30 Giugno 2025 - 9.36


Le isole che vedono il futuro, e ricordano il passato

ISCRIVITI AL CANALE WHATSAPP DI TVIWEB PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO

CLICCA QUI.

Umberto Baldo

Di là c’è la Russia, di qua gli Stati Uniti.   E in mezzo? Il domani… o forse lo ieri.

C’è un angolo del mondo – sperduto, gelido, remoto – dove la geopolitica incontra il fuso orario, e si mette comoda a sorseggiare vodka e bourbon sullo stesso tavolino. 

Parlo delle Isole Diomede: due sassolini gettati nello Stretto di Bering, due zitelle separate da un braccio di mare largo appena 3,8 chilometri, ma più cariche di significati di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Benvenuti su Grande Diomede, che fa la russa, e Piccola Diomede, americana di adozione, le due isole gemelle che non si parlano da decenni, nonostante si guardino in faccia ogni giorno. Con il binocolo, s’intende.

Furono scoperte nel 1728 dal danese Vitus Bering, navigatore al soldo degli zar, che si trovò a passare da quelle parti, evidentemente spinto da una rara combinazione di spirito d’avventura e masochismo climatico, proprio il 16 agosto, giorno di San Diomede secondo il calendario ortodosso.

Et voilà, il nome fu servito.

Per oltre un secolo nessuno si preoccupò troppo di quei due scogli artici, che nessuno metteva in dubbio fossero terra dello Zar e di Santa Madre Russia. 

Poi, nel 1867, successe il colpo di scena: la Russia zarista, con la lungimiranza immobiliare di chi svende il Colosseo per pagare l’IMU, cedette agli Stati Uniti l’Alaska per 7,2 milioni di dollari. Prezzo d’occasione, nemmeno troppo aggiornato all’inflazione (circa 4 dollari al chilometro quadrato)

Così, per dare un senso al confine, si tracciò una bella riga dritta tra le due Diomede. 

Da una parte Grande Diomede rimase alla Russia; dall’altra Piccola Diomede entrò nel club delle Stelle e Strisce. 

Un confine di 3,8 chilometri e… una cortina di ferro e di ghiaccio. 

Letteralmente, e non solo perché da quelle parti si arriva a 40 gradi sotto zero, ma anche perché con l’arrivo della Guerra Fredda le due isole si trasformarono in silenziosi avamposti del sospetto reciproco. 

Nel 1941 l’Unione Sovietica installò una base militare su Grande Diomede. 

Poi, nel 1948, decise che gli indigeni che abitavano lì erano “inopportuni” e li trasferì sul continente, lasciando sull’isola solo soldati e vento. 

Nel frattempo Piccola Diomede conservava un piccolo villaggio eschimese, ostinato e felice (si fa per dire) della sua minuscola cittadinanza americana.

Addio scambi, addio visite. Quelle famiglie che un tempo si spostavano da un’isola all’altra in kayak o a piedi sul ghiaccio, da allora si sono parlate solo con lo sguardo. 

O col satellite.

Ma come se non bastasse il gelo geopolitico, nel 1884 arrivò anche la beffa del tempo. 

Già perché forse un geografo con molto tempo libero ed un debole per le linee dritte decise che la Linea internazionale del cambio di data dovesse passare giusto in mezzo alle Diomede. 

Un giorno qui, un altro giorno là. 

Risultato? Grande Diomede è 21 ore avanti rispetto a Piccola Diomede. Tecnicamente, quando in Alaska si brinda al Natale, a Ratmanov (nome russo della Grande) stanno già lavando i piatti del 26 dicembre.

Grande Diomede infatti segue l’orario della Kamchatka russa, che è UTC +12 (cioè 12 ore più dell’ora di Greenwich), mentre Piccola Diomede segue l’Alaska, che è a UTC -9 e a UTC -8 quando è in vigore l’ora legale.

Da qui i soprannomi: “Isola di ieri” per Piccola Diomede, e “Isola di domani” per la sorella maggiore. 

Non è un gioco di parole. 

È la realtà più paradossale del pianeta: due punti così vicini da potersi lanciare un grido e così lontani da vivere in giorni diversi, fusi orari opposti, universi politici separati da un secolo di diffidenze.

Oggi le Diomede hanno perso gran parte del loro valore strategico. 

Con i missili che volano a velocità supersonica, ed i satelliti che sbirciano ovunque, quei due scogli sembrano più un bizzarro scherzo della storia che un nodo cruciale della geopolitica. 

Ma sono lì, immobili e pazienti, a ricordarci che anche la geografia può essere teatro di assurdità poetiche.

E non smettono di raccontarci, con silenziosa ostinazione, quanto sia fragile la nostra mania di tracciare confini immaginari su un mondo che, in fondo, non ha linee ma solo continuità.

Un giorno, forse, qualcuno costruirà un ponte, reale o simbolico, tra le due isole. 

Per ora, ci tocca accontentarci di sapere che in quel punto sperduto dell’Artico,  su due scogli freddi, carichi di memoria, dove il tempo si sfasa e la storia si condensa, ieri e domani si danno appuntamento ogni giorno. 

Ma non si stringono mai la mano.

Umberto Baldo

Potrebbe interessarti anche:

Le isole che vedono il futuro, e ricordano il passato | TViWeb Le isole che vedono il futuro, e ricordano il passato | TViWeb

Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

Luca Faietti Direttore Fondatore ed Editoriale - Arrigo Abalti Fondatore - Direttore Commerciale e Sviluppo - Paolo Usinabia Direttore Responsabile

Copyright © 2025 Tviweb. All Rights Reserved | Tviweb S.R.L. P.Iva E C.F. 03816530244 - Sede Legale: Brendola - Via Monte Grappa, 10

Concessionaria pubblicità Rasotto Sas

Credits - Privacy Policy