempio i tedeschi, e questo costituisce il principale ostacolo alla partenza del Fondo europeo di tutela dei depositi.

Per quanto attiene le mosse delle Autorità Usa va dato atto che, per placare le preoccupazioni dei molti correntisti, ed evitare panico e contagio, il Governo, eccezionalmente, ha deciso di garantire anche i conti correnti superiori ai 250 mila dollari sia della SVB che della New York Signature Bank (anch’essa fallita in contemporanea). 

Lo farà senza usare i soldi dei contribuenti, perché attingerà al Fondo di assicurazione dei depositi della FDIC, che viene pagato dall’insieme delle banche americane (quindi si tratterà di un salvataggio “di Sistema”).  Gli unici a perdere saranno gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati; e ci mancherebbe mi permetto di affermare! 

Ma l’aspetto più interessante dell’intervento è che nell’immediato futuro le Banche a corto di liquidità potranno prendere a prestito soldi dalla Fed  a scadenze sino a un anno mettendo a garanzia Treasuryoppureobbligazioni ipotecarie e altri titoli di elevata qualità, valutati a valore nominale e non a quello di mercato.

Sono pronto a scommettere che, dopo lo scossone SVB, detta possibilità (a furor di mercati) verrà adottata anche dalla Bce per le banche europee!

Questi i fatti: domani a chi è interessato proporrò qualche considerazione sulla vicenda.

Umberto Baldo

Nota1: Il prezzo di un’obbligazione è legato all’andamento dei tassi di interesse. Più precisamente, all’aumentare dei tassi di interesse, il prezzo del titolo obbligazionario scende e viceversa. Perché?  Vediamo un esempio che chiarisca questa relazione inversa, partendo dal caso di rialzo dei tassi. Avete comprato oggi un’obbligazione alla pari (100) con cedola al 2,5%Domani i tassi di interesse salgono al 3%: l’obbligazione comprata ieri che rende il 2,5% sarà ora meno attrattiva agli occhi degli investitori,che saranno disposti a pagare meno per la nostra obbligazione, facendo scendere il prezzo.     

Al contrario, il ribasso dei tassi,  ad esempio dal 2,5% al 2%, rende l’obbligazione comprata ieri più attrattiva rispetto alle nuove emissioni, facendo aumentare la domanda degli investitori: l’aumento della domanda farà salire il prezzo.

Più la duration dei titoli è elevata, più le variazioni dei tassi di interesse si riflettono nel prezzo dei titoli obbligazionari.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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