20 Luglio 2022 - 9.45

Le estati ormai sono diventate un incubo

di Umberto Baldo

Mettetela come volete, ma ormai le nostre estati le passiamo fra una ondata di calore e l’altra.

Con qualche breve intervallo che per qualche giorno ci dà un po’ di speranza in un ritorno alla normalità, subito smentito dall’ennesimo arrivo del rovente anticiclone africano.

Non abbiate paura, non è mia intenzione sproloquiare cercando di fornirvi una qualche spiegazione di questa nuova sconcertante realtà climatica, perché stiamo parlando di fisica dell’atmosfera, che è pur sempre fisica, mentre io ho passato la gioventù fra codici e pandette.

Questa mia totale ignoranza delle dinamiche del clima non mi impedisce però di percepire, da essere umano, che queste estati sono profondamente diverse da quelle di quando avevo meno anni sulle spalle.

Nel mentre scrivo è in corso l’ennesima “ondata di calore” di questa estate, che anzi secondo gli esperti sta entrando nella sua fase più acuta.

Sembrano ormai finiti gli aggettivi ed i superlativi per descrivere questi “picchi di temperatura”, ed è un continuo ricorrere alla parola “record”, nonché ad espressioni da meteo-spettacolo quali Caronti, Scipioni, Luciferi, ovviamente per spingerci a cliccare il sito meteo che più indulge nelle iperboli.

E’ chiaro che non sempre i toni di estremo allarmismo sono ispirati da preoccupazioni di carattere sociale o sanitario, perché per molti il meteo è diventato il modo di guadagnarsi il pane, e più attirano lettori con titoli sopra le righe, più incassano.

Ma oltre a tutto comincio a chiedermi se abbia senso definire continuamente come “emergenza” quella che è evidente sia ormai diventata la normalità.

Quindi la prima regola è quella di attenersi agli allarmi della sola Protezione Civile, che è l’autorità deputata a diramare le allerte, e quindi a parlare di allarme.

E per quanto attiene le previsioni, non frequentare troppo i siti che pretendono di dirti che temperatura farà ogni ora della giornata, fidandosi della professionalità e del rigore degli Enti regionali come la nostra Arpav.

Tornando quindi all’esperienza di vita vissuta di coloro che come me hanno molte primavere sulle spalle, la prima cosa che mi viene in mente è che fino a 20/30 anni fa espressioni come “cambiamento climatico”, “effetto serra”, “tropicalizzazione del Mediterraneo”, “riscaldamento globale” e quant’altro, non appartenevano al lessico comune.

E’ vero che parliamo di anni in cui non c’erano gli smartphone, i media, e quindi il diluvio informativo cui siamo oggi sottoposti.

Per sapere le previsioni del tempo o si leggeva il giornale, o si ascoltava su Rai Uno il mitico Colonnello Edmondo Bernacca, che ci spiegava che tempo avrebbe fatto l’indomani.

Ovviamente nessuno vietava ai meno interessati di limitarsi al vecchio metodo, cioè quello di aspettare il mattino e di aprire le finestre.

Certo erano altri tempi, meno tecnologici e meno social, ma quello passava il convento e di quello ci si doveva accontentare.

E fra le figure delle dinamiche atmosferiche estive la più ricorrente nelle previsioni di Bernacca era, immutabile e costante, l’Anticiclone delle Azzorre.

Aveva un non so che di proverbiale questa area di alta pressione il cui massimo staziona tutto l’anno nelle vicinanze di quelle isole atlantiche, che all’epoca cui mi riferisco (non il pliocene ma fino a venti/trenta anni fa), nei mesi estivi si espandeva verso l’Europa continentale e l’Italia, garantendo tempo stabile, soleggiato, caldo ma non torrido.

Non si tratta di ricordi sfumati del tempo passato, perché chiunque avesse l’età della ragione negli anni 70/80 può testimoniare che con la sua presenza l’anticiclone delle Azzorre assicurava estati tutto sommato stabili, con una relativa escursione termica tra il giorno e la notte, temperature massime non troppo alte, e temporanee riduzioni del caldo dovute ai temporali che si sviluppavano localmente, soprattutto nella zona dell’arco alpino.

Erano le estati cui eravamo abituati anche nella nostra pianura padana, con caldo moderato, qualche pioggia isolata, periodi afosi di breve durata e brezze estive.

E raramente ci si scostava da questa regola, che prevedeva luglio e agosto caldi e secchi, ma non torridi, la prima rottura della stagione verso il 20 di agosto, ed un settembre con temperature gradevoli. Certamente non come adesso, che fino ad ottobre inoltrato si continuano ad avere temperature da piena estate.

Capite bene che si trattava di estati profondamente diverse da quelle di questi ultimi decenni, in cui l’anticiclone delle Azzorre ormai si sposta verso la Groenlandia, ed al suo posto si impone con le sue ondate di calore disumane il collega “africano”.

Al di là della retorica dell’estate, del mare, del sole, delle ferie, io penso che in realtà i mesi estivi di questi ultimi anni siano diventati mesi da incubo, mesi che fanno venir voglia di urlare “odio l’estate!”.

Ai tempi di Bernacca i 30 gradi erano considerati “caldo”, e allora non ricordo mai, ma credetemi mai, di aver sentito dire frasi tipo “domani si raggiungeranno i 42 gradi a ….” .

Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi anno dopo anno, ed in questi giorni siamo per l’ennesima volta alle prese con città invivibili, siccità, campagne riarse, visi di persone stravolte dalla calura, persino qualche morto da colpo di calore.

E non mi vengano a dire che il turismo ne è favorito, perché vorrei proprio sentire dai diretti interessati quanto sia gradevole visitare, che ne so, Piazza della Signoria a Firenze, o il Colosseo a Roma, o anche la nostra Piazza San Marco a Venezia con temperature di 37/38 gradi, roba che finora pensavano tipiche del Cairo o di Algeri.

Ma sapete quello che mi fa incazzare di più?

Quando sento i previsori del tempo parlare di “temperature superiori alla norma”.

Ma di che caspita di norma parliamo?

Ha ancora senso fare riferimento alle serie storiche che da un paio di secoli ci dicono quali siano state le temperature in un certo giorno in una certa località, e da queste determinare gli scostamenti “dalla norma”?

Ha ancora senso, se nell’ultimo periodo ogni anno ha battuto il record del caldo dell’anno precedente, in un crescendo di disagio di cui non si vede la fine?

Ormai ci siamo assuefatti alle dichiarazioni dei climatologi che ci dicono che l’anno appena finito è stato il più caldo di sempre! Meglio il più caldo da quando registriamo e prendiamo nota delle temperature, che dovrebbero rappresentare appunto quella maledetta “norma”.

Quindi almeno si abbia il coraggio di abbandonare “la norma”, perchè questa non esiste più, e prendere atto che ormai anche la nostra Italia è entrata nella cosiddetta fascia tropicale.

Io credo che, alla luce del cambiamento climatico in atto, debbano giocoforza cambiare anche molte nostre abitudini consolidate.

Penso, per fare un solo esempio, ai lavori stradali, di solito eseguiti nei mesi estivi. E’ umano far lavorare le gente con l’asfalto rovente, magari con 40 gradi?

E non è forse il caso di ripensare ad esempio anche le modalità di fare fitness, od escursioni?

Basta scorrere le notizie del soccorso alpino di questi giorni per constatare che ci sono decine e decine di interventi per salvare anziani colpiti da malore, scivolati, persi, etc…

E’ da matti vedere anziani settantenni correre in montagna sotto il sole cocente!

E quello che è successo in Marmolada mi sembra indicare chiaramente che oggi non si può più fare quello che si faceva in sicurezza solo pochi anni fa.

Non è un invito a stare in poltrona, ci mancherebbe!

Ma un invito a “stare boni”, a non esagerare, sì!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA